Arte al femminile (172)

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Rosa Bonheur nasce a Bordeaux nel 1822. Il padre Oscar Raymond è pittore paesaggista e ritrattista e incoraggia la passione dei figli per l’arte, tanto che questi vi si dedicano tutti con passione. La madre Sophie è insegnante di pianoforte: di padre sconosciuto era stata adottata da un ricco commerciante di Bordeaux, Jean-Baptiste Dublan de Lahet. A Rosa piace immaginare che il mistero delle origini materne nasconda chissà che nobili natali. La madre muore quando Rosa ha 11 anni. La famiglia Bonheur aderisce al sansimonismo, una setta cristiano-socialista, che promuove la giustizia sociale, la parità dei sessi e l’istruzione delle donne. Rosa è una bambina ribelle, attirata dalle immagini. Ha difficoltà a imparare a leggere. Prima di iniziare a parlare incomincia a disegnare. La madre, per insegnarle a leggere e scrivere, le chiede di scegliere e disegnare un animale diverso per ogni lettera dell’alfabeto. A scuola è dirompente e viene espulsa da varie istituzioni. Dopo un tirocinio fallimentare presso una sarta, a 12 anni il padre decide di formarla come pittrice. Inizia la preparazione artistica copiando immagini dai libri e facendo modellini in gesso. Si appassiona alla rappresentazione di animali, facendo studi di animali domestici: cavalli, pecore, mucche, capre, conigli. Studia anatomia animale presso la Scuola Veterinaria e frequenta i macelli di Parigi, per osservare le sezioni anatomiche. Rosa trascorre parecchi anni in campagna, dove si distingue per gli atteggiamenti giudicati mascolini, per la vivacità e intraprendenza. Crescendo tende ad affermare la propria personalità anche nell’aspetto esterno: porta capelli corti, veste spesso abiti maschili e fuma sigari. Assetata di novità e curiosa di tutto diventa amica di gente di tutte le condizioni sociali e non disdegna di frequentare luoghi malfamati e locali per soli uomini. Deve richiedere l’autorizzazione a indossare i pantaloni per frequentare le fiere di bestiame (autorizzazione rilasciata in Prefettura e rinnovata ogni 6 mesi) una volta iniziata l’attività di allevatrice di cavalli e altri animali (tra cui leoni e una lontra). Omosessuale dichiarata ha due grandi passioni: la prima per Nathalie Micas, che conosce all’età di 14 anni, quando Nathalie ne ha 12. Questo amore dura sino alla morte di Nathalie nel 1889. L’altro amore è quello per la pittrice statunitense Anna Klumpke, con la quale vive 10 anni, sino alla morte.

Espone al Salon per la prima volta nel 1841 (a 19 anni). Nel 1845 (a 23 anni), ottiene il primo riconoscimento ufficiale e nel 1848 (a 26 anni) la prima medaglia d’oro. Nel 1849, morto il padre, gli succede come direttrice dell’École Gratuite de Dessins des Jeunes Filles. Ottenuta fama internazionale, inizia a viaggiare e viene presentata a personalità quali la regina Vittoria, l’imperatrice francese Eugenia, il colonnello Cody (Buffalo Bill) e a tante altre figure rappresentative della sua epoca. Viene molto apprezzata in Inghilterra, soprattutto per le sue raffigurazioni della vita nelle Highlands scozzesi. Nel 1859 (a 37 anni) si stabilisce a Thomery, in una zona viticola della Seine-et-Marne, dove allestisce il suo atelier e può dedicarsi alla cura dei numerosi animali. Riceve, prima donna artista francese, la Légion d’honeur nel 1865 (a 43 anni) dalle mani dell’imperatrice stessa.

Rosa muore a 77 anni a Thomery. Semplice, accogliente, di una sincerità estrema era amata da tutti.

I quadri, gli acquarelli, i bronzi e le incisioni presenti nel suo studio sono venduti alla galleria Georges Petit, a Parigi, nel 1900. L’atelier di Rosa è diventato un museo aperto al pubblico.

Quadri importanti di Rosa si trovano al Metropolitan Museum of Art di New York e al Musée d’Orsay a Parigi.

Nei suoi quadri emergono il suo amore e la sua comprensione per gli animali, con raffigurazioni luminose e realistiche.

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Arte al femminile (134)

Rivoluzioni, cambi al potere e guerre…l’arte procede il suo difficoltoso cammino. La Francia della fine ‘700-inizi ‘800 offre continui esempi di donne, che ritraggono volti del loro tempo con sempre maggiore sensibilità.

Marie-Eleonore Godefroid nasce a Parigi nel 1778. Figlia e allieva del pittore Ferdinand Joseph Godefroid, diventa giovanissima insegnante di arte e musica presso l’Istituto di Saint Germain di Jeanne Campan, un istituto per sole ragazze. Nel 1795 si dimette dall’incarico, per dedicarsi completamente alla pittura. Entra nel 1805 (a 27 anni) nello studio del barone Gérard, allievo di David e famoso per i suoi dipinti storici, religiosi e allegorici, ma soprattutto per i ritratti di donne. Diventa sua assistente, esegue copie di dipinti a suo nome e partecipa alle riunioni settimanali che questi organizza, dove ha modo di incontrare clienti e amici del pittore. Dopo la morte di Gérard nel 1837, Marie-Eleonore continua a mantenere costanti rapporti con la famiglia del suo maestro. Usufruisce anche degli insegnamenti di Jean Baptiste Isabey, che dipinge ritratti a olio, ad acquarello e pastello ed è importante esponente dello stile “impero”. Dal 1800 espone numerosi ritratti al Louvre, ottenendo elogi e riconoscimenti ufficiali. In un periodo tormentato e travagliato per la sua terra, Marie-Eleonore riesce a mantenere buoni rapporti con tutti i vari potenti del momento, concentrata essenzialmente sul suo lavoro artistico. Muore di colera a Parigi nel 1849, a 71 anni.

Nota e rispettata nei circoli artistici, viene rapidamente dimenticata dopo la morte. Note biografiche su di lei sono pochi frammenti in testi di scarso rilievo, che fanno riferimento a un testo autobiografico ormai perduto. Rivela tutta la propria sensibilità soprattutto nei ritratti di donne e bambini.

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Arte al femminile (129)

Marie-Nicole Dumont nasce a Parigi nel 1767: è figlia del pittore Antoine Vestier.. Di lei si sa pochissimo sia come donna che come artista. Nel 1789 sposa il pittore miniaturista Francois Dumont. La coppia vive al Louvre, su invito di Luigi IX e dipinge per la corte. Marie-Nicole espone al Salon e i suoi lavori ottengono grande apprezzamento. Muore a Parigi nel 1846.

C’è un suo autoritratto interessante per comprendere la mentalità del tempo. Marie-Nicole si presenta in abito bianco, perfettamente acconciata e abbigliata. Vicino a lei c’è la culla con il suo bambino, anche questo vestito di bianco. La scena si svolge in uno studio di pittura, il che è insolito per il tempo. La madre tiene in mano pennelli e tavolozza, mantenendo l’attenzione per il piccolo. Dietro di lei si profila un ritratto di grandi dimensioni, probabilmente del marito. Sembra che voglia dirci che lei è prima di tutto una moglie obbediente e una madre amorevole, nonostante abbia una professione giudicata poco consona alle donne.

Le donne artiste dovevano stare attente negli autoritratti ad accentuare la propria femminilità: non potevano mostrarsi in abiti da lavoro, perché apparire disordinate poteva portare a una valutazione negativa della loro moralità. Dovevano far capire che la loro priorità era comunque la famiglia.

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Arte al femminile (122)

7a4e0db6585345ea3ab7782c22d2f23cRose Adelaide Ducreux nasce nel 1761 a Nancy, maggiore dei sei figli di Joseph Ducreux, pittore importante, ritrattista di successo alla corte di Luigi XVI. Proveniente da una famiglia benestante, riceve un’educazione completa, con particolare cura per la musica e la pittura. Diventa un’abile virtuosa nel suonare l’arpa, suo strumento preferito. Partecipa alla sua prima mostra nel 1786, presso il Salon de la Correspondance. Il padre le fa da maestro e con lui collabora dal 1791 al 1799, esponendo i propri lavori in importanti manifestazioni. Dopo aver sposato un militare, nominato da Napoleone come prefetto di Santo Domingo, Francois-Jacques de Lequoy Montgiraud, si trasferisce con lui nell’isola, dove muore nel 1802, a soli 41 anni, per febbre gialla.

Un suo autoritratto si trova al Metropolitam Museum of Art.

I suoi quadri dimostrano come la rivoluzione francese non abbia cancellato il gusto per l’eleganza e la raffinatezza.

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Arte al femminile (121)

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La scarsa visibilità delle donne artiste permette loro di affrontare gli sconvolgimenti sociali della fine del ‘700 senza essere eccessivamente penalizzate nel proprio lavoro. Esse lavorano per lo più in ambienti domestici e i loro soggetti sono ritratti e momenti del quotidiano.

Marie-Gabrielle Capet nasce a Lione nel 1761. Di condizioni economiche modeste, figlia di un domestico, cerca la propria strada nel settore artistico. Si reca giovanissima a Parigi, dove entra nell’atelier di Adélaide Labille-Guyard, pittrice celebre per i ritratti e membro dell’Accademia Reale (v.n.32). Fino al 1785 le sue opere sono presentate al Salone della Gioventù. Spedisce due ritratti ufficiali al Salon de la Correspondance e un pastello viene esposto. Per una critica favorevole, o grazie ai contatti stabiliti come assistente di Adélaide Labille-Guyard, Marie-Gabrielle comincia a ricevere delle committenze. Adélaide le fornisce un alloggio e Marie Gabrielle vive con lei anche dopo il matrimonio di Adélaide con il pittore Francois Vincente. Tra i suoi modelli ci sono personaggi allora famosi, come Madame Longrois, moglie del maggiordomo di Fontainebleau, il reverendo Padre Moisset, superiore generale dell’Oratorio, e membri della famiglia reale, tra cui Madame Adelaide e Madame Victoire de France, le figlie di Luigi XV.

Al Salon del 1791, Marie-Gabrielle espone delle miniature, che continua a produrre per il resto della sua vita.

Affronta la tempesta della rivoluzione, continuando a dedicarsi alla pittura sia a pastello che a olio. Vive le contraddizioni del suo tempo, mantenendosi in bilico tra atmosfere rococò e novità del neoclassicismo. In parecchi ritratti rappresenta altri artisti del suo tempo. La Commissione degli artisti, istituita durante la rivoluzione, la premia per due ritratti. Nel 1800 i suoi modelli cambiano, in relazione all’avanzare di nuovi ceti sociali, e diventano: ufficiali, funzionari delle colonie e qualche dama di Spagna. Nel 1814 presenta il suo primo esempio di quadro “storico”, una rappresentazione mitologica della dea della salute.

Muore nel 1816.

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Arte al femminile (116)

La pittura neoclassica prende ad esempio lo stile del naturalismo rinascimentale: la costruzione prospettica, i volumi esaltati dal chiaroscuro, la precisione del disegno, le immagini nitide. Il neoclassicismo inverte l’atteggiamento dell’arte rococò. Questa, nella sua ricerca della sensazione emotiva o sensuale, sceglie immagini che fissino l’«attimo fuggente». Il neoclassicismo non propone mai attimi fuggenti, ma, coerentemente con la sua impostazione classica, rappresenta solo «momenti pregnanti»: l’intensità psicologica, la concentrazione, il significato del momento in cui un certo fatto o evento entra nella storia o nel mito. I ritratti sembrano volerci comunicare qualcosa attraverso il tempo, ci guardano intensamente, ci “parlano”.

Marie-Denis Lemoine nasce nel 1774 a Parigi. La sua è una famiglia di artisti: il padre, Charles Lemoine e la madre, Marie-Anne Rousselle sono pittori. Le sorelle Marie-Victorie e Marie-Elisabeth, nonché la cugina Jeanne-Elisabeth Chaudet sono tutte ritrattiste affermate. Nel 1780 e nei primi anni del 1790 vive con la famiglia in rue Traversiere-Saint-Honoré, vicino al Palais Royal: ha il diminutivo di Nisa. A 20 anni sposa lo studente di architettura e pittore Michel Villers, allievo di Anne-Louis Girodet, di cui anche lei diventa discepola. Le prime opere sono delicate miniature. Frequenta gli atelier di Francois Gerard e di Jacques-Louis David, da cui è influenzata. Nel 1799 inizia a esporre i propri quadri al Salon de Paris. Un suo Ritratto di pittrice ottiene un premio d’incoraggiamento di 1500 franchi. La sua attività cessa improvvisamente nel 1814. Da quell’anno in poi di lei non si sa più nulla, il che spiega perché venga poi dimenticata, dopo i successi che hanno accompagnato la sua carriera. Muore a Parigi a soli 47 anni, nel 1821.

Oltre al ritratto, dipinge scene di genere e paesaggi.

Il suo autoritratto si trova al Metropolitan Museum di New York.

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Arte al femminile (101)

Nel corso del Seicento e Settecento la specializzazione per generi della pittura ha largo seguito e molte sono le opere prodotte nei diversi ambiti. Particolare evoluzione ha soprattutto il genere vedutistico. Con questo termine s’intende non solo la rappresentazione di un paesaggio (che normalmente raffigura scorci di natura: montagne, colline, laghi, cascate, vedute marine ecc.), ma un genere più ampio che comprende le rappresentazioni di città, in scorci a volte estesi, a volte molto più ristretti, quali un angolo di strada, magari con qualche scena di pittoresca vita quotidiana.

Questa divisione per temi pittorici produce riflessioni e dibattiti su quali siano i generi più o meno nobili o più o meno difficili da affrontare. Il teorico francese André Félibien des Avaux (1619-95) dice che ci sono quattro generi, che elenca secondo la seguente scala di difficoltà: la natura morta, il paesaggio, il ritratto, le pitture di storia. Il genere più semplice secondo lui è quello della natura morta, perché l’artista rappresenta solo oggetti inanimati, che può controllare nelle composizioni e nelle luci. Più difficile è dipingere un paesaggio, perché il pittore non può spostare la composizione come vuole e la luce da rappresentare è quella naturale. Di difficoltà maggiore risulta il ritratto, perché ci si deve confrontare con persone, di cui si deve cogliere anche l’aspetto psicologico. Infine la pittura di storia (opere di tipo narrativo nel campo prettamente storico o in quello religioso o mitologico o favolistico) rappresenta il grado di maggior difficoltà che un pittore possa affrontare. Nei quadri di storia infatti vi sono tutti i generi precedenti (la natura morta, il paesaggio e il ritratto), ma in più l’artista deve riprodurre il movimento, dipingere i personaggi non in posizione statica, come nei ritratti, ma nell’atto di muoversi compiendo un’azione specifica. Deve coglierne il dinamismo, aggiungendo pathos alla scena rappresentata.

La teoria espressa da Felibien, contestata da altri critici d’arte, è quella che più si avvicina al comune sentire dei pittori del suo tempo, i quali si specializzano in base a questi generi.

Francoise Duparc nasce a Murcia nel 1726, figlia di Antoine Duparc, scultore francese e di una giovane spagnola. Nel 1730 la famiglia si trasferisce a Marsiglia. Francoise viene avviata dal padre allo studio della pittura e viene ammessa come apprendista nello studio di Jean-Baptiste van Loo, ad Aix-en-Provence, dal 1742 al 1745. Si sa che viene chiamata a lavorare in diverse città europee. Partecipa a due mostre a Parigi e Londra, nel 1763 e nel 1766. A Breslavia si ferma per un po’ di tempo con la sorella Claire. Pare sia stata anche a Pietroburgo. Tornata a Marsiglia nel 1771, entra a far parte dell’Accademia di Pittura e Scultura nel 1766. Muore nel 1778.

I suoi quadri si caratterizzano per la semplicità e la sincerità con cui raffigura scene di vita quotidiana, gente comune per le strade e nelle case. A lei è dedicata una strada a Marsiglia e nel Museo della città sono conservati alcuni suoi lavori.

“Un realismo costruito con spontaneità convincente rinunciando ai facili orpelli veristici, e che si protende sui protagonisti espungendo qualsiasi indicazione di contesto ambientale o di aneddotica illustrativa, difatti sempre assente, per attenersi infine a depositare un’eredità dei vinti su concertate sinfonie di contenuto emotivo memori delle illustrazioni concepite da Vermeer o riscaldate dalle ombrose luminosità di Rembrandt.”

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Arte al femminile (77)

Self-PortraitCon il termine rococò s’intende l’arte che si sviluppa in Europa nella prima metà del Settecento. Il Settecento è un secolo più laico rispetto al precedente: anche l’arte si appresta, in quanto interprete dei tempi, a divenire più laica. In campo sociale è evidente il declino dell’aristocrazia, a favore di nuove classi sociali emergenti (in particolare la grande borghesia) che acquisteranno sempre più un ruolo di egemonia politica. La trasformazione non avviene per caso: i nuovi orizzonti aperti sia a Occidente (con la scoperta dell’America) sia a Oriente, con la conquista dei territori e dei mercati asiatici, producono una rivoluzione straordinaria in campo economico. Ciò che produce la ricchezza non è più la proprietà terriera (monopolio delle classi aristocratiche) ma sono i commerci e le industrie, per le quali è richiesto spirito di iniziativa e di avventura, che di certo l’aristocrazia non possiede. Sia il clero che la nobiltà, che hanno retto le sorti dell’Europa fino a questo momento, cominciano a declinare, fino alla crisi definitiva aperta dalla Rivoluzione Francese alla fine del secolo. L’arte, soprattutto nella prima metà del secolo, è laica, mondana e ancora aristocratica ( le corti e l’aristocrazia sono i principali committenti). Niente più atmosfere cupe e angosciose, ma colori vivaci, scene chiare, immagini di gioiosa allegria e vitalità. Rispetto al barocco, la base estetica rimase la stessa: l’arte è soprattutto decorazione. È un qualcosa che si ricerca per abbellire.

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Elisabeth Sophie Chèron fa parte del gruppo di artiste che gravitano attorno alla corte di Luigi XIV, in un ambiente competitivo e un po’ “decadente”. Nasce a Parigi nel 1648. Suo padre, Henri Chèron, nativo di Meaux, ritrattista, incisore e scrittore, le insegna i rudimenti della sua arte. Questi è calvinista e cerca di influenzare la figlia, ma la madre, Marie Lefebre, fervente cattolica, consiglia a Elisabeth, giovinetta, di passare un anno in convento: questo fa sì che diventi una fervente cattolica, abiurando al protestantesimo a Saint-Sulpice nel 1665. A 22 anni viene ammessa all’Accademia reale di Pittura e Scultura come ritrattista, con il patrocinio del pittore Charles le Brun. Espone vari suoi quadri al Salon e, nello stesso tempo, si cimenta in poesie e traduzioni. Suona magistralmente i maggiori strumenti a corda e a tastiera dell’epoca. Conosce l’ebraico, il greco e il latino, di cui è attenta traduttrice. Si dedica alla poesia: scrive testi per composizioni musicali di altri autori. Studi degli anni ’30 hanno ipotizzato che Elisabeth abbia scritto le parole per la musica composta da Jean- Baptiste Drouard de Bousset e da Antonia Bembo, musicista, compositrice e cantante italiana, entrambi artisti della corte di Luigi XIV. Per le sue composizioni poetiche diventa membro dell’Accademia dei Ricovrati di Padova nel 1699, con il nome accademico di Erato (musa della musica e della poesia). Viene chiamata la “Saffo del suo tempo”. Figlia affettuosa, dedica gran parte dei suoi guadagni al fratello Louis, che studia arte in Italia. Questi sarà poi costretto ad andare in esilio a Londra, in seguito alla revoca dell’editto di Nantes, non volendo convertirsi al cattolicesimo. Per questo motivo Elisabeth, cattolica intransigente, non gli lascia alcuna eredità, nominando la nipote Anne Delacroix propria erede universale. A corte conosce il marito, Jacques Le Hay, ingegnere del re, sessantenne, che sposa nel 1692, a 44 anni, conservando il proprio cognome. Questo matrimonio in tarda età suscita sorpresa e stupore tra le sue conoscenze, perché in tanti anni Elisabeth non ha mai accettato proposte matrimoniali, neanche da uomini più giovani e avvenenti. Ella stessa d’altronde definisce il proprio matrimonio “un’unione filosofica”. Nella sua casa si circonda di menti brillanti e frequenta circoli di cultura rinomati. Riceve a fine carriera una pensione dalla Corte.

Muore nel 1711 ed è sepolta nella chiesa di Saint-Sulpice a Parigi. Le seguenti righe furono scritte sotto il suo ritratto nella chiesa: «L’insolito possesso di due talenti squisiti renderà Chèron un ornamento alla Francia per tutto il tempo. Nulla, salvo la grazia del suo pennello, potrebbe eguagliare le eccellenze della sua penna

“Il suo gusto squisito nella composizione delle canzoni…la raffinatezza e la spiritualità dei suoi dipinti erano le caratteristiche su cui si basava la sua fama…”

Sembra quasi un’artista rinascimentale, per la passione per l’arte classica, l’eleganza e l’equilibrio delle forme. Molti i suoi autoritratti.

Arte al femminile (72)

L’Académie royale de peinture et de sculpture (=Accademia reale di pittura e scultura) viene fondata a Parigi nel 1648. Parigi aveva già l’Accadémie de Saint-Luc, che era una corporazione di artisti sul modello di analoghe istituzioni italiane, ma lo scopo della nuova istituzione è di preparare in modo specifico gli artisti che devono lavorare per la Corte e dar loro un’etichetta di approvazione ufficiale. Nel 1661 passa sotto il controllo di Jean- Baptiste Colbert, che fa delle arti la maggiore espressione della glorificazione di Luigi XIV. Dal 1683 in poi raggiunge il massimo splendore sotto la direzione di Charles Le Brun, con una precisa gerarchia interna e un ben delineato sistema d’insegnamento. Inizialmente Luigi XIV dichiara che l’accoglienza va riservata a tutti gli artisti di talento, senza distinzione di sesso, tanto che nel 1682 le donne accademiche sono già sette. Nella sua vecchiaia il re diventa evidentemente più conservatore, tanto che nel 1706 le porte dell’Istituzione francese sono nuovamente chiuse, con l’eccezione delle pittrici Rosalba Carriera e Margaretha Haverman. Verso la fine del secolo verranno ammesse poche altre, tra cui Anne Vallayer-Coster.

Catherine Duchemin è la prima donna ammessa a questa prestigiosa istituzione nel 1663. Di lei si sa ben poco. Figlia del maestro e scultore Jacques Duchemin e di Elisabeth Hubault, sposa nel 1657 lo scultore Francois Girardon, con il quale ha diversi figli. Si distingue anche lei per le nature morte, genere prettamente femminile. Muore nel 1698. Complesse composizioni di fiori e drappeggi, mescolati a busti classicheggianti evocano in questo periodo i fasti di Versailles.

TNATMORAltre artiste che vengono ammesse all’Académie Royale sono le sorelle Madeleine e Geneviève Boullogne: anche su di loro si hanno solo notizie frammentarie.

Geneviève Boullogne nasce a Parigi nel 1645, figlia del pittore Louis Boullogne e sorella di Bon, Madaleine e Louis, tutti con doti artistiche. Si forma alla scuola del padre, che partecipa alla decorazione del Louvre e della reggia di Versailles. Egli dà ai figli anche una solida formazione negli studi classici. Geneviève, assieme alla sorella, lavora alla decorazione dei Grandi Appartamenti della Reggia di Versailles. Si trasferisce ad Aix-en-Provence dopo aver sposato lo scultore Jean-Jacques Clérion. Il 7 dicembre 1669 è ammessa all’Accademie assieme a Madaleine. Muore in Provenza nel 1708.

Madeleine Boullogne nasce a Parigi nel 1646. Dopo un periodo di formazione, inizia a lavorare nei laboratori reali, in particolare presso le Tuileries, dove dipinge 4 tele per l’anticamera dell’appartamento del re e poi dipinge quadri anche per l’anticamera dell’appartamento della regina a Versailles. Conduce una vita austera e pia, insegnando a molti studenti, rimanendo celibe e vivendo con il fratello Bon. Pare sia vicina agli insegnamenti del Giansenismo e il suo stile di vita è semi-monacale. Si cimenta sia nelle nature morte che nei ritratti. Muore nel 1710. Il suo nome viene progressivamente dimenticato nel corso del XVIII secolo, tanto che alcuni suoi dipinti sono attribuiti ad altri. La maggior parte del suo lavoro viene distrutto durante la costruzione della Galleria degli Specchi.Le sue opere si caratterizzano per richiami alla vanità della vita, secondo gli stilemi del suo tempo.

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Arte al femminile (71)

“Lo Stato sono io” dice Luigi XIV di Francia, il re più potente d’Europa, che domina il ‘600, attribuendosi il titolo di “re Sole”. Nato nel 1638 e divenuto ufficialmente re nel 1643, a 5 anni, è posto sotto la tutela del cardinale italiano Mazzarino, che difende il potere sovrano contro le fronde della nobiltà all’interno, contro gli Asburgo, l’Olanda e l’Inghilterra all’esterno. Mazzarino muore nel 1661 e Luigi XIV a 23 anni decide di governare senza l’aiuto di nessuno: sposta la reggia a Versailles, creando la più sfarzosa corte d’Europa. Attrae a Versailles e ospita l’aristocrazia allontanandola dalle cariche politiche e dalle proprie terre: la nobiltà così è facilmente controllabile e dominata dal sovrano che concede privilegi e cariche fittizie. “Farò in modo che la mia nobiltà debba pensare solo alla moda e che un abito costi come la rendita di un anno…voglio che abbiano debiti solo con me”. Le riforme di Luigi XIV favoriscono la borghesia commerciale e manifatturiera, ma non portano alcun miglioramento alle condizioni dei ceti più bassi. Ci sono carestie ed epidemie che colpiscono le campagne della Francia provocando numerose rivolte contro i funzionari del fisco. Nel 1685 con l’editto di Fontainebleau espelle tutti gli ebrei, bandisce i protestanti che non si convertono al cattolicesimo, obbliga i bambini protestanti a convertirsi e fa distruggere molte chiese protestanti.

L’arte è strettamente legata allo Stato: è lo Stato che cura l’insegnamento artistico, stabilisce le dottrine, dà le direttive e mantiene gli artisti. I migliori, inviati dall’Accademia di Francia a Roma, ottengono in seguito incarichi reali, pensioni e alloggio al Louvre. Gli artisti devono curare l’immagine pubblica della monarchia. Alle donne artiste è riservata la possibilità di dipingere “nature morte”, ritratti, miniature. Il Barocco francese è luminoso, sontuoso, colorato. La cultura conosce un momento digrande sviluppo, nonostante il controllo dall’alto.

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Louise Moillon nasce a Parigi nel 1610. È una dei sei figli del pittore Nicolas Moillon. Morto presto il padre, nel 1620 la madre Marie Gilbert si risposa con Francois Garnier, pure lui artista e mercante d’arte, con il quale ha altri tre figli. Louise comincia presto a dipingere nature morte, genere considerato particolarmente adatto alle donne, perché i soggetti si trovano in casa: i suoi maestri sono prima il padre, poi il patrigno. Nel 1630 muore la madre: l’inventario dei suoi beni comprende anche una serie di dipinti della figlia (13 dipinti e 9 opere incompiute). Il periodo 1630-1640 è il più attivo. Louise si cimenta anche in ritratti e scene di vita quotidiana. Frequenta vari artisti olandesi, rifugiatisi a Parigi per sfuggire le persecuzioni religiose, installatisi attorno a Saint-Germain-des-Prés.

Nel 1640 sposa Etienne Girardot de Clancourt, ricco mercante di quadri parigino, un ugonotto della Borgogna, che le dà una certa agiatezza finanziaria e con cui ha tre figli. Con il matrimonio è costretta a ridurre la propria attività e l’ultima opera datata è del 1645. Si sa poco o niente degli ultimi anni, tranne che soffre molto per le persecuzioni religiose seguite alla revoca dell’editto di Nantes nel 1685, che portano alla morte del marito e all’esilio di due figli. Pare si sia convertita al cattolicesimo in fin di vita, per sfuggire alla persecuzione e poter così conservare i propri beni. Muore a Parigi nel 1696.

Viene considerata una delle più importanti pittrici francesi del XVII secolo. Riceve commissioni anche da Carlo I d’Inghilterra. Specialista in nature morte, Louise preferisce la frutta ai fiori. Su un tavolo di legno o un muretto di pietra, arrangia albicocche, uva, pesche, prugne in coppe di Delft o in cestini di vimini, su sfondi scuri. I suoi quadri danno un’impressione di abbondanza, serenità e tranquillità. Inizialmente le composizioni sono simmetriche, semplici, con oggetti tra loro separati e illuminazione uniforme. Negli ultimi lavori gli oggetti sono inseriti in composizioni più movimentate, con molteplicità di colori, prevalenza dei toni del verde: la luce viene focalizzata su punti precisi.

Le sue opere sono in collezioni di diversi paesi: la regina Elisabetta II d’Inghilterra ha quattro suoi dipinti nella propria collezione.

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