Ho ricordato alcune importanti fotografe in precedenti articoli: Ruth Orkin (v.n.491), Dorothea Lange (v.n.431), Vivien Maier (v.n.427) ed Elizabeth “Lee” Miller (v.n.429), per citarne alcune. Penso che la fotografia, soprattutto quella in bianco e nero, abbia un fascino straordinario.
Aggiungo un altro personaggio, una valente fotografa statunitense.
Berenice Abbott nasce a Springfield, nell’Ohio, nel 1898.
I genitori si separano presto e Berenice, più giovane di quattro figli, vive con la madre come figlia unica dall’età di due anni.
Inizia gli studi alla Ohio State University , per diventare giornalista, ma li abbandona nel 1918.
Nello stesso anno si stabilisce con alcuni amici al Greenwich Village di New York, condividendo una grande casa con altri artisti, studiosi e letterati.
Studia scultura, incontrando eminenti personaggi.
Nel 1919 ha un momento di difficoltà, per la pandemia di influenza spagnola, rischiando di morire.
Nel 1921 si reca in Europa, a Parigi e a Berlino, sempre per perfezionarsi nella scultura.
L’interesse per la fotografia nasce nel 1923, quando viene assunta a Parigi da Man Ray, che cercava qualcuno come assistente, che non sapesse niente di fotografia, in modo da eseguire solo quello che gli venisse detto.
Berenice rivela una tale maestria, che Ray, impressionato dai suoi lavori, le permette di usare il suo studio e le sue attrezzature.
Nel 1926 Berenice fa la prima mostra personale e inaugura un proprio studio.
Dopo un periodo a Berlino, per studiare sempre fotografia, torna a Parigi nel 1927 e apre un secondo studio. Diventa famosa per i suoi ritratti. I suoi soggetti sono inizialmente personaggi del mondo artistico e letterario.
Conosce il fotografo Eugène Atget, di cui diventa ammiratrice, di cui curerà la memoria con un libro pubblicato nel 1930 e varie mostre per farne conoscere i lavori.
Nel 1929 torna a New York.
Dopo una relazione vissuta a Parigi con l’artista Thelma Ellen Wood, nel 1935 si trasferisce in un loft al Greenwich Village con la critica d’arte Elizabeth McCausland, con la quale convive e collabora sino alla morte di lei nel 1965.
Usando una macchina fotografica a grande formato, Berenice fotografa aspetti della vita cittadina, con grande attenzione ai dettagli. Molti edifici e quartieri di Manhattan da lei ripresi oggi non esistono più. Berenice è affascinata dalla rapida trasformazione di New York, cattura e documenta le variazioni di una metropoli in crescita, evidenziando il contrasto tra passato e presente.
Nel 1941 pubblica il manuale A guide to better photography, che riscuote enorme successo e ha numerose ristampe.
Nel 1954 viaggia lungo la US1 dalla Florida al Maine, per riprendere le piccole cittadine e le nuove strutture architettoniche legate all’avvento dell’automobile. Produce ben 2500 negativi.
Nel 1958 realizza una serie di fotografie per un libro di testo di fisica per le scuola superiori.
La sua inventiva la spinge a ideare anche attrezzi particolari per ottenere nuovi effetti fotografici.
In seguito a un intervento ai polmoni, lascia la grande città e si trasferisce nel Maine.
Muore nel 1991.
Berenice fa parte del movimento di fotografi, che sottolinea l’importanza di fotografie non manipolate sia per quanto riguarda il soggetto che il processo di sviluppo.
Questa artista ha vissuto con grande libertà e anticonformismo, innovando il proprio lavoro, spaziando dalla fotografia alle invenzioni scientifiche, al giornalismo, alla ricerca fotografica.
Oltre alla fotografia si è dedicata anche alla scrittura, pubblicando poesie sulla rivista sperimentale Transition.
“La visione del ventesimo secolo è stata creata dalla fotografia, l’immagine ha quasi sostituito la parola come mezzo di comunicazione”.