Ho già avuto modo di ricordare Marietta Robusti, la Tintoretta, in uno dei miei primi articoli di “Arte al femminile”. Dopo aver visto “La presentazione della Vergine al tempio”, presso la chiesa della Madonna dell’Orto di Venezia, sono rimasta colpita dall’immagine della bella donna che indica a una bimba bionda quanto avviene nel tempio. La donna pare rappresenti Cornelia, il grande amore del Tintoretto e la piccola è Marietta, la primogenita del pittore, da lui tanto amata.
Il romanzo della Mazzucco, che ha in copertina questa immagine, aiuta a capire la vicenda del Tintoretto e della figlia.
La lunga attesa dell’angelo
“Avvengono miracoli, /se siamo disposti a chiamare miracoli/ quegli spasmodici trucchi di radianza. /Ricomincia l’attesa/ la lunga attesa dell’angelo/ di quella rara, casuale discesa.”
Il titolo riprende una poesia di Sylvia Plath, che come Marietta, una delle protagoniste del romanzo, ha amato talmente il proprio padre, di cui è rimasta orfana a 8 anni, da cercarlo in tutti gli uomini della sua vita.
Questo romanzo, che per alcuni aspetti si può definire storico, data la precisione nella ricostruzione di date e fatti, si articola nei 15 giorni di malattia del pittore, dal 17 maggio al 31 maggio 1594, data della sua morte. In questo periodo di sofferenza fisica, il pittore febbricitante rievoca la sua intera esistenza, in un colloquio con il Signore.
“Prima che tutto vada disperso come cenere, uno per uno ti nominerò tutti i miei peccati, e ti sorprenderai di quanti ne ho ammessi in me. Ma non sono quelli che immagini. Parlerò della vanità, dell’ambizione, dell’egoismo, della tentazione, della degradazione, del risentimento. Ma il mio peccato più grande è un altro.”
La narrazione è ricca di particolari e di salti temporali.
Due gli elementi fondamentali nella vita del pittore: l’amore per la pittura, cui sacrifica tutto e tutti e l’altro appassionato amore per la figlia Marietta, totale e totalizzante, come si dimostra quando la fanciulla si ammala di peste e Tintoretto cerca disperatamente e in tutti i modi di salvarla. Altro momento in cui l’amore per questa figlia emerge è quando la porta a Mantova, per risollevarla dal dolore tremendo per la morte del figlioletto.
Marietta, esuberante e anticonformista, è nata dall’amore di Tintoretto per la prostituta Cornelia. Si identifica totalmente nel padre e nella sua arte, sino al punto da non poter vivere lontano da lui. Musicista e pittrice di talento, si annulla nell’amore paterno, non si concepisce come identità autonoma e si abbandona all’apatia, quando una volta sposata si allontana dalla casa paterna.
“Una sera sorpresi Marietta inginocchiata sulla tela. (…) Soffiava delicatamente la polvera della matita sulle trafitture del foglio. Lo premeva con le palme delle mani perché aderisse perfettamente alla tela. (…) Sai una cosa? aggiunse senza guardarmi, se nascessi un’altra volta, non vorrei essere una regina né un principe, vorrei essere una tela. Per essere toccata così. (…) Se solo potessi accoglierti in questo modo, disse, e tu rimanessi impresso su di me.”
La Mazzucco tratta con delicatezza questo aspetto della vita di Tintoretto, che sottintende un amore quasi incestuoso, cui il pittore cerca di sfuggire. La morte precoce di Marietta è per lui il dolore più grande della sua vita ed è lei la Scintilla, come la chiama, l’angelo che aspetta.
“Non ho avuto paura di morire – in fin dei conti, Signore, tu mi hai già ucciso – ma di qualcosa di più profondo e terribile, nascosto nelle profondità di me stesso, che tu conosci e io ignoro.”
La storia percorre tutta la vita dell’artista. La scrittrice sembra ricalcare dalle opere d’arte ciascun personaggio, operando una trasfigurazione dei caratteri per mezzo della parola scritta, e così oltre ad avvincere per la caratterizzazione della figura del protagonista, la trama è di estremo interesse in quanto riporta alla luce altre figure importanti della pittura italiana di fine Cinquecento, come Tiziano, tracciando le ansie e le inquietudini di ciascuno in un affresco storico.
L’autrice ci descrive il percorso artistico di un pittore estremamente prolifico: le opere dipinte per il Palazzo Ducale, i teleri della Chiesa della Madonna dell’Orto, le tele per la Scuola Grande di San Rocco, i dipinti per chiese veneziane e privati cittadini, le opere realizzate alla corte dei Gonzaga… un lascito artistico rimasto, perlopiù, nella città in cui Tintoretto è nato, ha vissuto e lavorato.
Tintoretto è un pittore inquieto e geniale, non adeguatamente apprezzato al suo tempo, in precario equilibrio con l’ambiente in cui vive, sotto la cappa della Controriforma. Uomo appassionato, attivissimo, inarrestabile, sanguigno, a suo modo molto religioso.
“Ditemi, quando il giorno del Giudizio riavremo in nostri corpi, riavremo la nostra giovinezza, la nostra bellezza, il nostro fuoco, o saremo condannati a indossare per l’eternità la nostra carogna sfigurata dal tempo? Se sarò salvato, il mio corpo godrà la stessa beatitudine della mia anima? Riavrò il mio sesso per l’eternità? Riavrò il piacere, e sarà per sempre? Nel ricongiungimento alla sorgente di tutte le cose, come potrei conoscere una perfetta felicità se non mi sarà dato integro il mio corpo? Il corpo, non la coscienza, mi ha regalato l’estasi e la certezza di fondermi nell’infinito. Mi avete insegnato che l’incarnazione – il farsi carne dello spirito – è il senso ultimo del cristianesimo e del suo eterno scandalo. Come si può dunque separare nell’eternità della resurrezione la carne dallo spirito?”
Intorno a lui ci sono figure tratteggiate con dovizia di particolari: la prostituta tedesca Cornelia, amata da Tintoretto, da cui ha la figlia Marietta. Questa donna vivace, allegra e solare, dimostra grande dignità quando tace della propria malattia e affida la figlia a Tintoretto, dicendo di voler tornare in Germania, mentre va a morire all’Ospedale della Misericordia di Venezia.
Atro personaggio positivo è la moglie Faustina, sposatasi giovanissima, che gli dà molti figli. Vive all’ombra del marito, accettandone le scelte e lo stile di vita, anche se questo comporta per lei grande sacrificio. I figli sono immolati all’arte del padre: le figlie mandate in convento, anche senza vocazione, e i figli allontanati se ribelli. Alcuni muoiono precocemente. Rimane solo il fido Domenico, che continua l’attività del padre. Solo alla fine Tintoretto si rende conto di aver trascurato questi figli, di non conoscerli veramente.
Infine la città di Venezia viene tanto abilmente descritta da consentire al lettore di immaginare i colori della laguna, lo sciabordio dei remi, le vetrate delle chiese, gli aromi che esalano all’interno delle abitazioni dall’acqua e dai muri scrostati di muffa, le persone che affollano campi e fondachi. Il fascino dell’acqua, della laguna!
Di grande interesse storico le pagine dedicate al ricordo dell’epidemia di peste che colpisce Venezia nel 1575, per cui il morbo che serpeggia in città crea un clima di sospetto e di paura, oltre a provocare morte e devastazione ovunque.
A rendere di pregio e particolare il lavoro di Melania Mazzucco è una notevole abilità narrativa, unita ad una capacità non indifferente di penetrazione psicologica e ad un lavoro importante di ricerca documentaria, condotta per 10 anni in città e negli archivi di Stato, delle parrocchie e del Patriarcato (decifrando carte rovinate in parte dal fuoco o stinte dall’acqua della laguna), allo scopo di ricostruire la biografia di Jacopo, quella meno nota di Marietta e degli altri membri della famiglia Robusti, così da strapparli al silenzio che li aveva avvolti.
Come dice nella postfazione all’edizione 2021, l’autrice predilige “l’eccentrico, il rimosso dalla cultura ufficiale o dominante, (…) le figure dimenticate, che però ai loro tempi avevano goduto di qualche fama.”
Le parole di Tintoretto sono poi piene di riflessioni sulla vita, che valgono in ogni tempo
“Non pretendo di essere capito, ognuno di noi è l’enigma di se stesso. Mi tengo il mistero delle mie azioni, dei miei vizi, delle mie doti. Non voglio giustificarmi e nemmeno essere assolto – né potrei, aver vissuto è già una colpa imperdonabile. Voglio solo ricordare – e ricordando vivere e far vivere ancora. Non ti tacerò niente – né lo tacerò a me stesso.”