Mistero doloroso è un lungo racconto ambientato nella Napoli di fine Settecento, descritta con attenzione ai particolari. La protagonista è Florida, frutto della triste unione dello scultore belga De Gourriex con la bella e gelida Ferrandina, figlia del guantaio don Mariano Civile. Dopo la morte del marito e la rovina dell’impresa paterna, Ferrandina si è ritirata con la figlia in due stanzette e vive facendo la sarta per signore della nobiltà cittadina. Florida cresce bella e innocente. A 13 anni ha qualcosa di etereo: è alta, regale, dalla pelle candida, vibrante ed emotiva. S’innamora del pallido e debole principe Cirillo, nipote del re. Quest’ultimo è molto colpito dalla grazia della ragazza, ma rinuncia a lei per le convenzioni sociali. Ferrandina vuole che la figlia diventi monaca e la isola dal mondo per difenderla dai turbamenti. Florida si strugge per un amore adolescente, di cui avverte le pulsioni, sino al tragico epilogo…
Il “mistero doloroso” del titolo è quello della vita. Nel racconto vi sono la rassegnazione al destino, la devozione che quasi anestetizza, le ingiustizie sociali, lo sfruttamento delle classi inferiori, l’indifferenza di un quartiere, con i bassi dalle vetrine aperte, la cattedrale dai riti formali, lo splendore delle cerimonie…Tutto è narrato in uno stile sobrio, in un’atmosfera trasognata, da fiaba senza lieto fine. “Mistero doloroso” è anche l’amore impossibile, il riconoscere una parte di sé nell’altro. Lui: «voleva disperatamente, vedendola, trovare qualcosa di sé, di caro, che appariva perduto», e lei: «non appena lo vide, sentì che aveva bisogno del suo aiuto per sopportare se stessa». I pochi incontri dei due ragazzi sono fatti di sguardi, di piccoli gesti.
Questo racconto è rimasto a lungo tra le carte dell’autrice ed è stato pubblicato dopo la sua morte. Rivela il mondo poetico particolare della Ortese.
Domina il tema della perdita, quello che la scrittrice chiama:
«il lutto adolescenziale» e da cui deriva ogni dolore della vita. È questo lutto a determinare le trafitture dell’anima per ogni mancanza di bene, luce, bellezza o amore, e continuerà a far sentire il suo grido innocente per l’eternità.
Anna Maria Ortese è una delle più importanti scrittrici del XX° secolo, ma come spesso succede alla donne artiste, un po’ dimenticata.
Nasce a Roma nel 1914 in una famiglia povera e numerosa. Ha 5 fratelli e una sorella. Durante la prima guerra mondiale il padre è richiamato nell’esercito: moglie e figli si spostano prima in Puglia e poi in Campania. La famiglia va poi a Potenza e in Libia, per il lavoro paterno. Nel 1928 è a Napoli, dove frequenta le scuole elementari e un anno di corso professionale. Dopo aver provato a dipingere e suonare il pianoforte, si appassiona alla scrittura. La sua è una formazione da autodidatta.
Nel 1933 muore in mare il fratello Manuele e questo la sconvolge: rimane un dolore che l’accompagnerà sempre. Pubblica nello stesso anno le prime poesie. Nel 1937 muore, sempre in mare, il fratello gemello Antonio. Nel 1938 la giovane Ortese si sposta con la famiglia a Firenze, poi a Trieste e a Venezia, dove trova lavoro come correttrice di bozze al Gazzettino. Torna a Napoli nel 1945. Persi i genitori, le rimane accanto la sorella Maria, che con il suo lavoro di impiegata alle poste, l’aiuterà sempre, dato che l’attività letteraria è poco redditizia. La Ortese scrive di mondi immaginifici, trasognati, con poco successo di pubblico e scarsa attenzione dalla critica, mentre ha sostegno da altri scrittori.
“Su un totale di almeno cinquant’anni di vita adulta, riuscii qualche volta ad accostare questa riva luminosa – io che mi considero un eterno naufrago – dell’espressione o espressività che avevano per scopo questo eterno interesse: cogliere e fissare… il meraviglioso fenomeno del vivere e del sentire[…].Tale sentimento può essere meglio definito dalle parole: estasi, estatico, fuggente, insondabile.” (Corpo Celeste). “[…]questo, donna, è il mondo: una cosa fatta di vento e voci – fatta di attese e rimpianto di apparizioni, fatta di cose che non sono il mondo”.
Nel 1953 con Il mare non bagna Napoli arriva una certa notorietà (premio Viareggio). Riprende a viaggiare sia in Italia che all’estero, scrivendo reportage. Poveri e semplici vince il premio Strega nel 1967 e segue la pubblicazione de L’iguana.
Si trasferisce con la sorella a Rapallo e inizia la collaborazione con la casa editrice Adelphi. Scrive altri romanzi, poesie e lavori teatrali.
Muore a Rapallo nel 1988.