Arte al femminile (326)

Qui di seguito ricordo altre due pittrici francesi, un tempo conosciute a livello internazionale.

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Hortense Richard nasce nel 1860 a Parigi. Di lei si sa ben poco. Studia privatamente con pittori importanti del tempo.

Sposa nel 1879 il pittore Désiré Alfred Magne.

Espone al Salon di Parigi dal 1875 al 1935.

Nel 1893 presenta suoi lavori al The Woman’s Building della Fiera Colombiana di Chicago.

Muore nel 1939 o 1940.

Hortense era famosa per le sue miniature e i dipinti su ceramica. Notevoli anche i paesaggi.

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Jeanne Rogier nasce a Macon, in Francia, nella regione della Borgogna, nel 1852. Studia privatamente. Debutta al Salon nel 1869 (a 17 anni) e diventa nel 1883 membro della Society of Frence artists.

Intorno al 1893 la troviamo a Philadelphia per una mostra. Espone a Chicago nello stesso anno.

Muore nel 1934.

Si distingue per i soggetti di carattere storico e i ritratti.

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Le donne e la guerra

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Ovunque sarai racconta la straordinaria vicenda di Olga Watkins.

Olga nasce nel 1923 in Jugoslavia. A 6 anni il padre Josif abbandona lei e la mamma. Olga rimane sconvolta dal cambiamento, poi inizia ad aiutare la mamma nel lavoro di ricamatrice e insieme trovano il modo di vivere serenamente. All’età di 13 anni Olga perde la mamma e va a vivere a Zagabria con il padre, che nel frattempo si è risposato con Ilona, una ricca commerciante ungherese. In Alice, la sorella della matrigna, trova un’amica e una compagnia. Intanto scoppia la guerra e le truppe tedesche entrano a Zagabria. S’ instaura il tremendo governo nazionalista degli Ustascia: iniziano i massacri fratricidi tra serbi e croati e la caccia agli ebrei. Olga frequenta con la zia il circolo diplomatico ungherese e il teatro dell’Opera: conosce Julius, giovane diplomatico di Budapest, biondo con splendidi occhi azzurri. Julius s’innamora di Olga e si presta ad aiutare una sua parente ebrea rinchiusa in un campo di prigionia. Per questo Julius viene tradito e denunciato, per cui, tornato a Budapest viene arrestato e internato nel campo di Komaron, sul Danubio, dove sono raccolti i prigionieri politici.

Olga, che ha 20 anni ed è innamorata di Julius, decide di ritrovarlo e aiutarlo. Inizia così un’odissea che dura 2 anni, da sola, senza documenti, patendo freddo e fame, sfuggendo pericoli vari e bombardamenti. Da Zagabria a Budapest, da Budapest a Vienna, poi Norimberga, sino ai terribili campi di Dachau e Buchenwald…Quando raggiunge la meta e tutto sembra risolto il destino sconvolge di nuovo la sua vita…

“Si fa quel che si fa per un motivo ben preciso. Si fanno delle scelte, si decide il percorso e si segue la propria strada. Ma alla fine è il destino che sceglie la destinazione.” Dice Olga alla fine del racconto.

Una ragazza, spinta dall’amore, compie 3300km, supera prove incredibili, con ostinazione, coraggio e intraprendenza, a dimostrazione di come la forza di un sentimento possa far superare tanti ostacoli.

Un racconto avventuroso, coinvolgente, che fa entrare nel vivo di un terribile periodo storico. Questa figura femminile si staglia con nettezza per la tenacia e il coraggio dimostrati, suscita ammirazione. Una lettura emozionante!

“Chi ha detto che l’amore vince tutto si sbaglia. Può vincere molto, più di quanto riteniamo possibile. Può darci una forza straordinaria, una capacità di ripresa e un coraggio inaspettati. Può darci una grande speranza e una felicità incantata, ma ci sono forze che sono invincibili. A volte, il nemico è troppo forte.”

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Olga Watkins nasce nel 1923 a Sisak, nell’ex Jugoslavia. Oggia ha 89 anni e vive a Barnet, a nord di Londra, in Inghilterra. Una trentina di anni fa si fa convincere da un amico di famiglia a scrivere le sue memorie legate all’Europa nazista. Gli appunti sono prima diventati una testimonianza conservata all’Imperial War Museum di Londra, poi, con l’aiuto del giornalista James Gillespie, sono diventati un libro.

 

Arte al femminile (325)

Continuo a ricordare le artiste presenti alla Fiera Internazionale di Chicago del 1893: come già detto in altro post, questa è stata un’importante vetrina per le pittrici del tempo.Euphémie_Muraton.png

Euphémie Duhanot Muraton nasce nel 1836 o 1840 a Beaugency, in Francia, dipartimento del Loiret.

Sposa il pittore Alphonse Muraton, da cui ha un figlio, Louis, che diventerà anche lui pittore. Il marito è un ritrattista, pittore di temi storici e scene di genere. Louis diventerà un artista caratterizzato da un realismo raffinato, dalla pennellata ferma e vigorosa.

Euphémie espone al Salon di Parigi dal 1868 al 1913. Anche lei presenta suoi lavori alla Fiera Colombiana di Chicago del 1893.

Muore nel 1914.

Pregevoli le sue nature morte e particolari i suoi quadri che hanno come soggetti animali domestici e scene di genere. Rimane legata a uno stile “tradizionale”.

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Gabrielle Poynot nasce nel 1859. Non si conosce la data della morte, perché su di lei pochissime sono le informazioni biografiche.

Nasce a Montreuil, comune situato nel dipartimento della Senna-Saint-Denis, nella regione dell’Ile-de-France, in Francia. Inizia a studiare privatamente.

Dal 1884 espone a vince riconoscimenti ufficiali, che la incentivano a partecipare alla Fiera Colombiana di Chicago.

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Donne e scienza

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Storie e vite di super donne che hanno fatto la scienza: in questo libro sono raccolte venti storie, accompagnate da altrettante illustrazioni, di donne che si sono distinte nel campo della ricerca scientifica. Le storie sono organizzate secondo l’ordine alfabetico dei cognomi. Elementi comuni a tutte queste grandi donne sono il coraggio, la passione e la determinazione con cui inseguono i propri sogni. Anche nel campo della scienza pesa enormemente la discriminazione di genere. Alcune di loro, come Ipazia di Alessandria (355/370-415) e Teano (VI sec.a.C.) pagano con la vita la propria ostinazione a voler realizzare se stesse. Altre devono studiare privatamente perché gli istituti non accolgono iscrizioni femminili, altre ancora vedono copiati dai colleghi i propri lavori: quasi tutte sono sottopagate o devono lavorare gratuitamente, non avendo alternative agli ostacoli frapposti alle loro ricerche.

La scienziata Chien-Shiung Wu (1912-1997), ad esempio, deve attendere il 1975, dopo essere diventata famosa a livello mondiale, perché il Presidente del Dipartimento di Fisica della Columbia University renda il suo stipendio uguale a quello di colleghi maschi meno meritevoli di lei. Ada Lovelace (1815-1852) otterrà riconoscimenti ufficiali solo nel 1979, quando il Ministero della Difesa statunitense chiamerà Ada un linguaggio di programmazione da lei anticipato, dopo che il suo contributo alla ricerca è stato lungamente ignorato e sottovalutato. Rosalind Franklin (1920-1958) vedrà premiati con il Nobel ricercatori disonesti che si sono appropriati dei risultati dei suoi studi sul DNA.

Tante quelle per cui si dice: “la prima donna che…”, in quanto sono state tutte in qualche modo anticipatrici di esperienze e apripista per altre donne votate alla scienza.

Molte sono riuscite a conciliare il proprio lavoro con quello di moglie e madre, con grande fatica.

Questi alcuni dei casi, che dimostrano quanto forte sia e sia stata la differenza legata al genere anche in questo campo del sapere umano.

Dice Gabriella Greison: “Dovremmo sempre ricordarci una frase che una volta ho sentito dire da Rita Levi Montalcini: il cervello dell’uomo e quello della donna sono uguali, la loro mente funziona alla stessa maniera. Il resto sono scemenze.”

«Tutte noi, e siamo in tante, specchiandoci nelle donne che ci hanno preceduto possiamo vedere riflessa la parte di noi stesse di cui prendersi cura, come il più prezioso dei regali della vita. Tutte noi, riunite in un’unica equazione, saremo una la continuazione dell’altra, una l’esperienza dell’altra, una l’eredità dell’altra, prenderemo una il nome dell’altra. Perché la lista è ancora lunga».

Un libro scritto in modo chiaro, semplice, che può essere letto anche dalle bambine e dalle ragazze.

Gabriella Greison è nata a Milano e vive a Roma. È fisica, scrittrice e giornalista professionista. Si è laureata in fisica a Milano e ha lavorato due anni all’École  Polytechnique di Parigi. Ha insegnato per diversi anni fisica e matematica nei licei. Ha condotto varie trasmissioni di divulgazione scientifica per la radio e la TV e collabora con alcune testate giornalistiche. Ha scritto vari libri, tra i quali ricordiamo: Le giacche degli allenatori, Ora che cominciava a piacermi, Prossima fermata Highbury, Dove nasce la nuova fisica. Einstein, Hawking e gli altri alla corte di Solvay, L’incredibile cena dei fisici quantisticiSei donne che hanno cambiato il mondo. Le grandi scienziate della fisica del XX secoloStorie e vite di superdonne che hanno fatto la scienzaHotel Copenaghen.

È direttrice artistica, ideatrice e curatrice del primo Festival della Fisica itinerante a teatro. Scrive monologhi teatrali e recita, portando in giro nei principali teatri italiani i propri lavori. Viene definita la “donna della fisica divulgativa italiana”.

Arte al femminile (324)

Un gruppo di artiste anonime si organizza nel 1985, per contestare il mondo dell’arte istituzionale dei musei, delle gallerie, delle riviste d’arte, denunciando con clamore l’invisibilità delle artiste nel mondo dell’arte, nel passato come nel presente. Prendono il nome di Guerrilla Girls, perché si presentano indossando maschere da gorilla. Si distinguono per varie performance, affiggendo nelle strade delle città dei manifesti, che denunciano gli stereotipi e la corruzione nel mondo dell’arte.

Famoso un manifesto affisso a New York nel 1989, in cui si legge a grandi caratteri:

“ Le donne devono proprio essere nude per entrare nel Metropolitan Museum? Meno del 5% degli artisti nella sezione di Arte moderna sono donne, ma l’85% dei nudi sono femminili.”

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Anonime, provocatorie, nelle interviste si presentano adottando il nome di una grande artista del passato, per dare voce a chi nel passato aveva poca visibilità.

Il gruppo nel 2001 si divide in altri tre gruppi.

Fatta questa premessa, continuo col ricordare le pittrici francesi presenti alla Fiera Colombiana a Chicago del 1893.

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Madeleine Colle Lemaire conosce un enorme successo durante la sua vita artistica, tanto da essere conosciuta con l’appellativo di “imperatrice delle rose”, per la bellezza delle sue nature morte.

Nasce ad Arcs (Francia) nel 1845. Inizia a impratichirsi nella miniatura, con la guida della zia Madame Herbelin.

Studia privatamente con alcuni artisti e si specializza in scene di genere e nature morte. Inizia a esporre al Salon dall’età di 19 anni e continua a farlo per anni, ricevendo riconoscimenti importanti. Nel 1879 espone al Salone della Società francese dell’Acquarello e per la sua abilità nelle illustrazioni viene incaricata di illustrare libri di Marcel Proust, dell’Abbe Constantin Ludovic Halévy e le poesie di Robert de Montesquiou, oltre che di altri importanti scrittori.

Madeleine tiene un salotto frequentato da giovani artisti e personaggi famosi della scena o della politica. Appassionata di musica, accoglie parecchi cantanti e musicisti nella propria cerchia di amicizie.

Nel 1890 entra a far parte della Società Nazionale di belle Arti, con la pittrice Louise Catherine Breslau.

Muore nei pressi di Parigi nel 1928, a 82 anni.

I suoi quadri eleganti danno un’immagine della sociatà aristocratica e alto borghese del tempo. Il suo stile viene considerato di stampo accademico.

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Arte al femminile (323)

Continuo con la presentazione delle artiste francesi che troviamo presenti alla Fiera Internazionale Colombiana del 1893 a Chicago.

Camille Cornelie Paillard (Isbert) nasce nel 1825.

Abile miniaturista, la troviamo a Chicago nel 1893, quando ha 68 anni..

Muore nel 1911.

Non si trovano altre informazioni su di lei.

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Elodie Jacquier La Villette nasce a Strasburgo nel 1842. Figlia di un medico militare, ha la possibilità di avere, con la sorella, una buona educazione di base, che comprende anche lo studio del pianoforte e del disegno.

 

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Nel 1860 lei e la sorella Caroline prendono lezioni private da un pittore professionista, che le avvia entrambe alla carriera artistica.

Nel 1860, giovanissima, Elodie sposa Jules La Rousse La Villette, tenente nel battaglione fucilieri e segue il marito nei vari cambi di guarnigione. Nel 1865 nasce la figlia Aimée Marie Marguerite, che diventerà una musicista e compositrice conosciuta con il nome di Rita Strohl.

Elodie espone al Salon di Parigi per la prima volta nel 1870.

Il marito viene fatto prigioniero dai tedeschi, nel corso della guerra franco- prussiana del 1870. Nei 5 mesi in cui rimane in prigione lui, appassionato di musica, studia il violoncello.

Nel 1872 i coniugi si trasferiscono ad Arras (Francia settentrionale). Elodie continua a perfezionarsi nelle tecniche pittoriche. Conosce Corot da cui impara l’uso della luce.

Nel 1875 altro spostamento: Elodie è a Douai (nelle Fiandre). Dipinge ritratti, espone e riceve riconoscimenti ufficiali.

Nel 1876 il marito è nominato comandante di battaglione a Lorient (in Bretagna) e la famiglia trasloca di nuovo.

Elodie partecipa alla creazione dell’Unione delle donne pittrici e scultrici nel 1881, impegnandosi per creare un rinomato salone espositivo annuale, che dia visibilità alle meritevoli artiste del tempo.

Fa parte della delegazione di artisti francesi presenti alla World’s Fair del 1893 a Chicago ed espone nello Woman’s Building.

L’attività artistica si accompagna all’impegno sociale.

Muore nel 1917 a Saint-Pierre-Quiberon (in Bretagna).

Pregevoli le sue marine.

 

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Libri per capire

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Parole oltre le frontiere è l’antologia dei dieci racconti finalisti del concorso DiMMi, Diari Multimediali Migranti 2017, organizzato dall’Archivio dei Diari di Pieve Santo Stefano (Arezzo), in collaborazione con alcune istituzioni sia pubbliche che private. Nel 2017 la giuria ha ricevuto 99 storie migranti e ne ha scelte 10, riunendole in un volume pubblicato dalla casa editrice Terre di Mezzo. Dieci migranti, provenienti da diverse parti del mondo, raccontano le proprie vicende e le esperienze fatte per arrivare in Europa. I testi, in parte tradotti dalle lingue originali, in parte in un italiano acquisito, parlano delle migrazioni contemporanee dal punto di vista di chi le affronta, dedicando ampio spazio ai durissimi viaggi per arrivare a una meta che non sempre è chiara.

La parola migrante è ultimamente usata e abusata: si passa da una percezione del migrante come problema, cui si associano una serie di elementi negativi, al migrante come oggetto di paternalismo, come persona indifesa, sempre bisognosa di un aiuto non necessariamente disinteressato. Esiste tra queste percezioni contrapposte la via di mezzo, la concezione del migrante come persona singola, la necessità di approfondire i meccanismi che accompagnano il fenomeno e distinguere le responsabilità.

Questo libro ha il merito di non esprimere alcun punto di vista preciso, ma di farci conoscere le storie di alcune persone vere. Ci fa capire le motivazioni, non sempre volontarie, che spingono a lasciare il proprio paese. Dietro la parola migrante c’è Judith, infermiera, arrivata dal Camerun con i due figli, Azzurra, ragazza nigeriana albina rapita nel suo paese, Dominique, studente universitario della Costa d’Avorio sconvolta dalla guerra civile, Mohammad Reza, adolescente afgano, consapevole che restando sarebbe rimasto schiavo… Ci piaccia o no siamo diventati un paese multiculturale e la conoscenza delle realtà degli altri paesi ci aiuta ad avere una visione del futuro più equilibrata. Ciascun autore ripercorre e rielabora la propria storia, cercandone il senso e ci restituisce uno sguardo prezioso su di noi, su un’Italia che vive un momento di confusione e di paura.

Azzurra dice “Scrivere mi porta via il dolore e mi dà pace” e la scrittura è strumento per recuperare il senso di sé, che si perde nel viaggio.

In tutte le storie di migrazione “futuro” è la parola chiave.

“ È quella che fa nascere la consapevolezza, anche in persone giovanissime, che c’è una differenza tra sopravvivere e vivere”.

Molti partono proprio per poter finalmente “vivere”.

Un libro importante!

“Migliaia di persone arrivano nel nostro Paese e restano inascoltate. Il loro patrimonio di esperienze, ricco di ciò che hanno lasciato e portato con sé, e delle vicende attraversate durante il viaggio, si perde giorno dopo giorno. Questo libro ne raccoglie le voci.”

Arte al femminile (322)

Nel 1893 viene celebrata a Chicago la Fiera Colombiana o Fiera Mondiale (World’s Fair:Colombian Exposition), per celebrare i 400 anni dalla scoperta dell’America. I protagonisti, fautori e realizzatori dell’iniziativa, sono gli architetti Daniel Burnham e Federick Law Olmsted (urbanista e tecnico dei problemi ambientali). In questa occasione viene affidato a una donna, Candace Wheeler, progettista e designer, il compito di gestire un padiglione, lo Woman’s Building, interamente gestito dalle donne e aperto alle artiste di tutto il mondo. Candace è la prima donna a svolgere l’attività di designer d’interni come professione e a ricevere riconoscimento e visibilità per il proprio lavoro, aprendo la strada ad altre donne in questo settore.

Molte le artiste che dall’Europa si avventurano a Chicago e tra queste vi è una delegazione francese di cui fanno parte parecchie pittrici.

Dedicherò per un po’ la mia attenzione su queste donne intraprendenti, che fanno un viaggio allora lungo e faticoso, per rivendicare il proprio diritto a una visibilità internazionale.

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Marguerite-Valentine-Jenny alias Jenny Zillhardt è sorella di Madeleine (v.n.321). Nasce a Saint-Quentin nell’Aisne (Francia nord-occidentale) nel 1857. Sin da piccola manifesta attitudini artistiche. Studia con la sorella all’Accademia Julian di Parigi dal 1877, quando ha 20 anni. Espone al Salon per la prima volta nel 1878. Le sue numerose partecipazioni alle esposizioni del Salon le permettono di ottenere vari premi e riconoscimenti ufficiali.

Fa parte della delegazione di artiste francesi presenti alla World’s Fair del 1893 a Chicago. Nel 1910 diventa Officier de l’Instruction publique e nel 1930 Cavaliere della Legione d’onore.

Muore nel 1939 a Neuilly-sur- Seine.

Sue opere si trovano al Museo d’Orsay, al Museo di Langres e in quello di Saint-Quentin.

Come quasi tutte le donne pittrici si dedica principalmente ai ritratti e alle nature morte.

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Joséphine Houssaye nasce a Nantes nel 1840. Il fratello Frédéric è un famoso scultore. Joséphine frequenta l’Accademia Julian. Espone al Salon nel 1868. Nel 1883 aderisce alla Società degli Artisti francesi. Ottiene medaglie e riconoscimenti,

Nel 1893 partecipa alla Fiera Internazionale di Chicago.

Entra a far parte dell’Unione delle Donne Pittrici e Scultrici, che si occupa della tutela della professionalità delle donne, spesso discriminate dal mercato dell’arte.

Incerta la data della morte.

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Arte al femminile (321)

Madeleine Zillhardt nasce a Saint-Quentin, in Francia, nel 1863. Artista francese: scrittrice, decoratrice, pittrice, è conosciuta per essere stata la compagna, la musa ispiratrice di un’altra importante pittrice, Louise Catherine Breslau (v.n.320). Di Madeleine rimangono i molti ritratti che le ha fatto Louise.

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Poco si sa della sua vita precedente l’iscrizione all’Accademia Julian, unica istituzione di educazione artistica aperta alle donne nella Parigi del tempo (insieme all’Accademia Colarossi). La frequenta con la sorella Jenny. Qui conosce importanti pittrici, tra le quali Louise Breslau, che ha un ruolo fondamentale nella sua vita. Madeleine chiede a Louise di farle un ritratto e dalla frequentazione che ne segue nasce un rapporto che le vede inseparabili per il resto della vita. Si stabiliscono nei pressi di Parigi e frequentano la comunità artistica cittadina, coltivando amicizie importanti, con personaggi quali Auguste Rodin, Edgar Degas, Henri Fantin-Latour, per citarne alcuni. Durante la prima guerra mondiale Madeleine dà il proprio contributo decorando oggetti con valenza patriottica e dipingendo ritratti di soldati, infermieri, dottori destinati al fronte, ritratti da dare alle loro famiglie prima della partenza.

Dopo la guerra la salute di Louise declina, sino alla morte nel 1927. Madeleine s’impegna perché il lavoro della compagna non vada disperso, donando parecchi lavori a vari musei, permettendone così la conservazione in collezioni nazionali e internazionali. Dona ad esempio 66 dipinti al Museo di Belle Arti di Digione.

Nel 1928 Madeleine acquista una chiatta ormeggiata sulle rive della Senna e la rende disponibile per l’Esercito della Salvezza, che la usa come rifugio per i senzatetto durante l’inverno e come campo estivo per i bambini in estate. Nel 1929, con i finanziamenti della mecenate Winnaretta Singer, l’architetto Le Corbusier ristruttura l’imbarcazione (chiamata Louise Catherine) creando una vasta sala da pranzo, cucine e tre ampie camere da letto con 160 posti letto per offrire riparo ogni giorno ai senzatetto.

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Nel 1932 Madeleine pubblica una biografia dedicata alla memoria della Breslau,in cui rivela le proprie capacità di scrittrice lucida e incisiva.

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Molto interessante anche la biografia che dedica a Monsieur Edgar Degas.

Muore probabilmente nel 1950, in base alle indicazioni della Biblioteca Nazionale Francese.

Nel 2008 la chiatta viene dichiarata monumento storico ed è restaurata per usarla a scopo culturale.

Madeleine ha vissuto all’ombra della Breslau, per sua scelta, ma è stata una grande artista. Oltre che pittrice, è stata creatrice di lavori in vetro e in porcellana, alla ricerca di nuove forme e decorazioni. Studia per parecchio tempo l’arte della lavorazione dei metalli, ottenendo prestigio in ambito commerciale e tra i colleghi.

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Arte al femminile (320)

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Louise Catherine Breslau (Maria Luise Katharina) nasce nel 1856 a Monaco di Baviera, da una famiglia di origine ebraica. Nel 1858 il padre accetta l’incarico di professore e primario di Ostetricia e Ginecologia all’Università di Zurigo e la famiglia si trasferisce in Svizzera. Nel 1866 il padre muore per una grave infezione. Soffrendo di asma, Louise passa molto tempo della propria infanzia confinata in un letto. Viene mandata in un convento sul lago di Costanza, per trovare un clima più favorevole al suo problema. Studia pianoforte e scopre le proprie propensioni artistiche. Dal 1874 prende lezioni private di pittura, ma si convince che, se vuole veramente realizzare il sogno di dedicarsi all’arte, deve studiare in modo sistematico. Decide pertanto di iscriversi all’Accademia Julian a Parigi. Nel 1879 debutta al Salon di Parigi, dove espone regolarmente per alcuni anni. Riceve riconoscimenti e commissioni da parte della ricca borghesia cittadina, per cui apre un proprio studio e cambia il nome in quello con cui è ufficialmente conosciuta. Viene chiamata a far parte della giuria della Sociatà Nazionale di Belle Arti parigina. Ottiene, prima donna artista straniera, il riconoscimento della Legion d’Onore. Nei suoi viaggi di studio in Bretagna conosce il pittore svedese Ernst Josephson, cui si lega d’amicizia per un periodo. Ha in seguito uno stretto rapporto con lo scultore Emile- Antoine Bourdelle. Dal 1890 torna in Svizzera, partecipando a varie esposizioni. Dal 1900 rientra a Parigi e con la collega Madeleine Zillhardt si stabilisce a Neully-sur Seine. Viaggia per perfezionare la sua tecnica e si reca in Italia, Germania, Olanda e Gran Bretagna. Ottiene l’amicizia e l’ammirazione d’importanti artisti del suo tempo, come Degas e Anatole France. Lo scoppio della prima guerra mondiale rallenta la sua attività, che riprende dal 1921, con i ritratti. Sebbene naturalizzata in Svizzera, Mary mostra lealtà verso i francesi, disegnando numerosi ritratti di soldati e infermieri francesi diretti al fronte: dipinti da lasciare alle loro famiglie. Negli ultimi anni della sua vita si dedica a dipingere i fiori del suo giardino e a ricevere amici.

Muore nel 1927, dopo lunga malattia. Nel 1928 la Scuola di Belle Arti di Parigi le dedica una retrospettiva, cui ne segue un’altra nel 1932.

Sue opere si trovano al Louvre, al Musée d’Orsay, al Musée Carnavalet a Parigi, oltre che in altri musei francesi (Grenoble, Digione, Strasburgo, Nizza, Carprentas…), al British Museum di Londra, alla National Gallery of Ireland, nei musei di Berna, Losanna e Basilea in Svizzera, per citarne solo alcuni. La sua presenza presso importanti istituzioni testimonia il prestigio di cui godeva un tempo. Poi, come succede alla maggior parte delle artiste, il suo nome viene trascurato nella storia dell’arte ufficiale. Considerata una dei migliori ritrattisti della Parigi del XIX secolo, solo recentemente critici d’arte e commercianti hanno ravvivato l’interesse per i suoi lavori.

I suoi ritratti si caratterizzano per l’espressività dei volti e la raffinatezza dei colori.

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