Arte al femminile (409)

Incontrando tante donne artiste del passato, rimango ogni volta colpita dalla loro intraprendenza, dal loro coraggio. Viaggiano tanto, fanno molteplici esperienze, sopportano difficoltà e disagi di vario tipo, affrontano tragedie legate al periodo storico in cui vivono. In tutto questo mantengono costanti i propri progetti e lottano per realizzarli.

Penso che possano essere anche oggi di grande esempio!

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Margarita Sabashnikova nasce a Mosca nel 1882 in una famiglia di mercanti. L’infanzia la trascorre un po’ con la sua famiglia, un po’ con la nonna e una parte in campagna, nella tenuta dei genitori. A 10 anni, in seguito ad alcuni problemi nella gestione commerciale, la famiglia va all’estero e soggiorna a Parigi, a Losanna, in Belgio, in Italia. Margarita ha una buona istruzione: riceve lezioni di musica, letteratura, pittura.

Ritornata in Russia, si diploma e poi va a San Pietroburgo, per lavorare nello studio del pittore Ilya Repin, ispiratore della pittura sovietica realista. Margarita non condivide lo stile naturalistico ed è incerta sul proprio futuro. Siccome sua madre e la moglie di Tolstoy sono amiche, chiede consiglio al grande scrittore. Questi le risponde che deve considerare la pittura come un’attività ricreativa e dedicarsi alla vita in campagna. Delusa dal consiglio, Margarita si tormenta sul significato della propria vita, ma poi decide di continuare a dipingere.

Presenta due suoi ritratti a una mostra di Mosca e ottiene grande successo. Partecipa ad altre due esposizioni: una a San Pietroburgo e una a Parigi, ottenendo critiche lusinghiere. Entra nel circolo dei simbolisti russi. Nel 1903 è di nuovo a Parigi, contattando gli ambienti degli artisti parigini.

Lo scoppio della rivoluzione russa degli anni 1904-1905 le impedisce di tornare in patria. Durante questo periodo conosce Rudolf Steiner (fondatore dell’antroposofia e di un metodo educativo ancora seguito) di cui segue le lezioni e che conosce personalmente.

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Nel 1906 sposa il pittore e poeta Maximilian Woloschin.

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La coppia fa un breve soggiorno a Koktebel (Crimea), località amata dal marito.

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Tornata a San Pietroburgo, Margarita incontra il poeta simbolista Vycheslav Ivanov, che la affascina con la sua idea del mondo, della spiritualità della natura.

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La sua crescente fama e i contatti del marito le permettono di unirsi ai circoli degli artisti di San Pietroburgo. Lo scrittore Ivanov la incoraggia a scrivere e nasce una relazione amorosa, che mette in crisi il matrimonio.

Margarita va a Berlino nel 1908 e decide di fermarsi, per fare ordine nella sua vita privata. Viaggia per l’Europa, seguendo le lezioni di Rudolf Steiner e poi ritorna a San Pietroburgo. Con sua grande delusione Ivanov sposa la figliastra Wera.

Margarita si chiude in se stessa: si dedica interamente alla pittura e inizia a studiare la tecnica delle icone. Contemporaneamente persegue l’attività letteraria con importanti traduzioni.

In seguito a una piccola eredità, decide di riprendere a viaggiare: affitta uno studio a Parigi e poi va a Monaco. Si ferma a Stoccarda per una ricerca ed è inquieta e insoddisfatta, perché le sembra di non aver ancora trovato la strada della propria completa realizzazione.

Nel 1911 sceglie Monaco come residenza frequentando i circoli culturali della città.

Collabora con artisti di vari paesi alla realizzazione del Goetheanum, che la porta a Dornach, cittadina della Svizzera vicina a Basilea. Tale costruzione monumentale, progettata da Steiner, dovrebbe avere lo scopo di diffondere il pensiero di Steiner, manifestandolo anche attraverso gli elementi architettonici.

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Lo scoppio della prima guerra mondiale porta al definitivo distacco dal marito, che si stabilisce a Parigi come giornalista. Margarita torna in Russia nel 1917, in piena rivoluzione. Ottiene l’incarico di insegnante di arte e letteratura per i lavoratori e diventa membro del Commissariato Popolare per il Teatro e l’Educazione. Carenze amministrative e penuria di generi di prima necessità rendono difficile il suo lavoro. Si ammala di tifo e nel 1920 riprende l’insegnamento in una scuola appena fondata per orfani di talento. Anche questa esperienza si conclude presto e le viene offerto un lavoro a San Pietroburgo, presso la Biblioteca per la Letteratura Straniera. Le carenze normative fanno chiudere anche questa attività. Tornata a Mosca riprende il lavoro di ritrattista.

Nell’agosto 1922 ottiene il permesso, a lungo richiesto, di recarsi nei Paesi Bassi e quindi a Dornach, ma le complicazioni diplomatiche tra la Russia e la Svizzera la costringono nel 1924 a entrare in Germania, a Einsingen.

Per una malattia polmonare deve essere ricoverata presso una clinica di Stoccarda.

Decide poi di stabilirsi definitivamente a Stoccarda, dedicandosi alla pittura di soggetti religiosi. Non del tutto tranquilla, durante un soggiorno a Friburgo, ha l’opportunità di fare un viaggio sino a Dornach, per rivedere i vecchi amici.

A Stoccarda apre una scuola di pittura.

L’avvento del nazismo le rende la vita difficile: in Russia la situazione è altrettanto grave, poiché le sue amiche o sono morte o sono state arrestate o internate nei campi. Sua madre e suo marito sono morti. Margarita non si scoraggia e inizia a viaggiare per tenere lezioni, corsi o partecipare a convegni. A 56 anni la troviamo a Roma e poi in Sicilia.

Alla fine degli anni ’30 il governo nazista le impone di scegliere se tornare in Russia o finire in un campo di detenzione. Le sue amiche fanno in modo che ottenga un permesso di soggiorno, a condizione di riferire regolarmente le sue attività alla Gestapo.

Durante la guerra, in seguito agli attacchi aerei su Stoccarda, si rifugia in un villaggio della Foresta Nera, iniziando a scrivere la propria autobiografia.

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Negli anni del dopoguerra tiene corsi di formazione, partecipa a corsi di orientamento professionale. Anche in età più avanzata dipinge ogni giorno, a condizione che i molti obblighi, i visitatori e le fasi della malattia lo consentano.

Nel novembre 1972, la mostra Realismo russo 1850-1900 viene aperta a Baden-Baden e Margarita vi partecipa.

Muore a Stoccarda nel 1973.

Margarita è stata inizialmente soprattutto una ritrattista. La maggior parte delle sue opere sono scomparse a causa delle turbolenze della rivoluzione e delle guerre mondiali. Parte dell’opera pittorica della seconda metà della sua vita, in particolare motivi religiosi, pale d’altare, fiabe, paesaggi e ritratti sono stati parzialmente conservati. Sono sparsi in proprietà private e in varie chiese della comunità cristiana.

Le sue memorie (Il serpente verde) sono pubblicate in diverse edizioni. Non solo rappresentano una storia di sviluppo personale, ma descrivono in dettaglio il panorama di un’intera era culturale in Russia all’inizio del secolo scorso.

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Donne particolari

Ogni tanto incontro, nelle mie letture, donne particolari, che hanno avuto vite interessanti. Ho deciso quindi di aggiungere una nuova categoria al mio blog, per ricordarle.

In questo periodo, per esempio, sta girando in rete uno scritto del 1920 attribuito ad Ayn Rand:

Quando ti rendi conto che per produrre è necessario ottenere il consenso di coloro che non producono nulla; quando hai la prova che il denaro fluisce a coloro che non commerciano con merci, ma con favori; quando capisci che molti si arricchiscono con la corruzione e l’influenza, più che con il lavoro e che le leggi non ci proteggono da loro, ma, al contrario, essi sono protetti dalle leggi; quando ti rendi conto che la corruzione è ricompensata e l’onestà diventa auto-sacrificio, puoi dire, senza paura di sbagliare, che la vostra società è condannata.

La prima domanda che mi sono posta è stata: “Chi è Ayn Rand?”, seguita da “Da dove è stata tratta questa citazione?”

Ho così potuto trovare interessanti informazioni su questa filosofa, dalla vita speciale.

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Ayn Rand (Alisa Zinov’evna Rozenbaum) nasce a San Pietroburgo (Russia) nel 1905. La famiglia è di origine ebrea: il padre è farmacista e la madre lo aiuta nel lavoro. Ayn è la maggiore di tre figlie. Sin da piccola s’interessa di letteratura e cinema, iniziando a scrivere sin dall’età di 7 anni. Impara il francese, con l’insegnamento della mamma, e si abbona a una rivista che pubblica storie per ragazzi. Da adolescente si appassiona ai romanzi di Walter Scott, di Alexandre Dumas e degli scrittori romantici in genere. A 13 anni scopre Victor Hugo, di cui legge tutte le opere. All’Università di Pietroburgo studia Storia e filosofia. Ammira Dostoevskij, anche se contraria alla sua filosofia di vita. Di ideologia socialista, è contraria ai bolscevichi e vicina al moderato Kerenskij, di cui diventerà amica in esilio. Nel novembre 1917 la farmacia del padre viene requisita e la famiglia si trasferisce in Crimea.

Ayn continua a scrivere brevi storie e sceneggiature. Entra nell’Istituto di Stato per le Arti Cinematografiche nel 1924 e alla fine del 1925 ottiene un visto per visitare alcuni parenti statunitensi. Dopo una breve permanenza a Chicago, decide di non tornare più nell’URSS, sotto la dittatura staliniana. Si stabilisce a Los Angeles, per diventare sceneggiatrice, cambiando il cognome, per evitare ritorsioni alla sua famiglia e assumendo quello di Rand.

Ayn trova lavori saltuari nell’ambiente cinematografico di Hollywood e conosce un giovane attore, Frank O’Connor , che sposa nel 1929. Nel 1931 Ayn ottiene la cittadinanza statunitense.

Riesce a vendere alcune sceneggiature, che la rendono celebre. Pubblica due romanzi: Noi vivi (1936) e La vita è nostra (1938), che non ottengono grande attenzione di critica e di pubblico.

Il successo lo ottiene invece con La fonte meravigliosa, scritto in 7 anni e inizialmente rifiutato da 12 editori, perché considerato contrario al pensiero americano dominante. Il coraggio dell’editore Archibald Ogden permette l’uscita del libro, che vende ben 6 milioni di copie e ha successo mondiale.

La rivolta di Atlante è considerato il suo capolavoro ed è pubblicato nel 1957.

Ayn e il marito frequentano gli ambienti intellettuali e Ayn elabora la propria filosofia, lanciando il movimento oggettivista.

Nel 1950 la coppia si trasferisce a New York, dove nel 1951 Ayn incontra il giovane Nathaniel Branden, che ha 27 anni meno di lei, con cui forma un gruppo, Collettivo Ayn Rand, e con cui ha una relazione che durerà per anni.

Negli anni sessanta e settanta Ayn sviluppa il proprio pensiero filosofico e s’impegna politicamente.

Muore a New York nel 1982.

Una delle sue citazione preferite è di Francesco Bacone: “La natura per essere comandata va obbedita.”

Indipendentemente dalla valutazione sulle sue idee filosofiche, penso che sia una gran donna.

La citazione riportata all’inizio è nel romanzo: La rivolta di Atlante.

 

Arte al femminile (408)

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Nina Simonovich Efimova nasce a San Pietroburgo nel 1877 in una famiglia aperta e all’avanguardia. Il padre è un medico impegnato nella cura di malattie epidemiche e pediatra, la madre (diplomatasi in Svizzera) apre nel 1866 il primo asilo in Russia. La famiglia ha origini tedesco-ebraiche e vanta professionisti di valore: mercanti, dottori, compositori e accademici. Nina ha cinque fratelli.

Ha la possibilità di avere una buona istruzione. Studia arte sia in Russia che a Parigi. Dal 1897 insegna in un collegio a Tiblisi(v.foto) e tiene lezioni d’arte in una scuola privata.

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Nel 1899 va a Parigi per perfezionare la tecnica del disegno, poi torna a Mosca, seguendo sia lezioni private che i corsi della Scuola Stroganov. Nel 1901 è di nuovo a Parigi e s’interessa allo stile impressionistico. Nel 1904 la troviamo di nuovo a Mosca, presso la Scuola di Pittura, Scultura e Architettura.

Sperimenta varie tecniche: incisione, acquarello, pittura a olio, ma si appassiona soprattutto alla ideazione e realizzazione di burattini, contribuendo a far rivivere questa antica arte.

Nel 1906 sposa il compagno di studi e scultore Ivan Efimov. I due terminano gli studi della Scuola di Mosca, poi dal 1909 al 1911 Nina va a Parigi per perfezionarsi con Henri Matisse.

Nel 1912 i due coniugi si trasferiscono a Lipetsk (v.foto), trascorrendo alcuni mesi nella tenuta della famiglia Efimov.

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Le opere di questo periodo si caratterizzano per i colori vivaci e la rappresentazione principalmente del mondo contadino.

Sin da bambina Nina mette in scena spettacoli di burattini, poi le sue storie diventano così gradite, che lei e il marito nel 1918 diventano i primi burattinai professionisti in Russia, creando un teatro apposito. Studia il modo per rendere sempre più realistici i suoi burattini, pubblica libri sull’argomento, insegna tecnica per la costruzione di marionette.

Durante la prima guerra mondiale lavora in un ospedale mobile: cerca di fermare nei dipinti gli sforzi coraggiosi dei soldati.

Tra il 1920 e il 1940 la coppia si esibisce in oltre 1500 spettacoli, spostandosi in tutta la Russia. Con il loro lavoro cercano di aiutare le persone a dimenticare le carestie e le violenze del tempo. Si esibiscono in ospedali per bambini e manicomi, in contesti di povertà e degrado.

Viaggiando per il suo lavoro teatrale, Nina osserva le persone che incontra, soprattutto nelle campagne, e continua a dipingere questi soggetti; rappresenta molte donne nei loro costumi tradizionali, oltre a paesaggi e a strutture architettoniche.

Una delle sue opere più famose, Note di un petrushkanista fornisce dettagli delle sue esibizioni e teorie, insieme a disegni e testi delle sue opere teatrali. Nel 1930, parla alla prima Conferenza sovietica dei teatri dell’URSS, presentando le sue idee sul pupazzo. Nega le affermazioni secondo cui i burattini sono come automi senza vita, sostenendo che il burattinaio deve convincere il pubblico che sia vivo. L’abilità nel creare vitalità  nei burattini implica un’intima connessione tra burattino e burattinaio. Molte le tecniche adottate per rendere i suoi pupazzi sempre più mobili. Le innovazioni permettono ai suoi burattini finemente formati, elegantemente rivestiti, di muoversi in modo naturale, piuttosto che con i movimenti rigidi e a scatti dei loro predecessori.

In seguito alle turbolenze politiche, nel 1935 gli Efimov lasciano Mosca e vanno in Crimea. Nina dipinge principalmente paesaggi, ma la sua passione per il teatro la spinge a tenere corsi sul teatro “d’ombra”. Lavora come designer d’interni e si occupa di architettura.

Quando scoppia la seconda guerra mondiale, gli Efimov rimangono a Mosca.

Nina si offre come volontaria nell’ospedale militare di Lefortovo (v.foto) e scrive lettere alle famiglie e ai compagni dei feriti. In una serie di disegni chiamati “The Wounded”, fa ritratti dei soldati, evidenziandone il coraggio.

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La sera, la coppia lavora sui burattini, preparando concerti e spettacoli per le truppe, basati su temi storici e patriottici. Permettono agli artisti di rifugiarsi nella loro casa e di tenere un orto nel loro giardino.

Nina muore a Mosca nel 1948.

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Letture per “evadere”

In questo periodo, come succede a tanti, non riesco a dedicarmi a letture “impegnative”. Mi sono concentrata sui gialli e ho letto alcuni romanzi di Mary Higgins Clark, prolifica scrittrice americana, con ben 56 bestseller prodotti,  che hanno venduto milioni di copie.

Anche la vita di questa scrittrice è un po’ un romanzo.

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Mary Higgins nasce nel Bronx di New York nel 1927. Non ha una vita facile. La sua è una modesta famiglia di origini irlandesi. Dice di “essersi ammalata” di scrittura da bambina: a 6 anni compone la prima poesia e dai 7 anni tiene costantemente un diario. A 10 anni le muore il padre e la madre Nora deve affittare le camere dei figli, per far fronte alle necessità della famiglia. Finite le scuole di base, Mary ottiene una borsa di studio per un istituto privato. Gli insegnanti la incoraggiano a dedicarsi alla scrittura, ma a 16 anni deve andare a lavorare per aiutare la famiglia. Fa la centralinista in un hotel, poi la baby -sitter. I soldi non bastano e la famiglia deve trasferirsi in un piccolo appartamento. Un fratello si ammala gravemente e un altro, arruolatosi in marina, muore di meningite. Mary si iscrive alla Wood Secretary School con una borsa di studio parziale e, completati i corsi, diventa segretaria in un’agenzia pubblicitaria, quindi hostess per la Pan American Airlines.

Nel 1949 sposa Warren Clark e lascia per un po’ il lavoro. Un corso di scrittura alla New York University la induce ad affrontare situazioni personali chiedendosi: “Supponi che…? e “”Cosa succederebbe se…?”, aggiungendo un “Perchè?”, domande che stanno alla base dei suoi libri.

La situazione economica migliora, ma nel 1959 al marito viene diagnosticata una malattia cardiaca e deve lasciare il lavoro. Mary inizia a scrivere sceneggiati per la radio.

Rimane vedova a 37 anni, con 5 figli a carico, ma continua a studiare e s’iscrive alla facoltà di filosofia, laureandosi con il massimo dei voti.

Nel 1975 esce il suo primo libro, Dove sono i bambini, che arriva a 75 ristampe. Da quel momento la scrittura diventa la sua principale attività.

Nel 1996 si risposa con un ex manager e si stabilisce nel New Jersey.

Nel 2000 viene scelta come Grand Master fra gli scrittori di misteri americani agli Edgar Awards. Diventa nel 1987 la presidente dei Mystery Writers of America e nel 1988 Presidente del Congresso dei Crimini Internazionali.
Ha ricevuto molti riconoscimenti e vari dottorati.

Muore il 31 gennaio 2020, a 92 anni, in Florida.

Le protagoniste dei suoi libri sono spesso donne. Il successo dei suoi romanzi si deve alla sapiente combinazione di rosa e thriller, nonché all’efficace caratterizzazione dei personaggi.

Da me letti:

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Sarai solo mia : Susan Chandler, ex vice-procuratore distrettuale, poi diventata psicologa, s’interessa della scomparsa di Regina Clauser, una consulente finanziaria di successo, sparita durante una crociera. Aver ricordato questo evento durante una trasmissione radiofonica scatena una serie di fatti, che portano Susan alla ricerca di un assassino spietato e imprevedibile…Un anello di turchesi con una scritta all’interno, che dà il titolo alla storia, è l’elemento che unisce vari delitti.

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Ricordatevi di me: una nota scrittrice per l’infanzia, Menley Nichols, ha perso il figlioletto di 2 anni, Bobby, in un tragico incidente. Dopo una grave depressione, sembra aver ritrovato serenità dopo la nascita della figlioletta Hannah. Quando la famiglia decide di passare le vacanze in una splendida casa a Cape Cod, Menley avverte strani fenomeni, che la portano a rispolverare la vicenda degli abitanti dell’antica dimora. Menley si appassiona alla dolorosa vicenda di una giovane donna ingiustamente accusata di adulterio alla fine del ‘700 e “remember, remember…” sembra sussurrare la casa nella tempesta…

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Bella al chiaro di luna: Maggie, fotografa di successo, rivede dopo anni la matrigna Nuala, cui era molto legata, ma che aveva perso di vista dopo la separazione dal padre. Invitata da quest’ultima per un fine settimana, la trova morta. Avvia un’indagine parallela a quella della polizia e trova strani legami con altre morti avvenute in una casa di riposo…uno strano rituale permette di collegare i diversi fatti…

Le trame sono sempre avvincenti ed intriganti, la scrittura leggera e fluente. Non manca poi la sorpresa finale!

 

 

 

Arte al femminile (407)

Quella che ricordo è un’artista che in pieno regime staliniano riesce ad affermarsi e a mantenere una certa autonomia creativa, il che denota forza di carattere, grande tempra.

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Vera Mukhina nasce a Riga nel 1889 in una ricca famiglia di mercanti. Il padre possiede una panetteria più vari beni immobili, la madre è brava nel canto, compone poesie e disegna. Purtroppo Vera rimane orfana della mamma quando ha solo 11 mesi. Essendo morta la moglie di tubercolosi, il padre decide di trasferirsi con le figlie al mare, a Feodosia (nota con il nome di Caffa), in Crimea, ritenendo il clima più salubre.

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Anche il padre muore quando le due figlie sono ancora adolescenti e le due ragazze sono prese in custodia dagli zii e si trasferiscono a Mosca. Quando è a Mosca, Vera ha la possibilità di studiare e frequentare diverse scuole d’arte private.

Nel 1912 si reca a Parigi per seguire i corsi dell’Accademia “de la Grande Chaumière”. Questa scuola è fondata nel 1904 dal pittore catalano Claudio Castelucho. Sua caratteristica è il basso costo delle tasse: vi si insegnano pittura e scultura, senza le rigide regole accademiche. Diventa studentessa anche del grande Rodin.

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Nel 1914, tornata in Russia, si dedica per tre anni al lavoro di infermiera, a causa della guerra. A 29 anni sposa il medico militare Alexei Zamkov, da cui ha il figlio Vsevolod. Il marito è un bravo chirurgo e un ottimo endocrinologo, ma il suo lavoro scientifico è spesso contrastato dalle autorità.

Vera si dedica come professionista all’attività artistica, si specializza nella scultura e diventa una delle più importanti figure in questo campo. Alterna la realizzazione di sculture cubiste con altre che seguono il realismo socialista. Insegna in una scuola statale e nel frattempo lavora su commissione per monumenti ufficiali e sculture architettoniche.

I suoi interessi variano: sperimenta l’utilizzo del vetro per busti di figure, la scultura policromatica, decora mostre, fa disegni industriali e disegna abiti, tessuti, porcellane e costumi teatrali per il teatro Vakhtangov di Mosca.

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Nell’ideazione dei costumi teatrali si slancia maggiormente nella composizione fantastica.

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Nel 1937 una sua opera è il fulcro del padiglione sovietico all’Esposizione Internazionale di Parigi. Per la prima volta l’URSS viene invitata a questo evento e Stalin vuole fare buona impressione. Vera realizza l’opera “L’operaio e la kolkhoziana”, statua alta 24,5 metri, con un muscoloso operaio in tuta da lavoro e un’ altrettanto fiorente contadina che tengono in mano la falce e il martello, simboleggiando l’unione tra operai e contadini in Russia.

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All’Expo di Parigi URSS e Germania nazista si trovano con i padiglioni monumentali piazzati direttamente uno di fronte all’altro: davanti alla scultura di Vera si erge il monumento tedesco progettato dall’architetto del nazismo, Albert Speer, che ricorda nella forma un’enorme III (=terzo reich), sormontato da un’aquila con una svastica. Alla fine padiglione tedesco e sovietico ottengono il Gran premio dell’Expo ex aequo.

L’opera di Vera diventerà nel 1947 l’emblema degli studi cinematografici della Mosfilm.

Nel 1938 il marito è di nuovo oggetto di repressione e viene chiuso il suo laboratorio di ricerca. Nel 1942 Vera rimane vedova.

Per la sua intensa attività vince per 5 volte il Premio Stalin e nel 1943 è nominata artista popolare dell’URSS. Cerca di difendere, con la sua fama ufficialmente riconosciuta, antichi monumenti, come il Monumento alla Libertà di Riga, che si voleva demolire per far posto a una statua di Stalin.

Nel 1953 viene pubblicato il suo libro “Pensieri di uno scultore”.

Muore a Mosca nel 1953 a 64 anni.

A lei è dedicato il Museo di Vera Mukhina a Feodosiya (Crimea) e una via nella città di Klin.

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Viene soprannominata “la regine della scultura sovietica”.

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Voci del passato

In ogni tempo ci sono personaggi singolari e coraggiosi, che ci sono di conforto ed esempio.

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Christine de Pizan, o anche Christine de Pisan, nata Cristina da Pizzano, nasce a Venezia nel 1365.

Viene riconosciuta come la prima scrittrice di professione europea, nonché storica. Il padre, Tommaso di Pizzano, era di origini bolognesi, si era laureato in medicina e aveva praticato l’astrologia. Ottenuto un certo prestigio come astrologo, viene chiamato a corte dal re di Francia Carlo V e si stabilisce in Francia con la moglie e i tre figli: Christine, Paolo e Aghinolfo. Questo permette a Christine di crescere in un ambiente intellettualmente vivace.

Il padre le fa avere un’educazione letteraria e filosofica, Christine può frequentare la fornitissima Biblioteca Reale del Louvre. Compone poesie e ballate apprezzate a corte.

A 15 anni sposa Etienne de Castel, notaio e segretario del re, da cui ha tre figli. Il matrimonio è felice e quando rimane vedova Chrstine esprime il suo dolore in varie poesie, di cui la più famosa è Seulete sui.

In poco tempo la sua situazione si capovolge: oltre al marito, muoiono il re Carlo V, suo protettore e il padre. Da sola, con una madre malata e tre figli, deve assumere la responsabilità di mantenere la famiglia.

Organizza una bottega di scrittura, con maestri calligrafi, rilegatori e miniatori specializzati in libri di lusso, che le sono commissionati da nobili e reali.

Compone in due anni Le livre des cent ballades , che ottiene grande successo.

Scrive moltissimo, aiutata da grande facilità di scrittura: tra gli altri Le Livre de Corps de Police, in cui incoraggia i principi ad aiutare le donne rimaste vedove (chiaro il riferimento alle sue vicende personali), l’autobiografico L’Avision-ChristineL’Epistre au Dieu d’Amours, in cui condanna chi usando l’amore inganna e diffama le donne, Le Livre de Trois Vertus, ideale continuazione de La Città delle Dame, nel quale incoraggia le donne a essere forti e a uscire dagli stereotipi sessuali.

Christine presenta una società utopica e allegorica in cui la parola dama indica una donna non di sangue nobile, ma di spirito nobile. Nella città fortificata e costruita secondo le indicazioni di Ragione, Rettitudine e Giustizia, racchiude un elevato numero di sante, eroine, poetesse, scienziate, regine ecc. che offrono un esempio dell’enorme, creativo e indispensabile potenziale che le donne possono offrire alla società.

Nella Città delle dame elenca esempi di donne importanti nella storia dell’umanità. Centrale nella Città delle Dame è il tema dell’educazione femminile, che Christine sente come fondamentale. L’impossibilità di studiare, unita all’isolamento tra le mura domestiche, ha causato la presunta inferiorità femminile e la sua assenza dalla scena culturale. Compone inoltre una biografia nel 1404 del re Carlo V, riportando eventi di cui è stata testimone e consultando fonti bibliografiche.

«una donna intelligente riesce a far di tutto e anzi gli uomini ne sarebbero molto irritati se una donna ne sapesse più di loro»

A 53 anni Christine si ritira in un convento. Dopo undici anni di silenzio scrive il suo ultimo lavoro. il primo entusiastico poema su Giovanna D’Arco e l’unico a essere composto mentre è ancora viva.

La data della morte è sconosciuta, ma dovrebbe aggirarsi intorno al 1430, nel monastero di Poissy.

 

(FR)

«Seulete sui et seulete vueil estre
Seulete m’a mon douz ami laissiee;
Seulete sui, sanz compaignon ne maistre
Seulete sui, dolente et courrouciee,
Seulete sui, en langueur mesaisiee,
Seulete sui, plus que nulle esgaree,
Seulete sui, sanz ami demouree.
Seulete sui a uis ou a fenestre,
Seulete sui en un anglet muciee,
Seulete sui pour moi de pleurs repaistre,
Seulete sui, dolente ou apisiee;
Seulete sui, rien n’est qui tant messiee;
Seulete suis, en ma chambre enserree,
Seulete sui, sanz ami demouree.
Seulete sui partout et en tout estre;
Seulete sui, ou je voise ou je siee;
Seulete sui plus qu’aultre riens terrestre,
Seulete sui, de chascun delaissiee,
Seulete sui durement abaissiee,
Seulete sui, souvent toute esplouree,
Seulete sui, sanz ami demouree.
Prince, or est ma douleur commenciee:
Seulete sui, de tout deuil manaciee,
Seulete sui, plus teinte que moree:
Seulete sui, sanz ami demouree.»

(IT)

«Sono sola, e sola voglio rimanere.
Sono sola, mi ha lasciata il mio dolce amico;
sono sola, senza compagno né maestro,
sono sola, dolente e triste,
sono sola, a languire sofferente,
sono sola, smarrita come nessuna,
sono sola, rimasta senz’amico.
Sono sola, alla porta o alla finestra,
sono sola, nascosta in un angolo,
sono sola, mi nutro di lacrime,
sono sola, dolente o quieta,
sono sola, non c’è nulla di più triste,
sono sola, chiusa nella mia stanza,
sono sola, rimasta senz’amico
Sono sola, dovunque e ovunque io sia;
sono sola, che io vada o che rimanga,
sono sola, più d’ogni altra creatura della terra
sono sola, abbandonata da tutti,
sono sola, duramente umiliata,
sono sola, sovente tutta in lacrime,
sono sola, senza più amico.
Principi, iniziata è ora la mia pena:
sono sola, minacciata dal dolore,
sono sola, più nera del nero,
sono sola, senza più amico, abbandonata.»

 

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Arte al femminile (406)

L’arte e la bellezza consolano sempre e comunque…Altra artista russa!

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Tamara de Lempicka rappresenta l’esempio di una pittrice diventata famosa oltre che per le doti artistiche per la bellezza e le vicende mondane, abilmente costruite.

Viene definita in vari modi: la baronessa col pennello, la regina dell’Art Decò, un simbolo della liberazione delle donne…

Nasce come Maria Gurwik-Gorska non si sa se a Varsavia nel 1902 o a Mosca nel 1898. I genitori divorziano e pare che il padre si sia suicidato, fatto sta che Tamara viene cresciuta dalla nonna, che la porta con sé nei numerosi viaggi. Studia tra la Svizzera e la Polonia e impara ben presto a dipingere con gli acquarelli. Con la nonna viaggia per l’Italia e la Francia, osservando molte opere d’arte. Si trasferisce a Pietroburgo contro la volontà dei familiari e si distingue negli eventi mondani. Ad una festa, in cui si presenta travestita da pastorella polacca con un’oca al guinzaglio, colpisce il ricco avvocato Tadeusz Lempicki, che ben presto la sposa. L’inquieta Tamara conosce la sera stessa delle nozze un diplomatico, di cui diventa l’amante al ritorno dal viaggio di nozze. Il matrimonio si caratterizza per i tradimenti di entrambi i coniugi e non è felice, però quando il marito nel 1918 viene arrestato dai bolscevichi per la sua adesione alla corrente controrivoluzionaria, Tamara usa tutte le proprie doti seduttive e le proprie conoscenze per farlo liberare. I due si separano nel 1928, nonostante la nascita di una figlia, Marie Cristine.

Una volta rimasta libera Tamara si distingue come pittrice, ma soprattutto per lo stile di vita scandaloso per i tempi e fatto di eccessi: viaggia, ama i gioielli e il lusso, fa uso di cocaina, indossa a volte abiti maschili e non nasconde il fatto di essere bisessuale, intessendo parecchie relazioni. Quando dipinge ascolta a tutto volume la musica di Wagner. Appare spesso sulle copertine delle riviste patinate e sembra una diva di Hollywood.

Ottiene grande successo come pittrice, dipingendo un mondo fatto di lusso e mondanità, con donne sensuali, uomini eleganti, paesaggi di località rinomate.

Conquista Filippo Tommaso Marinetti e D’Annunzio, che la ospita nella sua villa sul lago di Garda, ma a cui Tamara non si concede.

Inquieta, è sempre in viaggio per l’Europa, esponendo con successo soprattutto in Francia. Sposa il barone Raoul Kuffner, di cui è l’amante da anni, e si trasferisce a New York quando Hitler invade la Polonia. Il matrimonio dura poco e quando l’ex marito si risposa, Tamara, il cui fisico incomincia a decadere, va in depressione. Il nuovo stato d’animo le fa riscoprire la religione. Dipinge nature morte in stile surrealista e soprattutto soggetti religiosi. Il pubblico e la critica non apprezzano questo cambiamento e viene dimenticata per un po’ di anni.

Nel 1972, quando Tamara ha 74 anni, un gallerista francese la convince a organizzare una mostra, che le restituisce la fama.

Nel 1978 si trasferisce a Cuernavaca in Messico e sposa uno scultore molto più giovane di lei.

Muore nel 1980: esprime la volontà di essere cremata e che le sue ceneri siano sparse su un vulcano.

I suoi quadri sono stati acquistati da collezionisti famosi, come la popstar Madonna, la cantante Barbra Streisand e l’attore Jack Nicholson.

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Arte al femminile (405)

Sono ancora nella Russia del primo Novecento.

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Zinaida Serebrjakova nasce nel 1884 nella tenuta di Neskucnoe, nei pressi di Kharkov, in Ucraina.

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La sua raffinata famiglia vanta una lunga tradizione in campo artistico. Il nonno è un celebre architetto, lo zio un famoso pittore, il padre uno scultore di fama e la madre talentuosa nel disegno.

Nel 1900 si diploma presso un liceo femminile e inizia a frequentare la Scuola d’Arte di San Pietroburgo, fondata dalla Principessa Maria Tenisheva, artista, educatrice, filantropa e collezionista. A lei si deve anche la fondazione della Scuola di Disegno di Smolensk, di un collegio per l’artigianato, oltre a vari laboratori artistici e industriali.

Tra il 1902 e il 1903 Zinaida trascorre un periodo in Italia e dal 1905 al 1906 studia presso l’Accademia Grande Chaumère di Parigi.

Nel 1905 sposa un cugino, Boris Serebriakov, figlio della sorella del padre.

I soggetti preferiti sono la campagna russa e la gente contadina, verso cui dimostra grande attenzione.

Una mostra organizzata dall’Unione degli Artisti Russi la fa conoscere al grande pubblico. Si distingue anche per l’abilità nei ritratti.

Nel 1911 si unisce al movimento Mir iskusstva (v.n.404), ma “si distingue dagli altri membri del gruppo a causa della sua preferenza per i temi popolari e per l’armonia, la plasticità e per la natura dei suoi dipinti”.

Continua a specializzarsi nello studio dall’ambiente russo.

Con il tempo, dopo aver letto resoconti di viaggi, si appassiona ai paesi dell’Oriente: India, Giappone, Turchia e Thailandia, raffigurando soprattutto donne.

La rivoluzione d’ottobre del 1917 sconvolge la sua vita. Il marito viene arrestato e muore di tifo in carcere. Zinaida rimane senza alcun reddito, con quattro figli piccoli e la madre malata. La tenuta di famiglia viene saccheggiata e le condizioni diventano drammatiche. Trova un impiego presso il museo archeologico di Kharkov , eseguendo disegni a matita dei pezzi esposti.

In seguito si trasferisce in casa dei nonni a San Pietroburgo, quindi viene alloggiata con gli artisti del Teatro d’Arte di Mosca. In questo periodo di conseguenza dipinge soggetti del mondo del teatro. La figlia viene ammessa all’Accademia di Danza, per cui anche la danza stimola la sua inventiva.

Nel 1924 Zinaida si reca a Parigi, per una commissione e al momento del rientro in patria questo le viene precluso. Con grande difficoltà riesce a farsi raggiungere dai due figli piccoli, mentre i due più grandi non li rivedrà che dopo anni.

Inizia a viaggiare. Si reca in Marocco e, affascinata dai paesaggi e dalla gente, li riproduce nei suoi quadri.

Nel 1940, durante l’occupazione nazista della Francia, deve rinunciare alla cittadinanza russa e diventa cittadina francese. Solo nel 1960, grazie al disgelo dell’era Nikita Krusciov, riesce a tornare in patria.

Nel 1966 espone a Mosca, Leningrado e Kiev, ottenendo grande successo.

Nel 1967 muore a Parigi, a 82 anni.

Le sue figure femminili hanno una specie di “monumentalità” e grande fascino.

Molteplice la sua produzione.

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Arte al femminile (404)

L’arte, in ogni momento storico, ha continuato il suo cammino di espressività e bellezza. Rimanendo nella Russia dei primi anni del Novecento, si rimane colpiti dalla vivacità culturale, in un momento particolarmente difficile dal punto di vista sociale e politico. Le artiste donne godono di una libertà di movimento non riscontrabile in altri stati, come ad esempio l’Italia.

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Anna Petrovna Ostroumova- Lebedeva nasce a San Pietroburgo nel 1871 nella famiglia di un alto ufficiale, che successivamente diventerà senatore. Studia dal 1885 al 1892 alla Scuola Centrale di Disegno Tecnico del barone Alexander Stieglitz, poi all’Accademia Russa di Belle Arti di San Pietroburgo dal 1892 al 1900.

La creazione della Scuola Stieglitz è associata alla rapida crescita della produzione industriale, che caratterizza i paesi europei verso la seconda metà dell’Ottocento. I consumatori sono interessati a un prodotto che oltre che utile sia anche bello.

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Anche l’Accademia Russa di Belle Arti viene istituita nel 1757 per iniziativa di un nobile, il conte Ivan Suvalov, su ordine di Elisabetta I di Russia.

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Anna partecipa alla creazione, nel 1899, del gruppo Mir Iskusstva e della rivista omonima. Questa è un’associazione di artisti e letterati, che propongono un rinnovamento dell’arte, collegandosi alle esperienze delle grandi capitali europee, contrassegnate dall’art nouveau, dal simbolismo e dalla sintesi delle arti (teatro, decorazione e illustrazione di libri).

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Espone le sue opere in tutte le mostre collettive tra il 1900 e il 1906.

Si reca in Italia, Spagna e Francia per acquisire nuove tecniche artistiche. Tornata in Russia, si impegna per far rinascere la tradizione russa dell’incisione a colori su legno.

Viaggia in numerose città dell’impero ed è presente alla Prima Fiera Internazionale di Odessa.

S’interessa alla riproduzione di “paesaggi storici”, raffigurando l’architettura classica e barocca di San Pietroburgo, resa con segni delicati e accurate sintesi prospettiche.

I suoi disegni e acquarelli evidenziano l’adesione all’impressionismo: dipinge paesaggi degli stati europei che ha visitato.

Di particolare pregio anche le sue xilografie.

Nel 1905 sposa il chimico Sergeu Vesilyevich Lebedev.

Nel 1916 si tiene a San Pietroburgo la sua prima mostra personale.

Dopo la rivoluzione d’ottobre del 1917 Anna diventa membro della Commissione di Esperti del Commissariato Nazionale dell’Educazione.

Nel 1918-1922 insegna presso l’Istituto Superiore di Fotografia e Tecnica Fotografica e dal 1934 all’Istituto di Pittura, Architettura e Scultura di Leningrado.

Si sperimenta anche nel ritratto.

Nel 1946 riceve il titolo di Artista Popolare della Repubblica Federativa Sovietica Russa e nel 1949 diventa membro dell’Accademia delle Arti dell’URSS.

Scrive un libro di memorie: Note autobiografiche.

Muore a San Pietroburgo nel 1955.

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