Arte al femminile (370)

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Ida von Schulzenheim nasce nel 1859 a Stora Skevdi (cittadina a nord-ovest di Stoccolma) in Svezia. La sua è una ricca famiglia, in quanto il padre è barone, parlamentare e proprietario terriero.

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Studia all’Istituto Tecnico di Stoccolma dal 1877 al 1878. Anche lei segue il classico iter formativo delle artiste del tempo: preparazione presso l’Accademia Reale di Belle Arti (1878-1884) e perfezionamento a Parigi presso una scuola privata, dopo aver vinto una borsa di studio (1891-1893). Impara la tecnica dell’incisione, oltre a migliorare quella pittorica. Le sue opere vengono valutate da subito positivamente, tanto da ricevere riconoscimenti ufficiali sia a Parigi che a Stoccolma.

Nel 1893 è alla Fiera Colombiana di Chicago, con altre artiste del suo paese.

Fonda nel 1910 la Società delle Artiste Svedesi e ne diventa primo presidente. Il suo obiettivo non è tanto insistere sulle discriminazioni di genere, molto forti in campo artistico, ma farne una questione di merito, per cui le donne pittrici vanno considerate non in quanto donne, ma solo come artiste. In particolare lotta contro il dominio maschile nelle mostre e vuole implementare le esposizioni femminili. Nel 1911 si tiene la prima mostra pubblica di sole pittrici e sono ben 180 le partecipanti. Poiché la critica d’arte è pure in mano agli uomini, pubblica la rivista Art, che esce nel 1911.

Ama l’arte popolare e la sua villa è piena di oggetti artigianali raccolti girando per la Svezia. Nel 1913 diventa presidente dell’Associazione Artigiani.

Dipinge paesaggi e animali, in particolare predilige i cani. Sceglie spesso questo soggetto, che raffigura anche su cuscini di velluto o sedie.

Muore a Stoccolma nel 1940.

Sue opere si trovano Al Museo Nazionale di Stoccolma, nella Biblioteca Reale, al Museo Gävle e al Museo Östergötland.

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Arte al femminile (369)

Come ha senz’altro notato chi ha modo di leggere quello che scrivo, mi soffermo soprattutto su artiste straniere. Il motivo fondamentale è che nell’Ottocento (e anche in altri periodi storici su cui mi sono soffermata) all’estero, soprattutto nei paesi nordici, le pittrici possono operare come professioniste autonome. In Italia purtroppo, come più volte rilevato, esistono pregiudizi nei confronti delle donne artiste e l’attività di queste si svolge prevalentemente in botteghe a carattere familiare. La società italiana ha un’impostazione giuridica sfavorevole alle donne, che hanno un ruolo secondario precostituito dalle norme. Le più indocili vivono situazioni di emarginazione sociale. Emblematico è il fatto che alla Fiera Colombiana di Chicago del 1893 (v.n.327), prima vetrina internazionale dell’arte al femminile, partecipi solo un’artista italiana, Maria Martinetti (v.n.300), in contrasto con la numerosa rappresentanza da altri stati. Considerando l’importanza dell’Italia in campo artistico, questo è un dato molto significativo.

Sono ancora in Svezia, nel mio ricordo delle pittrici dell’’800… Pochi dati biografici di artiste rimaste nell’ombra.

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Ellen Jolin nasce a Stoccolma (Svezia) nel 1854. Studia all’Accademia Reale Svedese di Belle Arti e in seguito a Parigi all’Accademia Julian. Espone a Parigi, Vienna e Berlino. Nel 1893 è all’Esposizione della Fiera Colombiana di Chicago.

Muore a Stoccolma nel 1939.

Nature morte, paesaggi e scene di genere sono i suoi temi preferiti. Lavora molto con l’acquarello, con tinte delicate e si occupa anche di illustrazioni di libri.

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Elisabeth Keyser nasce nel 1851 a Stoccolma. Studia anche lei presso l’Accademia Reale Svedese di Belle Arti a Stoccolma. Dal 1878 al 1879 è a Parigi, per migliorare la propria tecnica con maestri importanti. Dal 1890 al 1896 studia di nuovo a Stoccolma.

Espone al Salon di Parigi dal 1882 al 1884 e dal 1887 al 1890. Nel 1893 la troviamo alla Fiera Colombiana di Chicago. Muore a Stoccolma nel 1898.

Elisabeth è una brava ritrattista e illustratrice di libri.

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Libri per capire

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Nella notte di Concita De Gregorio è un libro originale e coraggioso. Il titolo prende spunto da quanto ogni giorno ci riporta la cronaca politica, ossia che tutte le decisioni politiche importanti vengono prese di notte, nell’oscurità, quando la gente normale dorme e non può seguire tutto in diretta. Il suo è un quadro desolante sulla politica italiana, in cui si possono salvare solo i singoli, con il giudizio e la coerenza personali.

Nora, la protagonista, si è laureata all’Università di Pisa con una tesi su un argomento particolare: la mancata elezione di un uomo politico come Presidente della Repubblica, per una specie di complotto fatto di notte in un ristorante della città. Nella stessa notte viene trovato morto, nella palazzina in cui si svolge la riunione, un ventenne, apparentemente ucciso da una overdose. Il fatto suscita l’interesse di Nora, che in seguito accetta di lavorare in un prestigioso centro studi di Roma. Qui ritrova la sua amica d’infanzia, Alice, che le spiega come svolgere il lavoro.

In questo centro studi si devono raccogliere informazioni, foto ecc. il tutto da poter usare in vario modo, anche per stroncare carriere, far cambiare partito o eliminare nemici di vario genere. Emerge come vi siano notizie usate come “armi di distrazione di massa”, declamate in tutti i modi, mentre quelle importanti passano sotto traccia.

S’ intrecciano due indagini fatte da Nora, una sul fatto politico, una su quello di cronaca nera, ma la verità è difficile da raggiungere.

Nora non accetta compromessi …

Abbiamo il quadro duro e spietato di un uso distorto e mendace delle informazioni, che possono muovere le scelte politiche degli italiani e assegnare le poltrone del potere.

La politica viene descritta in modo critico e disincantato, soffermandosi sui “giochi” che la contraddistinguono.

La scrittura è febbrile, nervosa, come l’intreccio.

Un libro importante, per riflettere sulla realtà e sulle possibilità del singolo di trovare una propria giusta difesa.

Concita De Gregorio, giornalista, scrittrice, conduttrice, donna di grande professionalità e libertà intellettuale, è stata a Repubblica dal 1990 al 2008, poi direttore de L’Unità dal 2008 al 2011, è rientrata a Repubblica come editorialista. Laureata in Scienze Politiche all’Università di Pisa, ha unito l’impegno giornalistico all’attività di narratrice, è autrice di numerosi libri tra cui “Non lavate questo sangue” (Laterza, 2001), “Una madre lo sa” (Mondadori, 2006), “Così è la vita”(Einaudi, 2011), “Io vi maledico” (Einaudi, 2013). Nel 2015 ha pubblicato “Mi sa che fuori è primavera” (Feltrinelli), mentre nel 2016 sono usciti “Cosa pensano le ragazze” (Einaudi), legato al progetto omonimo apparso su Repubblica.it, e “Non chiedermi quando. Romanzo per Dacia” (Rizzoli). Per tre anni ha condotto su Rai Tre la trasmissione televisiva “Pane quotidiano” dedicata ai libri. Poi, sempre su Rai Tre, ha fatto “Fuori Roma” e “Da Venezia è tutto” programmi da lei ideati. Dal lunedì al venerdì, dalle 11 alle 12, conduce con Daniela Amenta “Cactus, basta poca acqua” su Radio Capital. “Nella notte” è il suo ultimo romanzo.

Arte al femminile (368)

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Hanna Hirsch Pauli nasce nel 1864 a Stoccolma, una degli otto figli dell’editore musicale Abraham e di Pauline Meyerson. La famiglia è di origine germanica e aveva ottenuto la cittadinanza svedese nel 1821. Hanna viene nominata nei testi d’arte come amica della più famosa Eve Bonnier (v.n.302), con cui frequenta la scuola di pittura di August Mailmström e la Royal Swedish Academy of Arts di Stoccolma. Dal 1885 al 1887 è a Parigi, all’Accademia Colarossi e condivide uno studio con l’amica Eve. La maggior parte dei giovani artisti iscritti all’Accademia Colarossi cerca una via di mezzo tra la rottura con la pittura accademica e le correnti innovative. Hanna stringe numerose amicizie con altre artiste provenienti come lei dai paesi nordici. La vita a Parigi non è facile e molti sono i sacrifici che devono essere fatti per poter studiare.

Hanna inizia a esporre e riceve riconoscimenti ufficiali.

Nel 1887 sposa il pittore Georg Pauli (ritrattista e autore di numerosi libri d’arte) e per un anno gira per l’Italia. La coppia si stabilisce in Svezia.

Nel 1889 è all’Esposizione Universale di Parigi.

La troviamo a Chicago per la Fiera Colombiana del 1893.

Muore a 76 anni, nel 1940, a Solna.

Il suo stile si avvicina a quello degli impressionisti, che rielabora in modo personale. Dipinge soprattutto ritratti, prendendo modelli dal suo entourage.

Sue opere si trovano nel Museo Nazionale di Stoccolma.

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Arte al femminile (367)

Dopo una parentesi dedicata a due grandi fotografe, torno alle artiste presenti alla Fiera Colombiana di Chicago del 1893, grande vetrina per le artiste di fine Ottocento.

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Emma Chadwick (Hilma Amalia Löwstädt) nasce a Stoccolma nel 1855. Il padre ha una sartoria. Emma inizia la sua formazione artistica alla Technical School, studia poi alla Royal Swedish Academy of Fine Arts dal 1874 al 1880. Anche lei, come tante artiste dei paesi nordici, s’iscrive all’Accademia Julian di Parigi ed espone al Salon. Si trova con altri artisti svedesi nella colonia di Grez-sur-Loing (comune nel dipartimento di Senna e Marna) e qui conosce il pittore Francis Brooks Chadwick, che sposa. Il marito è nato a Boston, ha studiato ad Harvard, ha seguito anche lui i corsi dell’Accademia Julian e ha trascorso un po’ di anni ad Haarlem. Hanno molti interessi in comune e amano il paesaggio di questa parte della Francia.

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I due comprano una locanda che diventa luogo d’incontro per altri artisti emigrati come loro in Francia. In seguito la coppia acquista una villa, sempre in questo bel paese e vi rimane per il resto della loro vita. Emma viaggia molto: va in Spagna, Italia, Inghilterra, Stati Uniti e nord Africa.

Come pittrice si specializza in scene di genere e ritratti, ma poi passa alle incisioni entrando a far parte della società creatasi in Svezia nel 1910, per raccogliere i maestri in questa particolare arte.

Nel 1893 troviamo anche lei alla Fiera Colombiana di Chicago, importante esposizione per le donne artiste del tempo.

Continua a esporre a Parigi sino al 1924.

Muore ad Avignone nel 1932.

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Arte al femminile (366)

Avendo ricordato Eve Arnold (v.n.365), non si può non parlare di un’altra importante fotografa, anche lei entrata nella celebre agenzia fotografica Magnum Photos, in un periodo in cui l’accesso a questa era riservato solo agli uomini.

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Inge Morath è stata nel passato agli onori della cronaca più per avere sostituito Marilyn Monroe nel cuore dello scrittore Arthur Miller, diventandone moglie e compagna di vita, più che per le sue doti di straordinaria fotografa.

Le celebri fotografie realizzate durante i suoi viaggi, o gli intensi ritratti in grado di catturare le intimità più profonde dei suoi soggetti, si accompagnano a una vivacità intellettuale, che si alimenta di amicizie con celebri scrittori, artisti, grafici e musicisti. Ogni reportage di viaggio e ogni incontro viene da lei preparato con cura maniacale. La sua conoscenza di diverse lingue straniere le permette di analizzare in profondità ogni situazione e di entrare in contatto diretto e profondo con la gente.

Inge dice: “Ti fidi dei tuoi occhi e non puoi fare a meno di mettere a nudo la tua anima”.

Inge nasce a Graz, in Austria nel 1923 in una famiglia colta e attenta alla sua educazione. La seconda guerra mondiale le cambia la vita. Da adolescente è mandata in un campo di lavoro per essersi rifiutata di unirsi alla gioventù hitleriana. Dopo gli studi di lingue a Berlino, lavora come traduttrice e giornalista. Nel 1944 è interprete negli Stati Uniti, nel 1950 è in Francia. Amica dei fotografi austriaci Ernst Haas ed Erich Lessing realizza i testi per i loro reportage. Viene in seguito invitata da Robert Capa a unirsi all’agenzia Magnum in qualità di redattrice e ricercatrice. Inizia a fotografare a Londra nel 1951 e nel 1953 viene invitata a far parte dell’agenzia Magnum. Tra il 1953 e il 1954 diventa assistente di Henri Cartier-Bresson. Promossa nello staff dei fotografi della Magnum, comincia nel 1955 la serie dei grandi reportage.

Fa una serie di viaggi, che la portano in Europa, Medio Oriente e Africa.

Sul set del film Gli spostati conosce lo scrittore Arthur Miller, il cui matrimonio con Marilyn Monroe è in crisi. Marilyn apprezza molto le fotografie di Inge, totalmente ignara della simpatia tra la fotografa e il marito. Dopo il divorzio da Marilyn, Arthur Miller sposa Inge, che aspetta un figlio, nel 1962. I due si stabiliscono a New York. Inge ha due figli: Rebecca e Daniel. Daniel ha la sindrome di down e il padre lo tiene segreto e lo fa rinchiudere in un istituto, rifiutandosi sempre di andare anche solo a fargli visita. Per Inge questo è un grande dolore e continua da sola a mantenere contatti con il figlio.

Nel 1965 la fotografa è in Unione Sovietica. Nel 1972 inizia a studiare la lingua cinese e nel 1978 è in Cina.

I soggetti delle sue foto sono vari e sempre ritratti con un occhio particolare.

Inge muore nel 2002.

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Arte al femminile (365)

Segnalo un’altra mostra “al femminile”

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Tutto sulle donne” presenta 80 immagini, venti delle quali a colori, dai primi anni Cinquanta agli anni ’80, testimonianze delle tappe fondamentali della lunga carriera di questa grande fotografa. Le donne viste da una donna sono uno dei temi di spicco della grande artista.

Prevalentemente in bianco e nero, le fotografie hanno il pregio di interpretare la femminilità nelle sue varie forme e di svelare il “bello” di tanti aspetti del quotidiano.

“Sono stata povera e ho voluto documentare la povertà. Avevo perso un figlio ed ero ossessionata dal parto. Ero interessata alla politica e volevo sapere come influenzava le nostre vite. Sono una donna e volevo conoscere le donne».

“Paradossalmente penso che il fotografo debba essere un dilettante nel cuore, qualcuno che ama il mestiere. Deve avere una costituzione sana, uno stomaco forte, una volontà distinta, riflessi pronti e un senso di avventura. Ed essere pronto a correre dei rischi”.

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Eve Cohen Arnold nasce a Filadelfia nel 1912 in una famiglia di emigrati russi di religione ebraica, terza di sei figli. Il padre rabbino trova lavoro come venditore porta a porta e l’infanzia di Eve è caratterizzata da ristrettezze economiche. Le viene comunque garantita una buona istruzione tanto da iscriversi alla facoltà di medicina, che lascia nel 1943, per recarsi a New York. Qui trova lavoro in uno stabilimento, occupandosi dello sviluppo di fotografie da rullini e negativi. Nel 1946 le viene regalata una macchina fotografica, con cui dà libero sfogo alla sua creatività. Nel 1948 decide di seguire un corso di fotografia. Nel frattempo sposa Arnold Arnold, da cui ha il figlio Frank e da cui divorzierà in seguito, mantenendone il cognome.

Una delle domestiche della famiglia del marito le parla delle sfilate di moda che si tengono nel quartiere di Harlem, con modelle di colore e abiti di giovani stilisti afroamericani. Eve realizza un servizio fotografico, che viene però considerato scandaloso dalle riviste americane pensate per signore bianche. Le foto saranno pubblicate nel 1951 dal londinese Picture Post.

Eve ritorna spesso a Harlem e segue i movimenti antirazziali, conosce personalità importanti, come Malcom X, che fotografa per dieci anni durante assemblee e dibattiti.

Nel 1951 viene chiamata alla Magnum da Henri Cartier-Bresson: diventa la prima donna free lance dell’agenzia e nel 1957 ne diventa socia. Contende a Inge Morath il primato di prima fotografa donna a essere entrata a far parte della Magnum. Sono infatti loro due le prime fotografe a essere ammesse a pieno titolo nell’agenzia fondata da Robert Capa nel 1947, riservata a solo grandi fotografi uomini come Henri Cartier Bresson o Werner Bischof.

Nel 1952 si trasferisce a Long Island e realizza un reportage, A baby’s first five minutes, particolarmente toccante, in cui racconta i primi cinque minuti di vita dei neonati dell’ospedale Mother Hospital di Port Jefferson. Questo lavoro l’aiuta a superare la depressione per il trauma di un aborto.

Inizia poi a ritrarre molte celebrità di Hollywood, con alcune delle quali instaura una vera e propria amicizia. Inizia con Marlene Dietrich, durante la registrazione di alcune canzoni della stessa.

Nel 1954 è a Cuba e nel 1956 ad Haiti, per fotografare i segretissimi riti Voodoo.

Nel 1955 incontra Marilyn Monroe, che diventa sua amica e ritrae in numerosi scatti. Sempre nel 1955 va in Unione Sovietica, realizzando immagini uniche.

Conosce Joan Crawford e fa un servizio su di lei nel 1959.

Nel 1961 è sul set del film “Gli spostati” con Clark Gable e Marilyn Monroe, che vive un periodo difficile, testimoniato dalle foto.

Nel 1962 Eve divorzia e si trasferisce con il figlio a Londra.

Fa un memorabile servizio fotografico su Elizabeth Taylor e nel 1966 è sul set del film “Un uomo per tutte le stagioni” di Orson Welles.

Il suo interesse per il mondo femminile si manifesta con le foto sulle condizioni di vita delle operaie inglesi e delle monache.

Nel 1969 è in Afghanistan, poi in Tunisia. S’interessa alla condizione delle donne mussulmane e produrrà un documentario in proposito: “Dietro il velo”.

Nel 1979 ottiene il permesso di recarsi in Cina e percorrendo migliaia di chilometri ferma nelle sue foto istanti di vita quotidiana e persone dei vari ambiti sociali.

Ottiene molti riconoscimenti e fa diverse pubblicazioni.

Continua a viaggiare in America e in Unione Sovietica.

Fotografa la regina Elizabetta II e pubblica Eve Arnold in Britain, sulle esperienze in Gran Bretagna, dove viene insignita di varie onorificenze.

Gli anni seguenti sono caratterizzati da viaggi, pubblicazioni, mostre e premi.

Nel 2003 diventa Ufficiale dell’Ordine dell’impero Britannico.

Muore all’età di 99 anni e dopo la sua morte esce il volume “All about Eve”, curato dai suoi amici.