Arte al femminile (259)

Adelina Zandrino nasce a Genova nel 1893: la madre è Emilia de Nobili, maestra di pianoforte, il padre è giornalista, critico teatrale e musicale, professore di francese, collaboratore del giornale Secolo XX. Ha una sorella, Renata. Scoperta giovanissima la vocazione per l’arte figurativa, studia per alcuni mesi presso i maestri Federico Maragliano e Giuseppe Pennasilico, ma deve essere considerata un’autodidatta. Dimostra attitudine per vari soggetti: paesaggi, ritratti, nature morte. Esordisce alla Mostra Internazionale d’arte femminile, tenutasi a Torino nel 1913.

Viene subito notata e inizia a lavorare in vari settori: illustrazione di libri, grafica commerciale, decorazione di ambienti e pittura a cavalletto.

Sempre nel 1913, dopo una personale a Rapallo, si reca con il padre a Parigi. Qui si ferma sino allo scoppio della prima guerra mondiale, affermandosi come costumista teatrale e illustratrice di libri, lasciandosi influenzare dal gusto liberty. Conosce vari personaggi del mondo dell’arte, come Auguste Rodin, che l’apprezza molto.

Durante la prima guerra mondiale esegue cartoline e manifesti d’ispirazione patriottica.

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Nel 1916 parte della villa di famiglia di Albaro viene requisita e trasformata in ospedale per gli invalidi di guerra. Qui Adelina conosce il capitano Luigi Negri, grande invalido e giornalista che l’artista sposa nel 1919. Vive con lui in armonia d’intenti e d’arte. Hanno due figli: Gloria e Vittorio. Il marito scrive poesie che sono pubblicate in volume con copertina illustrata dalla moglie: la incoraggia a seguire il suo percorso artistico e ne è innamorato ammiratore

Dagli anni Venti si dedica alla ceramica, producendo oggetti caratterizzati da forte vivacità cromatica, con scene di genere in costume o in maschera.

Realizza anche sculture di piccolo formato, che hanno come soggetto la maternità o la condizione femminile.

Viene richiesta come ritrattista da importanti personaggi del tempo: il senatore Pirelli, attrici come Dina Galli, Emma Grammatica, Isa Miranda, la cantante Tina Rontani e molti altri.

Nel 1930 espone alcune opere alla Prima Mostra Femminile d’Arte e Lavoro, al Castello Sforzesco di Milano, realizzando anche il manifesto della Mostra. Nel 1936 la troviamo alla triennale di Torino e nel 1937 all’Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi.

Nel 1950 è presente all’esposizione Internazionale d’Arte Sacra a Roma e in occasione dell’Anno Santo esegue una serie di 12 cartoline con motivi cristologici e l’immagine di Papa Pio XII.

Dagli anni Cinquanta sino alla morte si concentra su soggetti religiosi: dolci Madonne, angioletti, bambini, riprodotti in santini e biglietti augurali.

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Tiene mostre personali a Genova, Milano, Roma, Buenos Aires, Hollywood.

Affresca la sua casa e il suo studio a Quarto.

Diventa accademica di merito dell’Accademia Linguistica di Genova ed è insignita della Stella Fiumana, della medaglia d’oro di benemerenza artistica del C.I.P.A. (comitato internazionale di Fotogrammetria Architettonica) e nel 1982 del premio Olivo d’Oro, solo per citare alcuni dei molti riconoscimenti ufficiali che riceve.

Muore a Genova nel 1994 a 100 anni.

Esponente della cultura del Decadentismo, dopo aver realizzato opere tendenti sia al simbolismo che al divisionismo e avere adottato, per un certo periodo, canoni “novecentisti”, le sue opere si caratterizzano per una sostanziale predilezione per tematiche volte a esprimere serenità e gioia, dando risalto a temi come la Maternità, l’Infanzia, la femminilità. Protagonista indiscussa delle sue opere è la figura umana.

Sue opere sono conservate presso le Gallerie d’Arte Moderna di Genova, Savona, Milano, Roma, le Gallerie Statali di Helsinki, Tallinn e al Musée du Jeu de Paume di Parigi.

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Vita in ombra…

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La mia ombra ha come protagonista e voce narrante Rakel, rimasta storpia a 15 anni, in seguito alla caduta da una grande quercia nodosa. Da quel momento il suo diviene un vivere in ombra, chiusa in se stessa, incapace di empatia con gli altri. Sposa Georg, più vecchio di lei, vedovo con una figlia, Cornelia: un matrimonio vissuto come speranza di una vita migliore, desiderio di una casa e di un affetto sicuri. Con lui va a vivere in un’isola al largo della costa svedese occidentale, in una casa in cui tutto ricorda la moglie scomparsa, Viola. Qui Rakel non si dedica a niente se non all’incessante, patetica analisi di se stessa, della propria menomazione, di ciò che le manca. Le giornate si susseguono senza senso.

“Ho vissuto in un mondo di ombre, dietro il vetro di una finestra, nascosta al mondo reale come una vergogna.”

Oltre al legame con i cani che ha portato con sé dalla casa paterna, Rakel incomincia un po’ alla volta a entrare in confidenza con la figliastra Cornelia. Quest’ultima s’innamora di Axel, giovane pescatore e rimane incinta. Rakel aiuta la giovane, ma rimanendo fredda e indifferente rispetto alle sue emozioni. Solo la nascita di Paul risveglia in lei qualche sentimento. Cornelia muore (e qui vi è un delitto…) e così pure Axel. Georg, perduta la figlia, muore anche lui poco tempo dopo, annientato dalla disperazione.

Rakel rimane con Paul che cura e accudisce: lo cresce, lo nutre, lo ama in modo morboso avvincendolo in un mondo irreale e solitario, sino a quando Paul non riprende una vita normale, che lo allontana da lei…

Il romanzo scorre su due livelli: il presente, coi frequenti riferimenti a Paul e il passato, in un vagare inquieto della mente, senza elementi di separazione. La vita di Rakel è rievocata e ripensata attraverso attimi del passato e del presente, in continua sovrapposizione: brevi immagini, sensazioni, frammenti allineati per ricomporre il quadro di una vita.

Una storia di solitudine, crudele e dura, scritta in uno stile raffinato e intrigante. Una vicenda amara, in cui la protagonista appare alla fine insopportabile, come vuole essere.

“Avevo deciso di voltare le spalle al mondo prima che il mondo voltasse le spalle a me”

Quello di Rakel è un mondo di ombre, come un’ombra si sente lei stessa…

Christina Falkenland nasce nel 1967 a Smögen, a nord di Göteborg. Vive tra Stoccolma e l’Austria. Ha pubblicato quattro raccolte di poesie e alcuni romanzi: Il martello e l’incudine nel 1996, Schegge di uno specchio nel 1997, L’ombra nel 1998. Viene considerata una delle voci più interessanti tra gli scrittori svedesi degli anni ’90. Si occupa di giornalismo.

 

Arte al femminile (258)

Maria Vinca nasce a Milano nel 1878. Frequenta l’Accademia di Brera sino al conseguimento del diploma, poi si trasferisce a Venezia nel 1903, a 25 anni, per seguire i corsi dell’Accademia delle Belle Arti e La Scuola Libera di Nudo. A Venezia, in calle San Domenico, vicino a San Trovaso apre un atelier, che diventa luogo d’incontro di numerosi artisti.

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Pregevoli sono i suoi paesaggi, soprattutto quelli dedicati a Venezia e molto raffinate le nature morte, ma è nel ritratto che si specializza, con uno stile inconfondibile. Come ritrattista lavora per importanti famiglie venete, come i Brandolini, i Cini, i Papafava, i Valmarana, i Marzotto, per citarne alcuni. Le viene chiesto anche di affrescare un soffitto di un palazzo veneziano di prestigio.

Durante la prima guerra mondiale è autrice di cartoline e manifesti a favore del Prestito Nazionale, caratterizzate da un certo stile liberty.

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Nel 1918 dipinge alcune cartoline con ritratti femminili ispirati al gusto dell’epoca. Viene richiesta come ritrattista dal Convitto Nazionale Marco Foscarini di Venezia, dove, tra le altre cose, esegue i ritratti degli allievi morti durante la Grande Guerra.

Di particolare interesse storico è l’amicizia con la famiglia di Giacomo Matteotti, che l’artista frequenta e ritrae. I ritratti dei Matteotti fatti da Maria sono oggi conservati nelle stanze della Casa Museo a Fratta Polesine (Rovigo).

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Espone con continuità a Venezia sia in una Galleria privata che alla Biennale, e a Parigi. In occasione dell’Esposizione Internazionale di Torino del 1911 ottiene grande successo, tanto che la rivista mensile La Donna, le dedica 3 pagine.

Negli ultimi anni della sua vita apre a Venezia una scuola privata. Sue opere sono vendute anche negli Stati Uniti.

Muore a Venezia nel 1939.

Molti suoi lavori sono in possesso di suoi discendenti e di collezionisti.

Molte mostre postume le sono state dedicate in località del Veneto: a Cortina, a Bassano e a Padova nel 1998, presso la Villa Reale di Stra nel 2011, a Mirano nel 2014. Nel 2015 a Venezia (10-11 dicembre), nell’ambito del Convegno Gli artisti di Ca’ Pesaro: le mostre del 1919 e del 1920 (Università di Ca’ Foscari, Progetto di Ateneo Venezia ‘900: gli artisti di Ca’ Pesaro 1908-1925) Jean-François Rodriguez fa un lungo intervento sulla pittrice(Maria Vinca, capesarina).

Ciò testimonia il valore di Maria e l’attualità del suo linguaggio.

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(in parte tratta da Wikipedia)

Arte al femminile (257)

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Rachele Villa Pernice nasce a Milano nel 1836, figlia di Cesare Cantù, letterato e patriota. Sposa Angelo Villa Pernice, primo sindaco di Concorezzo, dopo l’unificazione del Regno d’Italia. Concorezzo è un comune della provincia di Milano che vanta origini medievali.

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Sulla “puncia”, (punta, penisola) di fronte all’isola Comacina, in territorio di Sala Comacina, sul lago di Como, si affaccia Villa Rachele, già Beccaria, che Rachele eredita dal padre. Qui riunisce un salotto letterario noto col nome di “Accademia dei pedanti”, animato da personaggi di spicco della cultura italiana del tempo, come Antonio Fogazzaro, Tommaso Gallarati Scotti ed Ettore Verga, storiografo e direttore dell’Archivio del Castello Sforzesco di Milano, solo per citare i più famosi.

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Quando il marito diventa deputato lo segue a Firenze perché il parlamento italiano ha sede nella città toscana per alcuni anni(1865-1871).

Si dedica alla pittura di soggetti floreali e al paesaggio, lavorando soprattutto all’acquerello. Diventa membro effettivo della Società degli Acquarellisti di Roma, presso la quale espone nel 1877, nel 1881 (Luglio, Dal mio giardino, Rose e gelsomini, Aprile) e nel 1891. Alle mostre di Milano prende assiduamente parte dal 1879 al 1890. È presente alle esposizioni di Torino (1880, 1884), di Firenze (1880, 1889), di Roma (1883, 1890).

Rimasta vedova, ritorna nella villa di Concorezzo.

Recupera accanto al proprio nome quello di “Cantù”, perché figlia dell’omonimo storico.

Le viene assegnata per un periodo la funzione di ispettrice scolastica per le scuole del paese. Ottiene il diploma d’onore come benefattrice dell’asilo di Concorezzo.

Svolge intensa attività di mecenate.

Muore a Milano nel 1919.

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Arte al femminile (256)

La promozione dei giovani artisti nell’Ottocento è affidata alle Società promotrici delle Belle Arti, che rilasciano borse di studio e sponsorizzano mostre temporanee e monografiche. Si deve aspettare l’unità d’Italia per richiamare l’attenzione internazionale sul nostro panorama artistico, tramite l’organizzazione delle Esposizioni Universali e della Biennale di Venezia .

Anche in Italia, sebbene in misura minore rispetto altri paesi europei, si sviluppa un collezionismo legato alla nascente alta borghesia.

La scelta dei temi varia secondo l’ambiente cui i quadri sono desinati: ad esempio i paesaggi figurano in genere nei salotti femminili, i ritratti e i quadri di storia trovano posto nei salotti maschili. Dipinti e sculture, soprattutto se appartenenti ad artisti che hanno raggiunto una certa notorietà, sono segno di potere economico e di aggiornamento culturale: valore artistico e valore economico si legano indissolubilmente, determinando o riflettendo la fortuna critica degli artisti, l’influenza dei collezionisti e il prestigio dei mercanti.

Nel 1871 Roma diventa la capitale del Regno d’Italia e inizia una radicale riorganizzazione degli spazi urbani. In città affluiscono diplomatici, funzionari, impiegati… Èlites politiche ed élites intellettuali si confondono, mentre la vita mondana segue il calendario delle sessioni parlamentari. Molti artisti rimpiangono “l’ultima capitale della resistenza alla modernità”, con la sua aria un po’ decadente. Rimane forte il legame con la pittura romantica.

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Vannutelli Giuseppina nasce a Roma nel 1874. Si accosta all’arte grazie al pittore romano Scipione Vannutelli, suo parente. Si specializza nel paesaggio, nelle scene di genere e nei soggetti pompeiani. A Roma espone per vari anni con la Società Amatori e Cultori, con il gruppo In Ars Libertas e con l’Associazione degli Acquarellisti. Si presenta alle esposizioni della Triennale di Milano.

Muore dopo il 1948 a 74 anni.

I suoi quadri, dai colori un po’ cupi, hanno atmosfere malinconiche.

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Arte al femminile (255)

Amelia Tessitore Gelanzè nasce a Messina nel 1866, ma trascorre la vita a Napoli. Impara a dipingere dal padre Francesco e dal fratello Fulvio. Segue gli insegnamenti dei migliori artisti di Napoli. Espone per la prima volta a 20 anni, presentando alla Società Promotrice di Belle Arti Una via dell’antica Napoli, un olio su tela attualmente nella collezione della Banca Intesa Sanpaolo. Continua a esporre con successo e suoi quadri vengono acquistati dal Banco di Napoli e dal Municipio di Napoli. Nel 1888 si presenta all’Esposizione Italiana di Londra e nel 1891 all’Esposizione Nazionale di Palermo.

Muore a Napoli intorno al 1930.

Il Museo Civico di Barletta conserva il ritratto della pittrice, opera di Filippo Cifariello.

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L’amore per Napoli si manifesta nei numerosi scorci della città. I paesaggi sono il genere preferito, così come gli angoli cittadini e gli interni.

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Arte al femminile (254)

Lucia Tarditi nasce a Livorno nel 1890, una dei sette figli di Giovanni Tarditi e Angela Balbi. Pare che il padre fosse figlio naturale del re Vittorio Emanuele II: compositore, direttore di banda e d’orchestra, era noto in Italia e all’estero come il massimo esponente dell’arte bandistica italiana. La famiglia Tarditi, trasferitasi a Roma, apre il salotto a personaggi dell’arte e della cultura come Balla, Sironi, Pirandello, Emilio Cecchi, Moravia…

Lucia studia a Roma sotto la guida di Giacomo Balla: è una delle prime donne a seguire studi regolari presso l’Accademia di Belle Arti, avendo come compagni di corso giovani artisti come Boccioni e Severini. Da Balla acquisisce una particolare sensibilità per il colore e impara a trattarlo con pennellate forti e sicure. Nel 1908 posa per l’opera di Balla Salutando.

Dal 1909 al 1927 espone con continuità nelle mostre degli Amatori e Cultori. Partecipa alla I e alla II Sindacale del Lazio (1929, 1930), alla I e alla II Biennale Romana (1921, 1925). Si presenta a Torino alle prime due edizioni della Esposizione Internazionale Femminile di Belle Arti (1910, 1913). Nel 1940 partecipa alla Biennale di Venezia.

Muore nel 1988.

Nel 2010 in occasione della mostra Piccole donne al Quirinale viene rivolto un grande omaggio a questa pittrice, di cui viene ammirata l’opera Marga.

Artista versatile, dipinge paesaggi, quadri di genere, fiori e ritratti. Ottiene successo di pubblico perché i suoi lavori danno un’impressione di spontaneità e freschezza, al di fuori di ogni corrente artistica.

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Arte al femminile (253)

Francesca Stuart Sindici nasce a Madrid nel 1858 da nobile famiglia, discendente dalla storica casata inglese degli Stuart. Appassionata di pittura viene mandata in Italia per perfezionare la propria arte.

Diventa allieva di Edoardo Dalbono e Domenico Morelli a Napoli. Edoardo Dalbono è un pittore figurativo che pratica la pittura all’aria aperta soprattutto nelle prime ore dell’alba, per cogliere i giochi di luce, che riporta in quadri pieni di poesia. Domenico Morelli invece unisce verismo e tardo romanticismo in scene di genere e ritratti. Entrambi influenzano lo stile di Francesca e la sua tecnica.

Francesca sposa il poeta dialettale romano Augusto Sindici con cui si stabilisce a Roma. Il marito, ufficiale di cavalleria, esordisce come poeta nel 1896 per far conoscere anche con i versi il misero stato degli abitanti della campagna romana: è molto apprezzato dal D’Annunzio, che cura la prefazione di alcune sue pubblicazioni. La loro figlia Magda diventerà un’apprezzata scrittrice e sposerà l’editore inglese William Heinemann.

Esperta amazzone, Francesca ama dipingere cavalli purosangue, ma si dedica anche al ritratto, soprattutto femminile, al paesaggio e a soggetti storici.

Il suo quadro “Corsa di una carrozza a Napoli” è incluso nel libro “Women painters of the world” del 1905.

Un episodio della battaglia di Custoza si trova al Museo del Risorgimento di Roma.

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma conserva il suo dipinto del 1889 Il passaggio del Tevere da parte dell’esercito italiano nel 1870, attualmente in deposito presso il Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri, a Roma.

Muore a Roma forse nel 1929.

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Arte al femminile (252)

Luisa Silei nasce a Firenze nel 1825. Non si trovano nei testi ufficiali notizie sulla sua vita. Si sa che studia con Carlo Marko, un pittore ungherese considerato tra i più importanti paesaggisti del suo tempo, attivo a Firenze dalla metà del XIX° secolo. Luisa lavora per committenti privati. Presenta i propri lavori tardivamente in un’esposizione a Roma del 1883 (a 58 anni). Nel 1884 la troviamo a Torino, alla Mostra delle Belle Arti. A Firenze partecipa a importanti esposizioni tra il 1882 e il 1885. Passa dai paesaggi romantici a un più moderno naturalismo. Muore a Roma nel 1906.

“Viandanti all’alba” del 1890 è un esempio significativo della sua evoluzione artistica.

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Luisa viene ricordata nel libro “Invisibile women. Forgotten artist of Florence.” (ed. italiana e inglese) a cura di Jane Fortune e Linda Falcone, TheFlorentinePress, 2010. In questo interessante volume Jane Fortune guida il lettore in un viaggio nei musei fiorentini, dai nobili saloni degli Uffizi ai depositi nel “soffittone” di Palazzo Pitti, per scoprire opere d’arte al femminile.

“Jane Fortune apre una finestra sulle sfide e i trionfi di donne la cui vita e i capolavori restano una parte tanto sconosciuta quanto affascinante del patrimonio culturale di Firenze. Tra episodi storici e pietre miliari del presente, “Invisible women” è una celebrazione della creatività, un grido di protesta contro l’indifferenza, una corsa contro il tempo e un sogno ambizioso per il futuro.”

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