Arte al femminile (383)

In questa viglia di Natale, voglio ricordare un’artista giovane, coraggiosa, che è stata imprigionata anche per la sua arte.

Zehra Dogan (Diyarbakir, 1989) è un’artista e giornalista curda, con cittadinanza turca. Dirigeva un’agenzia di stampa, Jinha, con personale tutto femminile. Nel 2016 si trova a Nusaybin, città turca al confine con la Siria. Viene arrestata con l’accusa di appartenere a un’organizzazione illegale e assolta nel 2017 per questo supposto reato, ma condannata a 3 anni di prigione per incitazione al terrorismo, avendo postato su Twitter un disegno sarcastico sulla devastante conquista turca della città di Nusaybin. Ad aggravare la situazione concorre il suo essere giornalista, impegnata nel denunciare le persecuzioni delle donne Yazide del nord dell’Iraq e aver fondato un’agenzia di stampa autonoma.

Colpa primaria è essere curda! Sperimenta tre diverse carceri turche: Mardin, Diyarbakir e Tarsor.

La sofferenza patita in prigione la spinge a dare sfogo al proprio immaginario, utilizzando tutto il materiale che riesce a reperire (cenere di sigaretta, tè, curcuma, buccia di melograno…su carta da giornale, frammenti di tessuto, cartine di sigaretta). Nascono immagini inquietanti, grovigli di figure, rappresentazioni del corpo femminile in vari contesti, specialmente di guerra.

Il 24 febbraio 2019 Zehra viene rilasciata. Attualmente vive in esilio a Londra.

Sino al 6 gennaio 2020 è possibile vedere la mostra a lei dedicata presso il Museo di Santa Giulia di Brescia. La mostra, organizzata con il patrocinio del Comune e della Fondazione Brescia Musei, diretta da Stefano Karadjov, è di particolare interesse.

Bansky le ha dedicato un graffito a Manhattan, con tante sbarre quanti i giorni da lei trascorsi in prigione.

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Questa donna artista rappresenta un luminoso esempio di coerenza e coraggio.

Ho sempre cercato di esistere attraverso i miei dipinti, le mie notizie, e la mia lotta come una donna. Ora, anche se sono intrappolata tra le quattro mura, io continuo a pensare che ho fatto assolutamente il mio dovere in pieno. In questo paese, buio come la notte, dove tutti i nostri diritti sono stati incrociati con sangue rosso, sapevo che stavo per essere imprigionata.
Voglio ripetere l’insegnamento di Picasso: pensi davvero che un pittore è semplicemente una persona che usa il suo pennello per dipingere insetti e fiori? Nessun artista volta le spalle alla società; un pittore deve usare il suo pennello come arma contro gli oppressori. Nemmeno i soldati nazisti hanno cercato Picasso a causa dei suoi dipinti, e tuttavia io sono a giudizio a causa dei miei disegni. Terrò disegno. Quando una donna rilascia fiumi di colori, è possibile lasciare la prigione. Ma sono solo pennellate …. Non dimenticate mai, è la mia mano che tiene il pennello! (earthriotaltervista)

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