Katy Castellucci è stata figura di rilievo nel panorama artistico italiano della prima metà del Novecento.
Nasce nel 1905 a Laglio, sul lago di Como. Il padre Ezio è raffinato illustratore e pittore di tradizione accademica. La madre, Teresa Gautieri, ha nobili origini provenzali.
La famiglia si trasferisce a Roma, che offre maggiori possibilità di lavoro per il padre e qui Katy frequenta il Liceo Artistico.
Fin da giovanissima dimostra talento artistico e predisposizione per la danza.
Nel 1926 si reca a Parigi con la sorella Guenda e vi rimane due anni. Nel 1927 prende parte alla Pantomima futurista di Enrico Prampolini al Théatre de la Madeleine.
Tornata a Roma, frequenta gli artisti della Scuola Romana e ha una relazione tormentata con uno degli esponenti, Alberto Ziveri. Questa Scuola vuole essere un’alternativa alle espressioni artistiche di chiara propaganda fascista. Ricerca, nel legame profondo con la città di Roma e l’antichità, una dimensione più intima e personale, con forte attenzione alle ricerche cromatiche, alle tonalità del colore.
Nel 1932 espone per la prima volta alla III Sindacale, ma la mostra veramente importante è la prima personale alla Galleria della Cometa (aperta dalla contessa Mimì Pecci Blunt) nel 1936, assieme ad Adriana Pincherle (v.n.446), sorella dello scrittore Alberto Moravia e sua amica di gioventù.
Viene notata dalla critica per l’intensità e la poesia della sua pittura.
Negli anni del secondo dopoguerra si dedica intensamente all’insegnamento, prima a Modena poi all’Istituto di Arte Applicata di Roma, dove fonda la sezione di disegno su tessuto, dalla tecnica batik alla serigrafia. Si dedica anche alla scenografia e ai costumi teatrali. Lavora per il Maggio Musicale Fiorentino e per il Teatro delle Arti di Roma.
Si presenta assieme al padre alla VI Quadriennale di Roma del 1951 e nello stesso anno fa una mostra personale alla Galleria Lo Zodiaco. I suoi quadri in questo periodo hanno un’impronta neocubista, collegandosi alle tendenze artistiche europee.
Rinuncia poi a partecipare alle mostre cui è invitata, dedicandosi a una pittura astratta sperimentale, senza intenti espositivi.
Molti i disegni che continua a fare, autonomi dalla pittura, tutti di grande qualità e in cui evidenzia la vocazione figurativa.
Muore a Roma nel 1985.
Nel 2021 le è stata dedicata una mostra a Villa Torlonia (Casino dei Principi), a Roma, con opere raccolte e catalogate dal nipote Alessandro Pagliero, figlio della sorella Guenda: autoritratti di straordinaria modernità, ritratti di amici, di parenti, di intellettuali, animali e nudi molto sensuali. Una serie di vedute di Roma ad acquarello e china mostra il talento nel disegno, nella capacità di riprodurre volumi con pochissimi tratti. Gli autoritratti sono vari e sintetizzano gli aspetti del carattere dell’artista, dalla malinconia alla volontà di nascondersi dietro travestimenti e trucchi, la sua inquietudine. Le immagini familiari sono invece cariche di dolcezza. Le sue pennellate sono dense, accentuati i rapporti tra luci e ombre, incisivo il collegamento tra figure e ambiente.
Quando affronta la fase neocubista procede in modo originale, con colori essenziali e tratti netti.