Arte al femminile (214)

Leopoldina Borzino Zanetti nasce a Venezia nel 1829, quando il territorio veneto è sotto il dominio austriaco. Nel 1849, essendo nipote di Daniele Manin, deve fuggire con la famiglia dalla città, in seguito ai moti rivoluzionari che vedono coinvolto il parente e che portano alla reazione austriaca. Si rifugia in Francia e poi a Genova, dove conosce Ulisse Borzino, insegnante all’Accademia Linguistica e pittore, che diventa suo marito. A Genova Leopoldina partecipa alle Esposizioni della Società Promotrice delle Belle Arti dal 1851 al 1868. Collabora con il marito, che lavora presso la Stamperia Pellas e si applica alla tecnica della litografia. Pubblica la serie di litografie raccolte nell’Album pittoresco di Genova del 1855. Nel 1864 segue il marito a Milano, dove questi diventa titolare di uno stabilimento oleografico (che utilizza un processo di stampa per l’imitazione della pittura a olio). La ditta si specializza nella riproduzione di quadri di soggetto sacro e profano, sia antichi che moderni. Leopoldina segue l’attività del marito sino alla vendita dello stabilimento nel 1885.

Come pittrice si distingue soprattutto per la forza delle soluzioni cromatiche e l’originalità delle composizioni. Oltre alle promotrici genovesi, l’artista invia sue opere all’Esposizione Internazionale di Roma del 1883, alla Nazionale di Venezia del 1887 e alla mostra degli Amatori e Cultori di Roma del 1889. Riceve premi e positive recensioni critiche.

Muore a Milano nel 1902 a 76 anni.

Suoi dipinti si trovano alla Pinacoteca Civica di Imperia (Ponte di Carignano, esposto a Genova nel 1858) e al Museo del Risorgimento di Genova (Lo sbarco a Genova di Napoleone III nel 1859),oltre che in collezioni private.

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Arte al femminile (213)

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La donna pittrice nella seconda metà dell’Ottocento può uscire allo scoperto, mettendosi coraggiosamente in gioco. Possedere uno studio non è più prerogativa maschile: anche gli atelier gestiti da uomini aprono sempre più spesso alle presenze femminili. Le donne possono viaggiare e la meta principale è Parigi, indiscussa capitale della cultura e centro dell’arte in questo periodo: è il crogiolo dell’arte internazionale e sulla scia della rivoluzione impressionista vi approdano artisti da tutte le parti del mondo. In Italia prevale un certo provincialismo e non vi sono fenomeni artistici prorompenti come all’estero. La situazione è piuttosto frammentata. Le esposizioni sono tra le poche occasioni per incontri e per ottenere visibilità

Ida Bidoli Salvagnini nasce a Trieste nel 1866 (?). Trasferitasi giovanissima a Venezia, espone per la prima volta alla Biennale del 1897. A partire dal 1900 e fino alla vigilia della guerra è una presenza costante alle mostre della Società Amatori e Cultori delle Belle Arti a Roma, dove è andata a vivere. In occasione dell’Esposizione nazionale di Milano del 1906 organizza la presenza del Gruppo Internazionale Pittrici, raccogliendo una cinquantina di opere di artiste italiane e straniere e presentando due suoi lavori. Alla 1a Esposizione Romana del 1913 è di nuovo presente nell’ambito dell’Internazionale Femminile. Prima dello scoppio della Grande Guerra partecipa alle esposizioni internazionali di Barcellona (1907 e 1911), di Monaco (1909) e Parigi (1910), dove l’anno precedente ha allestito una personale alla Galerie d’art Dècoratif. Nel corso degli anni ’20 lavora prevalentemente a Roma, dove appare in pubblico l’ultima volta nel 1931 con una personale in una Galleria d’arte di piazza di Spagna.

Muore a Roma nel 1937.

Opera come pittrice di paesaggi, scene di genere e nature morte.

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Tanti auguri! Buone feste!

Faccio tantissimi auguri a quanti hanno la cortesia di leggere quello che scrivo e che ringrazio per questo.

I quadri dedicati alla Natività hanno tutti un fascino particolare. Queste due Natività sono di Josefa de Obidos (o Josefa de Ayala): la prima Natività segue lo schema classico, mentre la seconda è particolare e si vedono, in adorazione del Bambino, San Francesco e Santa Chiara.

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Josefa (1630-1684), nata in Spagna, è vissuta in Portogallo. Nipote e figlia di pittori, votata alla verginità ma non monaca, pittrice anche lei, ottiene commesse che le permettono di vivere in modo indipendente. Nota nella sua epoca, autrice di storie sante e nature morte, di tele per conventi come per privati, viene presto dimenticata. Per i suoi tempi è anticonformista, dipingendo quadri molto animati, teneri, patetici, fioriti, audaci nella profusione di dettagli. La sua pittura, classificata come ingenua e provinciale, è riscoperta nel 1991 e più recentemente nel 2015, con mostre interessanti. Attualmente è ritenuta importante esponente del barocco portoghese.

Arte al femminile (212)

Maria Michis Cattaneo, pittrice lombarda, nasce a Milano nel 1833. Allieva del padre e di A. Rossi, è poi moglie nel 1868 del pittore milanese Pietro Michis (esponente della corrente del romanticismo storico). I due coniugi dipingono insieme scene di genere, in cui è difficile distinguere le due differenti mani. Artista molto attiva, con un’assidua presenza alle esposizioni di Genova (1855-1883), di Milano (1859-1891) e di Torino (1870-1892), ai quadri di fiori (Fiori a Venere, 1874, Milano, Galleria d’Arte Moderna), usuali nella produzione delle pittrici del tempo, affianca i paesaggi (Vicinanze di Varese lombardo, esposto a Genova nel 1855; Chiostro di San Gregorio a Venezia, esposto a Milano nel 1870, Milano, Galleria d’Arte Moderna). Nel 1874 è nominata socio onorario dell’Accademia di Brera e nel 1875 di quella di Urbino.

Muore a Milano nel 1901, a 68 anni.

Pittrice di nature morte, di fiori, di soggetti storici, di scene di genere, ha lavorato parecchio, lasciando 145 opere, che attualmente si trovano prevalentemente in collezioni private. Ha partecipato a 54 esposizioni, ricevendo giudizi positivi dalla critica. Suoi quadri si trovano nella Galleria d’Arte moderna di Milano (GAM), nel Museo di Torino, nelle sale della Pinacoteca della Cassa di Risparmio di Tortona (in provincia di Alessandria), che ha una pregiata collezione d’arte e in altre istituzioni pubbliche.

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Arte al femminile (211)

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Angela Carugati nasce a Firenze nel 1881. Rimasta orfana dei genitori a otto anni si trasferisce presso zii piemontesi che vivono a Napoli. Alla scuola complementare merita lodi solo in disegno e in italiano, perché le altre materie non la interessano. Viene iscritta (con poca convinzione da parte degli zii) presso l’Istituto di Belle Arti di Napoli, dove ha tra i suoi insegnanti Paolo Vetri, che considera maestro indimenticabile d’arte e di vita, tanto da dire di lui “ imparai a considerare il valore e la varietà dell’arte e come a essa ci si debba accostare “. Presso l’Accademia ottiene affermazioni e vittorie, con relative medaglie d’oro vinte nei concorsi interni. Diventa l’allieva prediletta di Domenico Morelli, che si alterna alla presidenza dell’istituto. In seguito accede all’insegnamento di Disegno professionale e nozioni di arte applicata presso l’Istituto Regina Elena di Napoli. Avrebbe voluto essere indipendente, ma le esigenze di vita l’obbligano a darsi all’insegnamento. Pittrice versatile dipinge paesaggi e ritratti, sia con la tecnica dell’olio che con quella del pastello. La troviamo alla Promotrice di Napoli del 1906. Si dedica anche alla poesia e scrive: Come un solitario ragno tesso, sospesa nell’aria, una inutile tela leggera di sogni e d’illusioni, che il vento presto lacera. Ma sostare non posso… Ritessere devo ancora, e per tutta la vita, la tenue inutile tela sospesa nel vuoto del tempo.”

Dell’arte dice: “Tremenda passione, l’Arte! La sola che non conosca stanchezze. Liberarsi da questa passione, sarebbe morire”

Contemplativa, amante del silenzio e della solitudine, partecipa a più di 150 mostre collettive. Allestisce a Napoli e in altre città italiane moltissime personali tra il 1932 e il 1962.

Muore a Napoli nel 1980.

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Arte al femminile (210)

Ci sono state donne che oltre che artiste sono state anche importanti collezioniste d’arte. Flebili le tracce che hanno lasciato, ma al loro tempo erano famose. Loro lavori si trovano in collezioni private.

Elisabetta Borromeo Arese nasce a Napoli nel 1839 da nobile famiglia, il padre è Gilberto Borromeo, conte d’Arona e la madre Livia Litta Arese Visconti. Sposa nel 1858 Emilio Borromeo, 13° marchese d’Angera, da cui ha otto figli: Renato, Carolina, Gilberto, Livia, Guido, Maria, Isabella e Cristina. Muore a 88 anni nel 1928 a Cesano Maderno, in Brianza.

Elisabetta oltre che pittrice è anche collezionista d’arte. Il suo è un casato importante, di cui si conservano tracce in nobili dimore.

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Amalia Brunelli Bonetti nasce a Torino nel 1858. Cresciuta nell’ambiente aristocratico lombardo, s’interessa di pittura fino a entrare nel 1875 nella scuola del Formis (pseudonimo del cantante lirico Achille Befani). Sposa Augusto Brunelli Bonetti, di nobile famiglia padovana. Muore a Padova nel 1914 a 56 anni. Il figlio Bruno (storico del teatro, critico musicale, avvocato) le dedica nel 1915 un’opera breve, “ In memoria della N.D. Amalia Brunelli Bonetti dei marchesi Peverelli”. Bruno è molto legato alla madre, tanto da firmarsi nei suoi primi scritti con lo pseudonimo di Bruno Villanova d’Ardenghi. La madre infatti è discendente dalla famiglia Peverelli, marchesi di Villanova d’Ardenghi, un comune in provincia di Pavia.

Il ritratto che segue dimostra la sua abilità tecnica. Anche di lei sitrovano ricordi nelle case in cui è vissuta.

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Arte al femminile (209)

Continuo la carrellata delle pittrici italiane tra Ottocento e Novecento…

Clelia Bompiani è figlia del pittore Roberto Bompiani e di Teresa Matthey. Nasce a Roma nel 1848. Sin da piccola manifesta doti artistiche e dopo aver seguito gli studi di base, diventa allieva del padre presso l’Accademia di San Luca. Ha la possibilità di esporre le proprie opere presso mostre italiane ed estere. Si specializza nella pittura ad acquarello, anche se non disdegna i colori a olio. Il tema preferito è costituito dalla rappresentazione di scene della vita quotidiana di Roma e della sua campagna, così come delle piccole città, come Carsoli, Anticoli Corrado e Anzio. Cura in modo dettagliato l’ambientazione e il paesaggio di sfondo. I suoi lavori sono caratterizzati da semplicità coloristica con varie tecniche. Si sposa con Ercole Battaglia e continua l’attività artistica anche dopo il matrimonio. Ha un figlio, Alessandro, che diventerà anche lui artista e si dedicherà all’insegnamento. La troviamo all’Esposizione Nazionale di Venezia del 1887 e all’Internazionale di Pietroburgo del 1902. È presente dal 1880 alle Esposizioni della Società Amatori e Cultori delle Belle Arti di Roma, di cui è consigliere dal 1900. Partecipa assiduamente a tutte le mostre dell’Associazione Internazionale degli Acquarellisti, della quale diventa membro influente e socio attivo. Nel 1902 fa parte del gruppo “In Arte Libertas”. La troviamo in varie città europee, sempre impegnatissima. L’ultima esposizione avviene nel 1915.

La sua produzione è cospicua. Diventa famosa soprattutto per gli acquarelli. Sue opere si trovano soprattutto in collezioni private.

Muore nel 1927, a 79 anni. Ciò che resta del suo studio viene esposto nel 1946 in una mostra postuma, tenutasi alla Galleria Tamaza di Bergamo, dove vengono presentati anche lavori del figlio.

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Arte al femminile (208)

Lina Arpesani nasce a Milano nel 1888 da una famiglia colta e agiata. Frequenta l’Accademia di Brera tra il 1905 e il 1910, seguendo corsi di pittura. Si perfeziona nella scultura, ponendosi sulle tracce della tradizione tardo-scapigliata e di quella del rodinismo. Si dedica contemporaneamente alla pittura e alla scultura, prediligendo comunque l’uso dei materiali scultorei, dal marmo al gesso, dal bronzo alla terracotta. Esordisce alla Famiglia Artistica di Milano nel 1909 ed è presente alle più importanti manifestazioni artistiche del periodo. Diventa membro dell’Associazione Femminile per l’Arte, consorzio milanese diretto dalla celebre latinista Luisa Anzoletti, sorto con lo scopo di promuovere l’attività artistica al femminile a livello professionale. Nel 1912 sorge il milanese Lyceum: al suo interno, nella primavera del 1914 s’istituisce la Federazione Artistica Femminile Italiana, nel cui Consiglio rientra anche Lina.

I temi prediletti dall’artista milanese sono dedicati alla figura femminile, all’infanzia, ai ritratti.
Partecipa nel 1921 alla Mostra della Federazione artistica lombarda. Con sculture di densa plasticità espone alle Biennali veneziane del 1920, 1922 e 1924. Alla Prima Biennale romana del 1921 espone tre sculture, Nel 1925 espone alla “Exposition International” di Parigi, dove le viene riservata una sala e successivamente organizza personali a Liverpool e a Parigi. Negli anni Venti e Trenta la sua arte si rinnova, ispirandosi ai nuovi linguaggi più liberi. Come gran parte degli artisti lombardi della sua generazione, espone a quasi tutte le edizioni delle mostre Sindacali degli anni Trenta alla Permanente di Milano, nel 1932, 1934, 1935, 1936, 1938, 1939 e alla III Mostra Nazionale di Belle Arti del 1941 presso il Palazzo dell’Arte di Milano. Ancora al Palazzo dell’Arte di Milano nel 1933 partecipa al progetto di collaborazione con gli architetti per la scultura monumentale, con La Vittoria fascista, gigantesca realizzazione che impiega un nuovo materiale sperimentale, l’anticorodal, lega di alluminio ed argento. L’opera, raffigurante un Angelo in veste di alato Auriga del ventesimo secolo, successivamente privata del grande fascio littorio, fa parte dal 1937 delle Civiche Raccolte milanesi. Negli anni Trenta è membro dell’Associazione Nazionale Fascista Donne Artiste e Laureate (ANFDAL), sezione di Milano. Vince il concorso per la decorazione della tomba di Anna Radius Zuccari, in arte “Neera”; la scultura, risalente al 1921, viene collocata sul sepolcro, originariamente posto nel riparto XIII del Cimitero Monumentale di Milano, successivamente (1958) traslato nel Famedio. Nel 1935 il Lyceum festeggia con un ricevimento in suo onore la nomina a Socia onoraria della Royal Academy Burlington House di Londra e la Medaglia d’oro assegnatale da una giuria internazionale presso la Triennale.  Ancora nel 1935 le viene conferito il Grand Prix alla Esposizione Internazionale di Bruxelles, dove si presenta con una trentina di opere. Già dal ’34 figura come presidente della sezione artiste del Lyceum. Ogni primavera viene allestita nelle sale della associazione una esposizione di socie pittrici e scultrici, rassegne costantemente recensite dai quotidiani milanesi. Nel periodo pre-bellico condivide lo studio di via Maddalena 1 con la scultrice Thea Casalbore. Vi sperimenta una notevole varietà di materiali e di soggetti, fino a quando un incendio causato dai bombardamenti del 1943 distrugge lo spazio e l’archivio. Nel dopoguerra predilige tematiche sacre e si dedica dal 1951 all’insegnamento di Plastica ornamentale all’Accademia di Brera e all’Istituto d’Arte di Napoli. Muore a Milano nel 1974.

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Arte al femminile (207)

Tra Ottocento e Novecento anche in Italia si sviluppano sperimentazioni artistiche.

Leandra Cominazzini Angelucci nasce a Foligno (Perugia) nel 1890 in una famiglia agiata. Studia a Perugia presso il Collegio Santo Spirito, dove consegue il diploma magistrale. Tornata a Foligno si dedica alla sua passione per l’arte: spazia dal pannello murale ai vetri dipinti a smalto e a olio, alle tele, alle mattonelle, dimostrando un genio versatile. Nel 1910 sposa Ottorino Angelucci. Si dedica continuativamente all’arte fuori da Foligno più tardi, in età matura, quando i figli non dipendono più da lei. Attratta dall’avanguardia subito dopo la prima guerra mondiale, comincia a dipingere “cose strane” e aderisce al futurismo nel 1928, collaborando in particolare con il gruppo umbro e con Gerardo Dottori. La sua prima personale risale al 1930 (Galleria Fiamma di Roma). Nella I Mostra internazionale d’arte sacra a Roma espone gli arazzi Hispellum, di sua invenzione, lavorati a mano su telai speciali, per cui viene premiata a Orvieto. I suoi interessi si spostano anche ad altri settori dell’arte applicata, come la ceramica dipinta (mattonelle, brocche), il vetro dipinto, lo smalto, qualche mobile e tecniche diverse di pittura, dalla tempera all’olio, dall’encausto ai pannelli murali. Del 1931 è un’altra sua personale a Roma. S’ iscrive al Sindacato Artisti Umbri e partecipa a quasi tutte le Sindacali umbre. Dalla metà degli anni Trenta è con i futuristi. Nel 1933 esegue una grande aeropittura (poi dispersa), esposta al Premio Golfo della Spezia. Nel 1935 partecipa alla mostra della Confederazione fascista donne artiste e laureate di Napoli; nel 1936, nel 1938, nel 1940 e 1942 è alla Biennale di Venezia; nel 1939 e nel 1943 alla Quadriennale di Roma; nel 1940 al Premio Cremona per la “battaglia del grano” e alla Mostra d’oltremare di Napoli. Nel frattempo diventa amica della famiglia Marinetti, soprattutto di Benedetta. Nel 1939 firma un suo manifesto sull’Aeropoesia futurista umbra, pubblicato solo nel 1983. Dopo la seconda guerra mondiale prosegue intensamente l’attività di pittrice e creatrice di arazzi e collabora alle iniziative tese a rinverdire la memoria del futurismo. Dall’inizio degli anni Cinquanta comincia per lei un periodo molto triste, anche a causa della morte del marito. La sua pittura subisce una svolta, rivolgendosi al cosmo, ai satelliti, agli astri. Si dedica anche alla poesia. Muore nel 1981 all’età di 91 anni.

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Arte al femminile (206)

La pittura italiana dell’Ottocento si caratterizza per la varietà di tematiche e stili. Si passa dal Neoclassicismo alle varie sfumature del Romanticismo e del Realismo. La pittura del paesaggio è espressione delle scuole regionali- dai lombardi ai macchiaioli ai pittori meridionali- sino ad arrivare al Divisionismo e Simbolismo di fine secolo. Tale varietà si collega alla realtà di una nazione che si va via via aggregando, nella complessità di differenze difficilmente amalgamabili. La pittura italiana del XIX° secolo appare, da Nord a Sud, un mosaico di movimenti, gruppi, scuole, ricche di sperimentalismi autonomi, in rapporto con la società, la letteratura e la politica del tempo. Per tanto tempo tale pittura è stata considerata minore, rispetto ad altre realtà europee. La pittura al femminile si colloca all’interno di questa varietà.

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Lia Ambrosoli nasce a Milano nel 1888. Frequenta l’Accademia di Brera, allieva prima di Ferdinando Brembilla poi di Ambrogio Alciati (impressionista), che influenza il suo stile. Debutta a Milano, alla Famiglia Artistica nel 1906, poi partecipa all’esposizione della Permanente. Nel 1914 espone alla Biennale di Brera la sua opera Spasimo. La consacrazione arriva con la presenza alla Biennale veneziana del 1920 con Senza peccato. Da questo momento partecipa regolarmente a quasi tutte le esposizioni nazionali e internazionali. Attiva tanto nella vita artistica milanese che in quella varesina, è assidua frequentatrice delle mostre organizzate dal Circolo degli Artisti insieme ai maggiori artisti varesini del tempo. Muore a Varese nel 1951.

Suoi lavori si trovano in collezioni pubbliche e private del Varesotto e del milanese, tra cui la Quadreria dei Benefattori dell’Ospedale Maggiore di Milano, la Galleria d’Arte Moderna di Milano e il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Varese.

Modesta e valorosa, studiosa del vero e del bello, ha percorso una rapida carriera, realizzando le lusinghiere promesse degli esordi.

Toni sfumati e liquidi contraddistinguono il suo stile. I soggetti dei suoi quadri sono allegorie, ritratti e nature morte.

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