Classici senza tempo

Con le amiche di un gruppo di lettura, ho avuto modo di leggere questo corposo romanzo di Marguerite Yourcenar e ne sono rimasta affascinata. Si tratta di uno di quei libri senza tempo, profondi, scritti in modo magnifico, che lasciano una traccia nella mente e nel cuore.

“L’Opera al Nero” risale al 1968, ma è frutto di un lavoro di ricerca iniziato intorno al 1920. Il titolo rimanda al linguaggio dell’alchimia e potrebbe riferirsi, come scrive Marguerite Yourcenar nella postfazione, alle esperienze fisico-chimiche condotte sulla materia oppure a una trasformazione psichica.

Il protagonista del romanzo, Zenone, medico, scienziato, alchimista, è una figura immaginaria. Questo personaggio, inizialmente quasi confuso nella storia del tempo e nelle vicende familiari, acquista sempre più spessore e ti affascina. Ho visto in lui un uomo che cerca di conoscere il mondo, di farsi idee personali su tanti aspetti della vita, ma soprattutto qualcuno che cerca di realizzare la propria umanità.

Significativa la citazione di Pico della Mirandola all’inizio del romanzo: «Non ti diedi né volto, né luogo che ti sia proprio, né alcun dono che ti sia particolare, o Adamo, affinché il tuo volto, il tuo posto e i tuoi doni tu li voglia, li conquisti e li possieda da solo………… Non ti ho fatto né celeste né terrestre, né mortale né immortale, affinché da te stesso, liberamente, in guisa di buon pittore o provetto scultore, tu plasmi la tua immagine…» (De hominis dignitate)

La dignità è per Zenone importante, tanto da voler morire di propria mano, mantenendo lucidità sino alla fine. Concepisce la sua vita come “opus”, il che lo spinge a lavorare, ogni giorno, per costruire il proprio sé, per diventare “soggetto”, per trasformarsi e infine raggiungere stadi superiori della propria coscienza, dissolvendo, attraverso “l’Opera al Nero” (uno stadio della fase alchemica) concetti e pregiudizi del pensiero comune.

Zenone avverte la spinta al superamento della cultura medievale (della quale conserva l’interesse per l’alchimia, in quel periodo legata alla magia) e ha il coraggio di mettere in discussione la Scolastica, rivalutando pensatori classici, le cui opinioni, nel mondo cristiano, “erano considerate offesa a Dio”.

Sin dall’inizio Zenone è attratto dal viaggio per ricavare elementi utili alla ricerca della verità: “…quello spirito per il quale ogni oggetto al mondo era un fenomeno o un segno usciva all’alba in cerca di non si sa quale sapere che viene direttamente dalle cose entrando in una foresta fossile”

Annuncia al cugino Enrico il suo ambizioso progetto: “Ho vent’anni….  Nel migliore dei casi, ho davanti a me cinquant’anni di studi prima che questo cranio si muti in teschio. Prendete pure le vostre chimere e i vostri eroi da Plutarco, fratello Enrico. Per me, si tratta di essere più che un uomo.

Il viaggio è ricerca di un arricchimento umano e professionale: “Parto… vado a vedere se l’ignoranza, la paura, la stupidità e la superstizione verbale regnano anche fuori di qui”. “Chi sarebbe così insensato da morire senza aver fatto almeno il giro della propria prigione?”

Da Bruges, attraverso la Spagna (“tramite la Spagna… la filosofia e la medicina arabe sono state trasmesse all’occidente cristiano”, precisa l’autrice nella nota dell’autore), la Turingia, la Svezia, Basilea, torna poi a Bruges.

Studia il funzionamento del corpo umano, riflette   sull’origine della natura umana e ipotizza teorie contrastanti con quelle ufficiali. Attraversando l’Europa, Zenone conosce potenti, regnanti, mercanti, banchieri, ecclesiastici, operai, donne di ogni livello e condizione. Le esperienze compiute e vissute quanto più liberamente possibile, compresa la propria sessualità, arricchiscono le conoscenze filosofiche e scientifiche di Zenone in questa prima fase della sua vita, ma gettano pesanti sospetti di eresia su di lui, al punto che, per sottrarsi alle condanne e alle persecuzioni, il nascondiglio e la fuga diventano costanti della sua vita.

La scrittrice, dimostrando una profonda e ampia documentazione storica, ci fornisce un affascinante affresco del passaggio storico dal Medioevo al Rinascimento sotto il profilo religioso, economico e sociale.

Tornato a Bruges, Zenone tenta di cambiare identità e diventa Sebastiano Theus.
Il cambiamento del nome, apparentemente per motivi di sicurezza, allude forse alla volontà di un cambiamento più profondo, di una conoscenza più attenta di se stesso e il raggiungimento di uno stadio più elevato nella conoscenza della Verità. La citazione che introduce questa sezione del romanzo intitolata “La vita immobile” rimanda all’attraversamento di fasi oscure: “Andare verso l’oscuro e verso l’ignoto, attraverso ciò che è ancora più oscuro e ignoto.

” [….] Il ragazzo che a vent’anni partiva in cerca della propria persona andava in cerca di se stesso s’è mutato in un uomo che ha quasi dimenticato l’esistenza di uno Zenone e s’accorge ora di essere in procinto di vivere l’Opera al Nero, cioè il periodo di dissoluzione di tutti i concetti, tutti i pregiudizi, tutte le nozioni sui quali noi siamo abituati a vivere”.

Zenone si confronta con il priore dei Cordiglieri che dirige l’ospizio di san Cosma, dove svolge il lavoro di medico dei poveri. I colloqui di Zenone con il Priore malato riguardano tanti argomenti (le eresie, la riforma di Lutero, la violenza dell’Inquisizione, l’intolleranza verso il pensiero divergente, la necessità di nascondersi per sottrarsi alla condanna) e le due anime sembrano in comunione.

Nell’ospizio diretto dal Priore vi è il gruppo detto degli Angeli, coordinato da Cipriano e Floriano, che si dedicano a pratiche segrete. Il drammatico episodio della quindicenne Idelette, frequentatrice della setta, ingravidata, accusata di infanticidio e condannata a morte dagli Inquisitori, è stato ricostruito attingendo agli archivi giudiziari di Bruges.

Cipriano, scoperto e denunciato per avere organizzato gli incontri, incolpa Zenone di complicità.

 Zenone prende in considerazione varie possibilità per scagionarsi e opporsi a una condanna certa.

Il tentativo di fuga, con la bellissima scena di lui che si immerge per un tratto di mare, non si realizza: “il suo cammino sarebbe stato fino in fondo fra gli uomini. Bisogna mettersi al riparo da loro ma anche continuare a ricevere i servizi e a renderne”.

Torna di nuovo a Bruges per consegnarsi “… senza resistere” e rivelare la vera identità, “sorprese tutti dichiarando il suo nome”.

Il destino di Zenone, ormai segnato, è introdotto attraverso i versi di Giuliano dei Medici che aprono il terzo capitolo del romanzo, intitolato “La prigione”:

“Meglio è morir all’anima gentile Che supportar inevitabil danno Che lo farria cambiar animo e stile”. Ancora una volta per Zenone la priorità è rimanere fedele a se stesso.

Poco prima della morte queste le sensazioni: “Tutto era fluido, e tale sarebbe stato fino all’ultimo respiro. Eppure, la sua decisione era presa: egli lo riconosceva non tanto dai segni sublimi del coraggio e del sacrificio, quanto da una forma ottusa di diniego, che sembrava chiuderlo come un blocco alle influenze esterne, e quasi persino alle sensazioni. Insediato nella propria fine, era già Zenone in aeternum.

Fino alla fine vuole esercitare il potere di autodeterminazione, scegliendo come morire: “non esiste accomodamento durevole tra coloro che cercano, pensano, analizzano e si onorano di pensare domani diversamente da oggi, e coloro che credono o affermano di credere, e obbligano con la pena di morte i loro simili a fare altrettanto”.

Un romanzo che ha valore universale, facendo riflettere sull’importanza di vivere in modo consapevole, cercando la propria strada, conservando i propri ideali, indipendentemente dalle pressioni esterne.

Un libro sulla coerenza, sul valore della vita umana in ogni tempo e in ogni situazione.

Grande uomo questo Zenone!

Magnifica la scrittura della Yourcenar!

Anche se la lettura è impegnativa, ci si perde spesso tra nomi ed eventi, alla fine si rimane affascinati dalla figura e dalla vita di quest’uomo.

In ogni tempo ci sono fanatismi, lotte, pregiudizi e mantenere intatta la propria capacità di analisi e “visione” rimane un difficile e fondamentale obbiettivo.

Marguerite Yourcenar

Nata a Bruxelles nel 1903 da padre francese e madre belga, Marguerite de Crayencour ha cominciato a pubblicare poesie e brevi prose nel 1921, firmando con lo pseudonimo di Marguerite Yourcenar, anagramma del suo vero nome. Il suo primo romanzo, Alexis o il trattato della lotta vana, è del 1929. Seguono anni di viaggi in Europa e negli Stati Uniti, paese in cui si trasferisce nel 1939. Torna negli anni ’50, pubblica Memorie di Adriano, considerato il suo capolavoro, che Einaudi traduce nel 1963. Nel 1974 pubblica il primo volume della storia della sua famiglia, Care memorie, di cui Archivi del Nord costituisce il seguito cronologico. Nel 1981 viene eletta, prima e unica donna, tra gli «Immortali» dell’«Académie Française», che peraltro non frequenta, continuando ad alternare i suoi viaggi con lunghi soggiorni a Mount Desert, sulla costa atlantica degli Stati Uniti, dove ha la sua casa, e dove si spegne il 17 dicembre 1987. Aveva appena terminato il terzo capitolo dell’autobiografia famigliare, Quoi? L’Éternité?, uscito sempre presso Einaudi. Ha anche tradotto un volume di racconti, Come l’acqua che scorre, e due raccolte di saggi, Il Tempo, grande scultore e Pellegrina e straniera. Ricordiamo la ricchissima biografia scritta da Josyane Savigneau: L’invenzione di una vita: Marguerite Yourcenar.

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