Arte al femminile (459)

Edina Altara nasce a Sassari(v.foto) nel 1898, terza di quattro sorelle (Aurora, Lavinia e Iride), in una famiglia borghese benestante. Il padre, Eugenio Altara, è un oculista, la madre, Gavina Campus, proviene da una facoltosa famiglia di Pattada (Sassari).

Fin da bambina Edina mostra una notevole propensione per il disegno, i colori e l’uso della carta. Giovanissima, incoraggiata anche da un pittore amico di famiglia, inizia la sua carriera artistica come autodidatta e a soli diciotto anni, nel 1917, durante la mostra della Società degli Amici dell’Arte di Torino, ha l’onore di vedere acquistato un suo collage dal re stesso, Vittorio Emanuele III (ora esposto al Quirinale). 

A 17 anni è ideatrice di una serie di balocchi in cartoncino. Si interessa di antiquariato, ma anche delle nuove tecniche produttive, esercitandosi in mille piccole attività, dal ripristino di oggetti antichi alla creazione di complementi d’arredo, alla decorazione, alla pittura. I suoi materiali sono tessuti, carte colorate, frammenti di vetro con cui compone scene e figure. Legge diverse pubblicazioni e conosce l’illustrazione di orientamento liberty.

-Sin da piccola ha il fuoco dentro: quelle scintille di furore creativo che solo l’arte è capace di far brillare. Gioca con la carta, i nastri e la stoffa, si diverte a fare collage. Non vuole che il padre oculista le compri le bambole, ma preferisce fare da sé. È abilissima con le forbici: zac!, con precisione ritaglia, facendo scivolare pazientemente fili di colla e realizza così le sue prime opere d’arte. “Sentivo proprio il bisogno di far nascere qualcosa dalle mie mani”, rivelerà poi in una sua presentazione. Autodidatta, alla scuola preferisce il silenzio della sua camera, magico laboratorio dove creare.- (da articolo di Federica Ginesu sul sito web La donna sarda)

Artisti e critici d’arte fanno recensioni assai positive sui suoi lavori.

Nel 1918 si trasferisce a Casale Monferrato e collabora con diverse riviste.

Nel 1922 sposa Vittorio Accornero, famoso illustratore, scrittore e scenografo e con lui collabora nella produzione di illustrazioni, gadget pubblicitari e vari lavori di arte Deco. Realizza cartoline e calendarietti da barbiere per diverse ditte di cosmetici. La coppia è molto ricercata in società, conduce vita agiata, in un sodalizio di interessi comuni.

A partire dagli anni Trenta Edina si dedica alla produzione di ceramica, soprattutto ideando disegni per questa. A causa delle difficoltà economiche, seguite alla prima guerra mondiale, realizza con le sorelle Iride e Lavinia una piccola impresa familiare per la realizzazione di bozzetti per la cosiddetta tecnica “a freddo”  (decorazione con colori sintetici su ceramiche smaltate in bianco). Delle mattonelle prodotte con la tecnica a freddo, si conoscono una settantina di soggetti differenti. In prevalenza si tratta di figure femminili (quelle maschili sono pochissime) e scene di fantasia.

Artista poliedrica, abile disegnatrice, sensibile e fantasiosa illustratrice, diventa creatrice di moda. Dopo la separazione amichevole dal marito, nel 1934 apre a Milano, nella propria casa, un atélier in grado di attirare una raffinata clientela.

Collabora con la rivista Grazia dal 1941 al 1943, disegnando figurini di moda. Inizia una proficua collaborazione con il designer Gio Ponti, per cui orna numerosi arredi. Tale assidua collaborazione la porta persino a lavorare alla decorazione di arredi per 5 transatlantici: Conte Grande, Conte Biancamano, Andrea Doria, Oceania e Africa.

Nella sua lunga carriera Edina illustra una trentina di libri per ragazzi e collabora con numerose riviste e periodici (disegnando illustrazioni di moda, per racconti e pubblicità).

La sua ricerca si inserisce in quel movimento di modernizzazione del primo Novecento che presta attenzione al modo in cui l’arte può incontrare non solo la produzione industriale, ma anche l’espressività popolare. Nella convinzione che l’antica distinzione fra arti maggiori e arti minori sia ormai inaccettabile, si afferma l’idea che la creatività riguardi anche gli oggetti d’uso e che i nuovi sistemi produttivi debbano armonizzarsi con gli antichi saperi artigianali. Questa nuova visione trova applicazione soprattutto nel designer e nel vasto mondo dei giocattoli.

Negli ultimi anni la pittrice riceve spesso commissioni per soggetti molto convenzionali, ai quali si adatta suo malgrado pur di lavorare.

Muore a Lanusei nel 1983.

Come accade spesso alle artiste, dopo la morte il nome di Edina sembra quasi scomparire, per poi riaffiorare a distanza di tempo sollevando nuovo interesse nel pubblico: di recente le sono state dedicate diverse retrospettive, che hanno saputo mettere l’accento sulla sua esperienza di imprenditorialità creativa.

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