Arte al femminile (512)

Continuando il percorso relativo alle donne designer continuano a emergere nuove personalità…

Marianne Brandt (Marianne Liebe) nasce a Chemnitz (Germania) nel 1893.

Si immerge nel mondo dell’arte iscrivendosi alla Scuola di Belle Arti di Weimar, dove segue i corsi di pittura e scultura.

Si dedica all’illustrazione e per questo si reca a Parigi e in Norvegia, per avere nuovi stimoli. Come pittrice si avvicina alla corrente espressionista.

Si lega al pittore norvegese Erik Brandt, che sposa nel 1919.

Tornata in Germania a Weimar, si iscrive alla scuola multidisciplinare Bauhaus nel 1924.

In questa istituzione vuole dedicarsi all’arte dei metalli, allora riservata agli uomini.

La sua costanza, il suo talento e la sua maestria le permettono di accedere al laboratorio dei metalli e diventa direttrice dell’Officina dei metalli. Si specializza nella lavorazione dell’argento.

Si distingue per la semplicità del disegno dei suoi lavori e l’armonia delle forme geometriche.

Dal 1928 al 1929 collabora con Gropius a Berlino.

Come artista industriale lavora in diverse industrie legate al design, creando oggetti diversi, come lampade da tavolo, da parete e a stelo, posagenere, teiere, servizi da caffè e orologi…

Oltre che per i metalli, ha una grande passione per la fotografia e il collage. Scatta immagini, in particolare autoritratti, dagli sfondi insoliti, con riflessi su superfici di vetro o metallo.

Dopo essersi separata dal marito, trascorre il decennio tra il 1935 e il 1945 dai suoi genitori, allontanandosi dall’arte. La sua arte viene considerata degenerata dai nazisti.

Lavora come artista indipendente e negli anni ’50 ottiene un incarico d’insegnamento nell’Istituto d’Arti Applicate di Berlino est.

Muore a Kirchberg, in Sassonia nel 1983.

Suoi lavori si trovano presso il MoMA di New York, al Metropolitan Museum of Art e al British Museum, oltre che in altri musei e collezioni private.

Dopo un lungo periodo di dimenticanza, nel 1999 il suo nome e la sua teiera-simbolo sono stampati su un francobollo a Weimar.

Sue creazioni sono ancora riprodotte dal marchio Alessi.

La lampada Kandem e la Globo, ancora prodotte, sono sue invenzioni.

Arte al femminile (511)

Aver iniziato a cercare notizie anche di artiste appassionate di design mi ha aperto un mondo…non avrei mai pensato che ce ne fossero così tante e così brave nel Novecento.

Trude Guermonprez (Gertrud Emilie Jalowetz) nasce a Danzica nel 1910.

La famiglia è di origine austriaca: il padre è musicologo e la madre insegnante di canto, nonché rilegatrice di libri.

Trasferitasi a Halle, in Germania, frequenta la Scuola di Belle Arti e Arti Applicate. Si appassiona alla tessitura e ha la fortuna di seguire gli insegnamenti di Benita Otte (v.n.507).

Nel 1933 si laurea presso la Scuola di tessitura di Berlino e vince una borsa di studio per proseguire gli studi in Svezia e Finlandia.

Nel 1939 i genitori si trasferiscono negli Stati Uniti, avendo ottenuto un incarico di insegnamento.

Trude rimane in Europa e sposa il fotografo Paul Guermonprez, formatosi al Bauhaus. Insieme si stabiliscono nei Paesi Bassi, dove il marito fonda una società pubblicitaria e lei si occupa di elementi d’arredo in tessuto.

Quando nel 1940 la Germania occupa i Paesi Bassi, Paul combatte nella resistenza olandese. Catturato dai nazisti muore nel 1944.

Trude decide allora, con il sostegno di Anni Albers (v.n.439), di raggiungere la madre e la sorella Lisa in America, essendo nel frattempo morto il padre. Nel 1947 ottiene l’incarico di insegnamento al Black Mountain College (disegno e tessitura), innovativo istituto per lo studio dell’arte nelle sue varie espressioni, fondato nel 1933 sui monti Blue Ridge (Asheville, Carolina del Nord).

Nel 1949 si sposta a Guerneville, in California, unendosi al collettivo di artisti detto Pond Farm. Qui collabora con la ceramista Marguerite Wildenhain, di formazione Bauhaus. Scopo di Pond Farm è avere un luogo dove vivano artisti-artigiani che attivino laboratori, cercando di coordinare le esigenze essenziali della vita, del lavoro e dell’arte, per risolvere problemi legati all’architettura, al design industriale e alla produzione. Questa esperienza è molto utile per Trude, come esplorazione di tecniche e materiali.

Qui conosce John Elsesser, falegname e costruttore di mobili, che sposa nel 1951. La coppia si stabilisce a San Francisco.

Nel 1952 Trude ottiene la naturalizzazione statunitense.

Inizia una carriera di un certo prestigio, prima come docente alla facoltà del California College of the Arts- CCA), poi come presidente del dipartimento dell’artigianato presso la stessa CCA, infine come supervisore del curriculum degli studenti. Lavora inoltre come insegnante all’Oakland College e al San Francisco Art Institute.

I suoi lavori sono commissionati per lo più da privati e si specializza in tessuti per tappezzeria e arazzi. Combina le possibilità pittoriche della serigrafia con la regolarità strutturale implicita nell’ordito e nella trama, per ottenere nuovi effetti coloristici. Diventa nota anche per dipingere direttamente sull’ordito. La serigrafia è una tecnica di stampa per cui viene utilizzata una rete per trasferire l’inchiostro o la tintura su un substrato, tranne che in spazi resi impermeabili da uno stencil di blocco.

Agli inizi degli anni ’60 Trude si allea con l’artista Lenore Tawney per creare i primi intrecci tridimensionali, utilizzando tecniche di tessitura mai provate prima. Il tessuto viene portato alla dimensione tridimensionale, nascono gli “arazzi spaziali”. Abbandonata questa esperienza, si indirizza verso un’estetica più intima e personale. 

Vengono presentate mostre del suo lavoro nel 1964 e nel 1970. Nel 1970 ottiene una Medaglia dall’Istituto Americano degli Architetti per il suo design creativo. Nel 1975 è membro dell’American Craft Council.

Muore a San Francisco nel 1976.

Suoi lavori si trovano in musei di Chicago e Los Angeles, nel Museo del Design di New York.

Nel 1982 le è stata dedicata una mostra postuma all’Oakland Museum of California, che ha raccolto sue opere.

La fibra crea i fili

I fili sono linee

Intreccia con linee

Su e giù avanti e

Indietro

Sopra e sotto dentro

E fuori la

Tessitura crea materiali

I materiali sono aree piatte le aree

Piatte formano forme.

(traduzione dal suo taccuino da parte di Bianca Landworth)

Trude ha sottolineato l‘importanza di comprendere i componenti specifici delle fibre, incoraggiando i suoi allievi a conoscere e amare i materiali, toccandoli, ascoltandoli, vedendoli, assaggiandoli, annusandoli… Voleva che avessero una mente aperta, senza preconcetti. I suoi lavori erano basati sulle osservazioni della natura, manifestando sensibilità pittorica e poetica.

Arte al femminile (510)

Il design affascina molte artiste del Novecento, in collegamento con le novità di materiali e tecniche.

Margarete Lihotzky nasce a Vienna nel 1897.

La sua è una famiglia benestante e progressista, che incentiva i suoi interessi. Nel 1915 si iscrive alla Scuola Imperiale di Arti e Mestieri, con l’intenzione iniziale di diventare illustratrice. Diventa la prima studentessa di questo istituto grazie a una lettera di presentazione di Gustav Klimt. In seguito passa alla progettazione di mobili, per approdare poi all’architettura, il che è inusuale per una donna del tempo.

Si interessa a strutture che possano razionalizzare il lavoro domestico, tanto da vincere nel 1917 un concorso per la progettazione di una cucina abitabile. Fin dagli esordi, consapevole del grave disagio anche abitativo delle classi lavoratrici, acuito dalla crisi economica e politica del paese alla fine della prima guerra mondiale, manifesta il desiderio di occuparsi solo di edilizia sociale.

Dopo aver fatto pratica in uno studio di architetto, si diploma nel 1919.

Apre un proprio studio e inizia a progettare arredi e complessi urbani, in particolare collabora alla progettazione di residenze per invalidi e veterani della prima guerra mondiale.

Negli anni 1921-1924 collabora invece all’ideazione di asili infantili, di prototipi di cucine, case per famiglie con bambini e abitazioni popolari.

Nel 1923-1924 perde entrambi i genitori, uccisi dalla tubercolosi. Si ammala anche lei e viene ricoverata nel Sanatorio di Grimmenstein.

Nel 1926, dopo aver esposto alla Fiera di Vienna un suo progetto di Sanatorio, ottiene un incarico presso l’assessorato all’urbanistica del Comune di Francoforte sul Meno, dove continua a occuparsi soprattutto di cucine funzionali, archetipi delle moderne cucine componibili, asili nido, case degli studenti e altre strutture comunitarie. Per gli asili nido si rifà alle idee di Maria Montessori. Applicando i criteri di ottimizzazione del lavoro in fabbrica (taylorismo), analizza l’attività delle casalinghe all’interno delle grandi cucine tradizionali, rilevandone le disfunzioni e quindi lo spreco di tempo e di energie.
Progetta dall’interno verso l’esterno, e tenta di dare risposta alle esigenze pregresse e alle nuove aspettative delle donne che sempre più numerose si affacciano al mondo del lavoro extradomestico.

Nel 1927 sposa il collega Wilhelm Schütte.

Continua a lavorare a progetti finalizzati al miglioramento della condizione femminile: asili, scuole materne, circoli ricreativi, lavanderie centralizzate… Realizza due case unifamiliari nella Werkbundsiedlung di Vienna (1930-32). Progetta una cucina concepita come un laboratorio della casalinga, utilizzando poco spazio con il massimo del comfort e delle attrezzature. Il Consiglio comunale di Francoforte ne fa realizzare 10.000.

Sostenitrice del Comunismo, viaggia e lavora in URSS (1930-37), Giappone e Cina (1934).

Nel 1937 il clima politico sfavorevole la costringe a stabilirsi prima a Parigi, poi a Londra e in seguito a Instanbul, dove aderisce al gruppo antifascista austriaco. Alla vigilia della seconda guerra mondiale Instanbul è un paradiso per gli europei in esilio.

Nel 1940 rientrata a Vienna per incarico della resistenza austriaca, viene arrestata dalla Gestapo, processata e inizialmente condannata a morte, pena tramutata in 15 anni di carcere.

Nel 1945 viene liberata dalle truppe americane, ma deve tornare in sanatorio, per la ripresa della tubercolosi, riacutizzatasi durante il periodo di prigionia.

Nel 1946 è in Bulgaria, dove è incaricata di occuparsi di arredi e strutture per l’infanzia da creare a Sofia.

Qui viene raggiunta dal marito, rimasto in Turchia durante la guerra.

Nel 1947 i coniugi sono di nuovo a Vienna.

Siamo in periodo di ricostruzione post-bellica e Margarete dà il suo contributo progettuale.

Viene eletta Presidentessa dell’Unione Donne Democratiche Austriache.

Realizza edifici per la Kärntner Volksverlages (Casa Editrice Popolare della Carinzia,1948-50), tre monumenti alla Resistenza (1948-53) e a Vienna un edificio residenziale comunale in Barthgasse (1949) e un asilo in Kapaunplatz (1950).

Nel 1951 si separa dal marito.

La sua attività è continua.

Viaggia per studio e lavoro in Cina (1956), URSS (1958), Cuba (1961 e 1963).

Realizza la propria abitazione a Vienna, dove si trasferisce dopo l’ennesimo ricovero in sanatorio.

Molti i riconoscimenti ufficiali. Si susseguono anche le mostre, tra cui una al Politecnico di Milano nel 1996, a cui partecipa lei stessa, quasi centenaria.

Nel 1998 è a Milano per la presentazione all’Istituto Austriaco di Cultura della traduzione italiana della sua autobiografia.

Muore cinque giorni prima di compiere 103 anni nel 2000.

Arte al femminile (507)

Il movimento del Bauhaus mi ha sempre affascinato e ho ricordato già alcune artiste, che vi hanno aderito, in articoli precedenti (v. n.439-464-497-498-499-503-504), ma tante sono state importanti interpreti delle idee alla base di questa scuola.

Benita Koch-Otte nasce a Stoccarda (sud-ovest della Germania) nel 1892.

Studia al liceo di Krefeld e prosegue poi la propria formazione in modo eclettico, specializzandosi come insegnante di disegno a Dusseldorf, di educazione fisica a Francoforte e di artigianato a Berlino. Molti i suoi interessi.

Infine, nonostante l’opposizione del padre, entra alla scuola del Bauhaus di Weimar nel 1920.

Qui si distingue come una delle studentesse più promettenti del laboratorio di tessitura, come la sua amica Gunta Stölzl (v.n.497). Segue con particolare interesse i corsi di Paul Klee.

Rimane al Bauhaus fino al 1925, prima come allieva e poi come dipendente del laboratorio di tessitura. Lavora in stretta collaborazione con la sua amica Gunta, con cui segue i corsi presso la Scuola Tecnica di Tintoria e la Scuola Tecnica Tessile di Krefeld, per completare la propria formazione.

Diventa responsabile del design della casa modello “Haus am Horn” costruita per la mostra del 1923 e progetta varie strutture da interni.

Esegue molteplici lavorazioni tessili, con costante inventiva.

Quando il Bauhaus lascia Weimar, Benita rifiuta il nuovo orientamento verso una produzione industriale e dal 1925 al 1933 dirige il dipartimento di tessitura nei laboratori della Scuola di Arti e Mestieri della città di Halle.

Nel 1929 sposa il fotografo e architetto Heinrich Koch.

Inizia un periodo di grande creatività, per cui sue creazioni riscuotono molto successo. Partecipa a mostre in tutta la Germania, a Barcellona, Danzica, Monza, Parigi, Vienna e Zurigo. Fa una mostra itinerante in Brasile.

Inventa nuovi tessuti e utilizza materiali insoliti per i suoi complementi d’arredo (trucioli di legno, erba, rottami metallici, piume, corteccia). I tappeti con nodi geometrici sono la sua specialità.

All’avvento del nazismo lei e il marito sono licenziati e partono per Praga. Qui Benita si dedica alla fotografia.

Quando nel 1934 il marito muore in un incidente, Benita torna in Germania, dove trova lavoro per la direzione di un laboratorio di tessitura in un ospedale psichiatrico a Bielefeld.

Questa esperienza le permette di sviluppare una pedagogia atta a sviluppare creatività artistica in persone che soffrono di disabilità mentali e fisiche. Crea una Fondazione che ancora oggi è un’importante impresa sociale in Germania. Insegna sino al pensionamento nel 1957.

Durante il nazismo si oppone come può all’eutanasia voluta dal nazismo nei confronti dei malati di mente del suo istituto.

Muore a Bielefeld nel 1976.

Suoi lavori si trovano presso il MoMA di New York.

Arte al femminile (501)

Gli ultimi post di “arte al femminile” (v.n. 497-500 )li ho dedicati al design, perché lo ritengo un’importante forma artistica.

Eileen Gray è una grande artista: designer, architetto, artigiana della lacca e altro ancora…

Nasce a Enniscorthy (v.foto), nel sud-est dell’Irlanda, nel 1878, in una famiglia aristocratica, la più giovane dei cinque figli. Il padre, pittore dilettante, incoraggia la figlia a dedicarsi alla pittura, portandola con sé in Italia e in Svizzera, incoraggiandola a dipingere dal vivo.

Frequenta la classe di disegno presso la Slade School di Londra. Nel 1902 si trasferisce a Parigi, allora meta di tantissimi artisti, per migliorare la propria formazione, essere più libera e indipendente. Qui s’iscrive all’Ecole Colarossi e poi all’Academie Julian, ma l’impostazione accademica degli insegnamenti di pittura e scultura non suscita il suo interesse .

Nel 1905 torna a Londra per assistere la madre, fa un apprendistato per imparare l’arte della lacca. Tornata a Parigi apre un atelier per creare opere in lacca, in società con l’artista giapponese Sugawara, incaricato di restaurare i pezzi laccati inviati dal Giappone in occasione dell’esposizione Universale del 1900.

Nel 1909 si reca in Marocco con un’amica tessitrice per imparare a fare tappeti.

Durante la prima guerra mondiale torna a Londra, sospende l’attività e con la propria automobile fa servizio di trasporto dei feriti.

Apprezzata dai più grandi architetti del tempo, come Le Corbusier e Walter Gropius, è tra i fondatori nel 1929 dell’UAM ( Union des Artistes Modernes), di cui fa parte anche Charlotte Perriand (v.n.500). Si lega sentimentalmente a Jean Badovici, architetto e critico rumeno, con cui si avvicina all’architettura. Realizza due magnifiche case in Costa Azzurra, tra cui la famosa villa E-1027 (v.foto).

Progetta centri vacanza, centri sociali e culturali, che non sempre riesce a realizzare.

Si dedica allo studio di piccole case, abitazioni prefabbricate per pochi abitanti.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale è costretta a evacuare dal sud della Francia. Il suo appartamento a Saint-Tropez viene distrutto, con tutte le sue collezioni e i suoi progetti. La sua villa Tempe à Pailla è saccheggiata.

Tornata a Parigi si chiude in se stessa e frequenta solo poche amiche.

Intorno ai 70 anni comincia a perdere vista e udito, ma ciò nonostante trasforma un vecchio granaio in atelier e si trasferisce in campagna per lavorare tranquilla.

Dopo un periodo in cui viene quasi dimenticata, un articolo sulla rivista Domus nel 1968 e una mostra di suoi lavori a Londra permettono al pubblico di riscoprirne la genialità.

Muore nel 1976 a Parigi a 98 anni.

Il National Museum of Ireland ha acquistato nel 2002 l’intero suo archivio e ha allestito un’esposizione permanente delle sue opere a Dublino.

I mobili da lei creati sono considerati pezzi da collezione e hanno quotazioni altissime.

Sua caratteristica è l’attenzione puntigliosa ai dettagli.

Non ha avuto molti riconoscimenti in vita, in quanto il suo lavoro ha suscitato invidia e incredulità, perché era un’ autodidatta. Oltre che essere donna, in un ambiente prevalentemente maschile, il suo stile di vita libero e indipendente andava contro la morale comune del tempo.

Arte al femminile (499)

Ci sono donne che si sono distinte nel design, ma di cui pochi conoscono il nome.

Lilly Reich è una di queste geniali artiste. Ha progettato alcuni tra i più eleganti arredi del Novecento e fatto molteplici creazioni come arredatore di interni, ma è raramente menzionata nei testi di storia dell’architettura e del design. Ancora oggi molte sue idee sono alla base di arredi attualissimi.

Lilly Reich nasce a Berlino nel1885.

Nel 1908 è a Vienna per studiare alla Wiener Werkstätte, atelier-laboratorio fondato per produrre oggetti di elevata qualità. Si forma con personaggi incredibili per quel tempo, ottiene un’ottima preparazione.

Purtroppo alle donne è precluso il lavoro di design, gestito solo da uomini. Pertanto deve fare grande fatica per ottenere un proprio spazio.

Tornata a Berlino nel 1912 si occupa di tessuti, di abbigliamento e di allestimenti, seguendo un criterio innovativo, per cui gli oggetti sono messi in funzione ed esposti nella loro genesi. Il visitatore non è considerato come utente passivo, ma viene coinvolto nelle fasi che portano alla realizzazione di un prodotto. Nelle principali riviste del settore sono pubblicati suoi progetti di abiti, tessuti nonché arredamenti e allestimenti per negozi.

Nel 1926 viene incaricata di allestire uno stand alla Fiera di Francoforte e rende dei telai meccanici protagonisti dell’esposizione, facendoli funzionare di fronte al pubblico.

Diventa membro del DWB, associazione fondata dall’architetto Muthesius nel 1907. Seguendo lo slogan “dai cuscini per il divano fino alla progettazione di una città”, il DWB vuole fondere artigianato e produzione industriale.

Nel 1920 Lilly entra, unica donna, nel Consiglio di Amministrazione del DWB, con il ruolo di responsabile dell’allestimento di grandi esposizioni. Ha il potere di decidere che cosa esporre e come: sa esattamente quello che vuole. Questo incarico dimostra quanto sia preparata e geniale, perché nessuna donna l’ha sinora ottenuto. Ha una ferrea volontà e grande carattere.

Tra il 1921 e il 1922 cura due mostre di arte applicata tedesca negli Stati Uniti. Ottiene tanto successo da essere designata capo dell’organizzazione e delle fiere del DWB.

Trasferitasi a Francoforte, conosce Mies van der Rohe, architetto affermato, cui si lega sia sentimentalmente che dal punto di vista lavorativo. Hanno studi separati e ognuno firma le proprie creazioni, ma spesso invenzioni di Lilly vengono attribuite al suo compagno.

Nel 1925 elaborano insieme lo stand della AEG alla Fiera di Stoccarda e Lilly mette in scena elettrodomestici e caldaie come fossero sculture.

Molteplici le partecipazioni ad eventi internazionali, con la progettazione di interni di appartamenti in cui vuole dimostrare come la configurazione di un ambiente possa essere definita dal materiale impiegato e dagli oggetti d’arredo, anche senza pareti divisorie. Sperimenta nuove tecnologie e nuovi materiali, quali il tubolare d’acciaio. Le sue strutture in tubolare sono diventate un classico del design.

Nel 1931 ridisegna un appartamento di New York, con interventi originali e innovativi.

Nel 1929 Lilly e il compagno sono direttori artistici della sezione tedesca dell’Esposizione Universale di Barcellona e progettano il Padiglione destinato ai reali spagnoli, capolavoro dell’architettura e del design moderni.

Altro lavoro imponente è la ristrutturazione di Villa Tugendhat di Brno, nella Repubblica Ceca, diventata patrimonio dell’UNESCO.

Nel 1930 Lilly viene chiamata a insegnare alla Bauhaus, ottenendo la cattedra nel laboratorio di tessitura.

Uno dei campi in cui Lilly eccelle è la creazione di vestiti e tessuti. In un articolo pubblicato sulla rivista di moda “Die Form” scrive che «i vestiti sono oggetti d’uso e non opere d’arte, devono formare un tutto unitario con la donna che li indossa, esprimendone lo spirito e contribuendo all’arricchimento della sua anima e del modo di sentire la vita». Una concezione dell’abito priva di ornamenti inutili, essenziale, che segue la filosofia del ‘Less is more’ principio cardine di tutta la sua attività.

Nel 1926 organizza e cura l’allestimento della mostra Van der Faser zum Gewebe (dalla fibra al tessuto) a Francoforte, in cui ripercorre tutte le tappe attraverso cui dal materiale grezzo si arriva alla creazione del tessuto.

Lo stile di Lilly è austero, essenziale ed elegante, tendente alla semplificazione, con grande attenzione per l’equilibrio e l’armonizzazione delle parti.

Nel 1938 si separa dal compagno, che va a vivere negli Stati Uniti.

L’avvento del Nazismo le crea molte difficoltà. L’archivio personale viene quasi completamente distrutto durante i bombardamenti di Berlino del 1945.

Muore nel 1947 a Berlino e solo nel 1996 le viene dedicata una mostra al MoMA di New York. In Germania bisogna aspettare il 2016 perché le venisse dedicata un’esposizione.

Arte al femminile (439)

L’arte al femminile si caratterizza spesso per un certo eclettismo, la sperimentazione di nuove tecniche e nuovi materiali. La curiosità spinge a provare, sperimentare, cercare la propria identità artistica. In Italia agli inizi del Novecento il Futurismo apre la strada a un certo sperimentalismo e in Europa si cercano nuove forme e nuovi stili.

Anni Albers ( Annelise Fleischmann) è una designer tedesca, considerata una delle maggiori artiste nel settore tessile e grafico.

Nasce a Berlino nel 1899 in una famiglia benestante. Affascinata sin da piccola dal mondo dell’arte, inizia a dipingere giovanissima, seguendo la corrente impressionista. Rifiuta la confortevole vita domestica e decide di vivere e mantenersi come artista.

Nel 1920 frequenta per alcuni mesi la Scuola d’Arte di Amburgo.

Nel 1922 si trasferisce alla Bauhaus di Weimar. La Staatliches Bauhaus è una scuola di arte e design che opera in Germania dal 1919 al 1933. La parola Bauhaus richiama un termine medievale che indicava un capannone, per sottolineare il legame tra artisti, architetti e artigiani. Diventa punto di riferimento per i movimenti innovativi nel campo del design e dell’architettura.

In questa scuola le donne sono escluse da alcune discipline d’insegnamento, come l’architettura e l’arte del vetro. Anni, anche se a malincuore, si indirizza verso la tessitura. Un po’ alla volta però si appassiona a quest’arte.

Nel 1925 sposa Josef Albers, insegnante della Bauhaus, pittore e teorico del colore, con cui si stabilisce a Dessau, dove vi è un’altra sede della Bauhaus.

Trascorrono la luna di miele a Firenze, dove rimangono incantati dalle forme geometriche di chiese come Santa Croce e dal campanile di Giotto.

Anni sviluppa nuove tecniche di tessitura, disegna orditi, sperimenta nuovi materiali, usando oltre ai fili tradizionali, crine di cavallo e fili metallici. Riceve molti contratti per la realizzazione di arazzi.  Nel 1927 segue le lezioni di Klee sul design per la tessitura, disegna tappezzerie murali e tende per il Theater Café Altes e il sipario per il teatro di Oppeln (Polonia).

Nel 1930 diventa Direttrice del Laboratorio di Tessitura della Bauhaus.

Con il marito viaggia in Italia, in Spagna e va alle Canarie.

La Bauhaus di Dessau viene chiusa nel 1932 per volontà del regime nazista e la sede si sposta per breve tempo a Berlino.

Quando inizia una vera e propria persecuzione, i due coniugi, (Anni è di origine ebraica), vanno in America, a Black Mountain, nella Carolina del Nord. All’attività di insegnamento, Anni accompagna la produzione artistica.

I suoi lavori sono esposti in diverse città degli USA. Pubblica molti articoli sul design tessile e nel 1949 fa una mostra al MoMa di New York, la prima retrospettiva dedicata al lavoro di un’artista tessile mai organizzata da un museo.

Anni e Josep viaggiano in Messico, Cile e Perù e si appassionano all’arte precolombiana. Nel 1949 si trasferiscono a Yale in Connecticut.

Lavora per la progettazione di una serie di copriletti e altri prodotti tessili a Harvard e a motivi grafici su tessuto.

Dal 1963 si appassiona alle procedure della stampa a incisione. Dedica così la maggior parte del tempo alla litografia e serigrafia. Scrive testi d’arte.

Nel 1990 riceve la laurea ad honorem dal Royal College of Art di Londra e dalla Rhode Island School of Design di Providence.

Muore a Orange (Connecticut) nel 1994.

Mentre il marito Josep viene acclamato come pioniere dell’astrattismo, il nome di Anni rimane a lungo fuori dai testi di storia dell’arte.

Nel 2018 si è tenuta una grande rassegna antologica a lei dedicata presso il museo Tate Modern di Londra.