Arte al femminile (605)

L’arte si collega sempre alla società e rispecchia i vari periodo storici. C’è chi è più legato a una visione accademica e chi si immerge nel mondo in modo attivo, come questa grande artista tedesca.

Khate Kollowitz

Nasce nel 1867 a Königsberg, quinta di otto figli (tre muoiono in tenera età) nati dal matrimonio del mastro muratore Carl Schmidt con Katharina Rupp, figlia di un predicatore della chiesa libera, nonché deputato alla Paulskirche. La sua è una famiglia progressista, con un padre appassionato di letteratura, un fratello impegnato politicamente e un nonno dalla profonda etica.

Nel 1881 viene assecondata dal padre nella sua aspirazione artistica e segue lezioni di pittura e incisione su rame. La si vede nei vicoli della sua città con un taccuino, per ritrarre contadini, operai e marinai al lavoro, con un’attenzione particolare alla vita degli “ultimi”.

Trasferitasi a Berlino all’età di 17 anni, s’iscrive a una scuola d’arte femminile indirizzandosi al disegno piuttosto che alla pittura.

Si fidanza con Karl Kollwitz, studente in medicina, che frequenta lo stesso circolo socialista del fratello Konrad. Nel 1889, spostatasi a Monaco, si rende conto che la sua strada è quella della grafica. L’illustrazione di una scena del romanzo Germinal di Emile Zola ottiene un riconoscimento che la riempie di soddisfazione e di nuove prospettive. Schiller e Goethe sono le sue letture preferite, Freiligrath (poeta lirico tedesco) e il naturalismo le sue fonti d’ispirazione.

Nel 1891 sposa Karl, che ha trovato impiego come medico statale, con lui vivrà a Berlino fino alla sua morte (19 giugno 1940) dando alla luce due figli: Hans nel 1892 e Peter nel 1896. Il marito cura operai e contadini: i due sono uniti dall’impegno sociale.

Produce litografie e acqueforti ispirandosi a opere drammatiche. Viene proposta per una medaglia d’oro, ma l’imperatore si rifiuta di concederla a una donna.

Tra il 1901 e il 1908 pone mano al ciclo intitolato “Guerra dei contadini”, un tema storico, interpretato come fallimentare tentativo rivoluzionario del popolo tedesco. Si ispira alle rivolte nel sud della Germania degli anni Venti del Cinquecento.

Nel frattempo compie alcuni viaggi: a Parigi, dove conosce Rodin e impara a scolpire, e in Italia, a seguito della vincita del premio “Villa-Romana” che le garantisce per un anno la permanenza in uno studio fiorentino.

Nel 1914 Khate inizialmente sostiene una guerra ritenuta di aggressione e di grande pericolo per la Germania, così da impegnarsi subito nella Commissione Ausiliaria Femminile. Il figlio minore Peter, di 18 anni, osteggiato dal padre e non bloccato dalla madre, decide di andare in guerra volontario, ma muore sul fronte occidentale. La perdita del figlio e la morte di tanti giovani come lui gettano Käthe nella disperazione più profonda e la inducono a rivedere le sue idee su guerra, patria e nazione e ad aderire al pacifismo: ha un periodo di crisi e di stanchezza che le impongono una lunga inattività.

Nel 1917, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, l’esposizione presso la galleria di Paul Cassier di 150 opere, nonché le numerose mostre allestite in tutta la Germania la consacrano come artista.

Nel 1919, all’epoca della Repubblica di Weimar, entra all’Accademia delle Arti di Prussia. È la prima donna ad essere nominata membro di una così prestigiosa istituzione e a ricevere contemporaneamente il titolo di Professore. Nel 1928 ottiene la direzione della specializzazione in grafica.

Si dedica alla xilografia (tecnica d’incisione su matrice di legno), con un’intensa produzione a tema, rivolgendo sempre attenzione alle problematiche sociali.

Nel 1932 porta a termine il monumento dedicato al figlio morto. Si tratta di due enormi statue in granito, rappresentanti un padre e una madre chiusi nel loro dolore, che verranno poste nel cimitero militare di Roggevelde in Belgio.

Nel 1933, due settimane dopo la nomina di Hitler a cancelliere del Reich, a seguito della sottoscrizione del Dringender Appel stilato da socialdemocratici, socialisti e pacifisti in favore dell’unità delle sinistre, Käthe è costretta a lasciare l’Accademia delle Arti di Prussia e a subire le prime persecuzioni e perquisizioni. Per sottrarsi a un possibile arresto, sta per alcune settimane a Marienbad (Cecoslovacchia), ma poi decide di rimanere in Germania e torna a Berlino. Poiché non è ebrea e nemmeno esponente dell’arte cosiddetta “degenerata”, viene lasciata lavorare a condizione che le sue opere non siano esposte. Inizia un lungo “esilio interno” che la vede esclusa da tutte le manifestazioni culturali: i suoi lavori vengono rimossi dalle sale e dalle gallerie pubbliche e private, le cartoline, riproducenti temi della sua attività grafica, sequestrate. Kathe, nonostante le difficoltà, continua a lavorare.

La sua fama a livello nazionale e internazionale la salvano dalla deportazione in un campo di concentramento, per le sue idee socialiste e pacifiste.

Dal 1934 al 1935 produce il suo ultimo ciclo di litografie: “Della morte”.

Nel 1939 la Germania è di nuovo in guerra e Käthe è ormai è vecchia e stanca; disegna tuttavia ancora molto e attende a piccole sculture sul tema che più la coinvolge: quello della maternità. Le sue opere assumono un intento antimilitarista nel corso della seconda guerra mondiale, in cui perde il nipote Peter.

Nel 1943 si trasferisce a Nordhausen presso la ritrattista Margret Boening. Il 25 novembre la casa a Berlino, dove ha vissuto dal 1891, anno del matrimonio con Karl, viene distrutta dalle bombe e con essa anche molte sue opere e lastre di pietra. Verso la fine di luglio del 1945 si sposta a Moritzburg, nei pressi di Dresda, dove trascorre gli ultimi anni in profonda solitudine, alleviata dagli scambi epistolari con parenti e amici e dalla lettura di Goethe.

La perdita progressiva della vista le impedisce di continuare a disegnare.

Muore nel 1945.

La sua adesione al socialismo e l’attenzione per le classi operaie più disagiate, la porta a produrre opere di grande intensità e drammaticità.

Nel 1986 viene dedicato a lei il Museo Kathe Kollowitz, a Berlino.

“Non voglio morire… finché non avrò sfruttato fedelmente il massimo del mio talento e coltivato il seme che è stato posto in me finché non sarà cresciuto l’ultimo rametto.” (Käthe Kollwitz)

Arte al femminile (604)

Diverse artiste prendono parte alla lotta contro il nazifascismo, tra questi Genni, come viene chiamata questa scultrice tedesca.

Jenny Wiegmann Mucchi.

Nasce a Berlino nel 1895.

In Germania le donne vengono accolte nell’Accademia Statale di Belle Arti solo a partire dal 1919, per cui devono rivolgersi a istituti privati e soprattutto per chi, come Jenny ama la scultura, è sempre difficoltoso trovare il materiale e gli spazi adatti.

Si forma tra Monaco e Berlino, frequentando istituzioni private.

In seguito studia presso l’Istituto Levin-Funke, scuola di pittura e scultura aperta a entrambi i sessi, dove si cominciano ad ammettere anche le donne agli studi di nudo. Dal 1919 al 1923 segue un corso di intaglio del legno.

Il suo stile presenta inizialmente un incrocio tra forma classica e primitivismo, ossia tendenza a strutture più stilizzate e moderne. Partecipa a diverse mostre.

Siamo in un periodo di guerra e fermento politico, per cui Jenny affianca il lavoro artistico all’impegno politico.

Nel 1918 partecipa ai moti rivoluzionari che portano alla nascita della Repubblica di Weimar, che introduce il suffragio universale tramite la Costituzione e sembra aprire a un rinnovamento sociale, presto bloccato da pressioni economiche e politiche.

Nel 1920 sposa lo scultore e compagno di studi, Berthold Müller. I due si convertono al cattolicesimo e fanno un viaggio in Italia. Nel soggiorno di Roma la scultrice ottiene alcune commissioni dal Vaticano. A Ravenna rimane profondamente colpita dallo splendore dei mosaici.

Quando gli eventi precipitano, con Hitler al potere, Jenny si trasferisce a Parigi, dove frequenta il gruppo degli artisti italiani.

Nel 1937 ottiene una medaglia d’oro al Salone Mondiale di Parigi, dove Picasso presenta Guernica.

Nel frattempo si separa dal marito.

Nel 1925 ha conosciuto Gabriele Mucchi, architetto e pittore, con cui condivide esperienze artistiche e politiche.

Nel 1933 i due si sposano e si trasferiscono a Milano, dove hanno la possibilità di allargare la conoscenza di intellettuali e artisti. Espongono entrambi alla V Triennale di Milano.

Jenny si avvicina agli ambienti di Corrente, movimento artistico vicino all’omonima rivista fondata da Ernesto Treccani. Questa rivista nasce inizialmente con il nome di Vita giovanile, con scadenza mensile, poi diventa il quindicinale Corrente di Vita giovanile, per poi cambiare definitivamente il nome in Corrente nel 1938 a Milano. Ben presto essa assume la funzione di organo milanese-fiorentino dell’opposizione di alcuni intellettuali al regime fascista, dando nome anche a un movimento artistico che non si riconosce nell’ufficialità del tempo, che combatte contro la cultura asservita alla ragion di stato. Gli artisti del gruppo si orientano verso tematiche e forme del linguaggio espressionista, guardando anche ai grandi modelli quali Van Gogh, Ensor, Picasso…

Nel 1940 la rivista è soppressa per diretto ordine di Mussolini.

Durante la seconda guerra mondiale Jenny è impegnata nella Resistenza come staffetta ed è attiva nella difesa degli ebrei. Il marito sale invece in montagna, in Val d’Ossola, per unirsi ai partigiani.

Nel secondo dopoguerra collabora con vari architetti, dando un’impronta personale. Non smette mai di coltivare la ricerca artistica insieme all’impegno politico-sociale, attiva per la pace e contro ogni forma di sopraffazione. Testimonia con l’arte la lotta della Resistenza, perché non vada dimenticata.

La sua lotta si concentra contro il nuovo nemico: la rimozione storica. La sua opera è caratterizzata dall’impegno politico, come dimostrano i titoli di alcune opere: il Ritratto di Rosa Luxemburg, terracotta del 1956, Fuoco in Algeria, Donne algerine, Anno 1965 e II grido, due sculture dedicate al dramma vietnamita. A Milano, dove insegna a una scuola d’arte la tecnica del lavoro a sbalzo su metalli, esegue oggetti preziosi.

Particolarmente espressive le cinque figure per il Monumento dei partigiani caduti, di Bologna. 

Trascorre gli ultimi anni tra Berlino e Milano, alla ricerca delle proprie radici, nella Germania dell’est.

Muore a Berlino nel 1969.

Nel 1983 suoi lavori sono esposti nella mostra “Esistere come donna” al Palazzo Reale di Milano.

Nella sua arte le donne sono spesso protagoniste, rappresentate nella lotta per sopravvivere, per fronteggiare emergenze di ogni tipo (fame, violenza, solitudine, sfruttamento).

Donna particolare, affascinante e schiva, apparentemente fragile, ma dalla volontà di ferro, viene giustamente ritenuta figura importante dell’avanguardia artistica del ‘900.

Arte al femminile (554)

Ci sono donne che hanno lasciato un segno speciale nel surrealismo, sia per il loro talento che per la capacità di ispirare altri artisti.

Nusch Eluard nasce come Maria Benz a Mulhouse, cittadina dell’Alsazia, allora sotto la Germania, nel 1906.

I suoi genitori sono circensi e lei trascorre l’infanzia in tournée con la famiglia. A quattordici anni si trasferisce a Berlino dove interpreta piccoli ruoli a teatro.

A Zurigo, ormai maggiorenne, dopo uno spettacolo incontra l’architetto e artista svizzero Max Bill, con cui inizia una relazione e che adotta per lei il nomignolo Nusch, già scelto per lei dal padre, che diventerà la sua firma artistica ufficiale. La storia dura pochi mesi, anche per il veto del padre.

Più tardi, nel 1928, Nusch va a Parigi e al teatro Grand-Guignol alterna numeri acrobatici e giochi d’ipnosi, per guadagnarsi da vivere.

La svolta arriva il 21 maggio del 1930 quando, intenta a gustare avidamente un croissant in un Caffè del IX arrondissement, desta l’interesse di René Char e Paul Èluard, poeta surrealista. Quest’ultimo, abbandonato dalla moglie Gala per il pittore Salvador Dalì, ne è folgorato.

Quattro anni e tre mesi dopo, il 21 agosto del 1934, Nush diventa la signora Éluard .

Paul è una delle maggiori figure del surrealismo francese e lei, essendone la moglie, diventa la musa di Pablo Picasso, Man Ray, René Magritte e JoanMiró, che gravitano nell’ambiente artistico del marito.

Oltre che molto bella, Nusch ha talento: per combattere l’insonnia che la tormenta, compone interessanti collage surrealisti. Inizialmente attribuiti a Paul Éluard in realtà sono creati da lei nel 1937, come terapia contro la depressione di cui soffre in quel periodo.

Man Ray la fotografa in molte occasioni e lavorano insieme per un servizio commissionato da Harper’s Bazaar

L’artista Dora Maar (v.n.479) la immortala durante i suoi studi sulla luce.

La fotoreporter Lee Miller (v.n.429) ne coglie lo spirito in magnifici ritratti di vita privata.

Paul scrive per lei nel ’32 La vie immédiate e Le Temps déborde nel ’47.

L’incontro con Elsa Schiaparelli amplifica il suo gusto per la moda che punta verso capi estrosi. Indossa molte delle creazioni della stilista e incarna alla perfezione una figura femminile all’avanguardia anche esteticamente, oltre che nei modi e nelle relazioni interpersonali.

Pablo Picasso nell’opera Ritratto di Nusch Éluard del 1937 dipinge Nusch, che posa con un abito Schiaparelli e due spille create da Jean Schlumberg.

 

In alcune foto emerge la sua passione per i grandi anelli, protagonisti delle sue mani minute.

Durante la Seconda guerra mondiale Nusch segue il marito nei luoghi in cui è inviato dall’esercito e quando lui chiede di essere riammesso al Partito Comunista Francese clandestino, lei lo aiuta diffondendo i suoi scritti sovversivi. Collabora alla Resistenza francese.

Alla fine della guerra Paul è a una conferenza in Svizzera quando apprende la notizia dell’improvvisa morte dell’amata moglie.

Il 28 novembre 1946, Nusch muore improvvisamente per un ictus, a 40 anni.

Nusch è la musa che ha ispirato a Èluard versi struggenti e appassionati.

La prematura morte della moglie è per lui sconvolgente

Non invecchieremo assieme.                                                                       
Ecco il giorno.
È di troppo: il tempo straripa.
Il mio amore così leggero prende il peso di un supplizio.

Il ricordo di lei non lo lascerà mai

Lei ha la forma di uno scoglio
lei ha la forma del mare
lei ha i muscoli di un rematore
tutte le spiagge la plasmano

Le sue mani si aprono su una stella
i suoi occhi nascondono il sole
[…]
Lei è alla misura dei fiori
e delle ore e dei colori
.

Arte al femminile (517)

Ceramica e tessitura sono state considerate attività abbastanza femminili nel passato, quindi le donne potevano accedere alle scuole tecniche di perfezionamento in questi settori.

Marguerite Wildenhain (Friedlaender) nasce nel 1896 a Lione in Francia, da madre inglese e padre tedesco. La sua è una famiglia benestante e il padre è commerciante di seta.

I primi studi li fa in Germania, poi la famiglia si sposta nello Yorkshire, in Inghilterra.

All’inizio della prima guerra mondiale tornano in Germania, dove Marguerite s’iscrive alla scuola secondaria.

Nel 1914 frequenta il corso di scultura presso l’Università delle Arti di Berlino. La scultura non viene considerata adatta a una donna, per cui non viene incoraggiata in tale campo. Inizia a lavorare come decoratrice di porcellane in una fabbrica di Rudolstadt ed è qui che si appassiona al tornio da vasaio.

Venuta a conoscenza dell’apertura della scuola Bauhaus, vi si iscrive e la frequenta a Dornburg dal 1919 al 1925.

Nel 1925 ottiene il diploma e si trasferisce a Halle-Saale, dove diventa capo del laboratorio di ceramica presso l’Università di Arte e Design Burg Giebichenstein. Nel frattempo diventa socia di alcune importanti industrie manifatturiere e disegna i prototipi di eleganti stoviglie prodotte in serie.

Nel 1930 sposa il ceramista Franz Wildenhain, suo compagno di classe alla Bauhaus nonché suo apprendista.

All’avvento del Nazismo nel 1933 è costretta a lasciare il posto di insegnante, avendo antenati ebrei e si trasferisce a Putten, nei Paesi Bassi. Qui con il marito apre un negozio di ceramiche. 

Nel 1940, prima dell’invasione nazista, riesce a emigrare a New York, ma non viene concesso al marito di seguirla.

Marguerite si sposta in California, dove ha un incarico presso il California College of Arts and Crafts di Oakland.

Con i coniugi Gordon e Jane Herr crea a Guerneville (California) un centro in cui accogliere artisti e fare laboratori, i Pond Farm Workshops, che diventeranno famosi e a cui approderà anche l’artista tessile Trude Guermonprez (v.n.511). Gli studenti si concentrano sulla padronanza del processo che porta alla realizzazione di un prodotto artistico, discutono con gli insegnanti di filosofia, musica, aspetti della natura e contabilità. Il concetto base è creare una “scuola per la vita”.

Il marito, che ha raggiunto Marguerite nel 1945, la lascia e si stabilisce a New York.

Marguerite rimane a Guerneville sino al 1979. Oltre a insegnare, pubblica tre libri, tiene conferenze nelle scuole e intraprende viaggi in solitaria nell’America centrale, in Europa e nel Medio Oriente.

Muore nel 1985.

I terreni e gli edifici di Pond Farm entrano a far parte del sistema dei parchi americani.

Diceva “ Vorrei che i miei vasi potessero stare accanto alla buona ceramica di Grecia, Cina o Perù e avere un carattere senza tempo, distinto e indipendente come loro. Arrivare a questo punto…varrebbe un’intera vita di intenso sforzo”.

Questa artista è diventata famosa per le sue ceramiche color terra, con disegni e trame ispirati alla natura.

Arte al femminile (512)

Continuando il percorso relativo alle donne designer continuano a emergere nuove personalità…

Marianne Brandt (Marianne Liebe) nasce a Chemnitz (Germania) nel 1893.

Si immerge nel mondo dell’arte iscrivendosi alla Scuola di Belle Arti di Weimar, dove segue i corsi di pittura e scultura.

Si dedica all’illustrazione e per questo si reca a Parigi e in Norvegia, per avere nuovi stimoli. Come pittrice si avvicina alla corrente espressionista.

Si lega al pittore norvegese Erik Brandt, che sposa nel 1919.

Tornata in Germania a Weimar, si iscrive alla scuola multidisciplinare Bauhaus nel 1924.

In questa istituzione vuole dedicarsi all’arte dei metalli, allora riservata agli uomini.

La sua costanza, il suo talento e la sua maestria le permettono di accedere al laboratorio dei metalli e diventa direttrice dell’Officina dei metalli. Si specializza nella lavorazione dell’argento.

Si distingue per la semplicità del disegno dei suoi lavori e l’armonia delle forme geometriche.

Dal 1928 al 1929 collabora con Gropius a Berlino.

Come artista industriale lavora in diverse industrie legate al design, creando oggetti diversi, come lampade da tavolo, da parete e a stelo, posagenere, teiere, servizi da caffè e orologi…

Oltre che per i metalli, ha una grande passione per la fotografia e il collage. Scatta immagini, in particolare autoritratti, dagli sfondi insoliti, con riflessi su superfici di vetro o metallo.

Dopo essersi separata dal marito, trascorre il decennio tra il 1935 e il 1945 dai suoi genitori, allontanandosi dall’arte. La sua arte viene considerata degenerata dai nazisti.

Lavora come artista indipendente e negli anni ’50 ottiene un incarico d’insegnamento nell’Istituto d’Arti Applicate di Berlino est.

Muore a Kirchberg, in Sassonia nel 1983.

Suoi lavori si trovano presso il MoMA di New York, al Metropolitan Museum of Art e al British Museum, oltre che in altri musei e collezioni private.

Dopo un lungo periodo di dimenticanza, nel 1999 il suo nome e la sua teiera-simbolo sono stampati su un francobollo a Weimar.

Sue creazioni sono ancora riprodotte dal marchio Alessi.

La lampada Kandem e la Globo, ancora prodotte, sono sue invenzioni.

Arte al femminile (508)

Altra geniale donna del Bauhaus…

Gertrud Hantschk Arnd nasce a Ratibor (Alta Slesia- Polonia) nel 1903.

A 15 anni manifesta il desiderio di diventare architetto, scelta inusuale per una donna del tempo.

A 16 inizia a lavorare come apprendista in uno studio di architettura a Erfurt (Germania centro orientale).

Incomincia a impratichirsi nella fotografia per documentare le costruzioni della città. Acquisisce un bagaglio di conoscenze soprattutto nell’interior design. Scopre il lavoro di Paul Klee e Vassily Kandinsky al Museo di Erfurt.

Nel 1923 visita la mostra Bauhaus a Weimar e ne rimane molto colpita. Ottiene una borsa di studio e nello stesso anno si iscrive alla scuola del Bauhaus.

Purtroppo i corsi di architettura non sono aperti ancora alle donne e in questo la scuola segue i pregiudizi dell’epoca. Come tutte le studentesse che si iscrivono a questo istituto, viene indirizzata ai dipartimenti ritenuti più adatti alle donne: tessitura, ceramica e rilegatura dei libri.

Superato il corso preliminare, Gertrud sceglie la tessitura, dimostrando molta creatività.

Termina i suoi studi con un periodo di apprendistato a Glauchau, presso la gilda dei tessitori.

Nonostante il talento e la preparazione acquisita, Gertrud non vede nella tessitura la modalità espressiva a lei più adatta.

Non avendo mai smesso di interessarsi di fotografia, nel 1926 compra la sua prima macchina fotografia e inizia a fare ritratti che la renderanno famosa.

Nel 1927 sposa il compagno di studi Alfred Arndt.

Si stabilisce con lui a Probstzella, in Turingia. Qui vi è un albergo sorto su progetto Bauhaus.

Nel 1929 al marito è offerto un posto da insegnante presso il Bauhaus di Dessau. Gertrud lo segue e si dedica a supportare la sua carriera.

Nel 1930 riprende la fotografia e inizia una serie di autoritratti. Usa uno dei bagni di casa come studio fotografico e allestisce un set fotografico trovando soluzioni economiche fai-da-te.

Si fotografa con diversi vestiti e pettinature, cambiando l’espressione del viso. Impersona varie tipologie di donne: giovani ragazze, vedove addolorate, geishe piangenti, signore ingioiellate, con cappelli decorati di piume e fiori…In tutto fa 43 scatti in bianco e nero (Ritratti mascherati) e sebbene utilizzi tecniche di stampa rudimentali, ottiene risultati straordinari che in qualche modo richiamano il surrealismo.

L’amica Otti Berger ogni tanto viene associata ai suoi ritratti.

Nel 1931 nasce la figlia Alexandra e nel 1937 Hugo.

Nel 1932 la famiglia è tornata a Probstzella e da lì si sposta poi a Darmstadt.

Il dramma del nazismo prima e la crisi del dopoguerra poi pongono fine alla sua carriera.

La sua opera è riscoperta e rivalutata quando lei espone a Essen nel 1979,

Muore nel 2000.

Nel 2013 è stata realizzata una mostra analizzando i legami tra la sua fotografia e le sue creazioni tessili.

Arte al femminile (507)

Il movimento del Bauhaus mi ha sempre affascinato e ho ricordato già alcune artiste, che vi hanno aderito, in articoli precedenti (v. n.439-464-497-498-499-503-504), ma tante sono state importanti interpreti delle idee alla base di questa scuola.

Benita Koch-Otte nasce a Stoccarda (sud-ovest della Germania) nel 1892.

Studia al liceo di Krefeld e prosegue poi la propria formazione in modo eclettico, specializzandosi come insegnante di disegno a Dusseldorf, di educazione fisica a Francoforte e di artigianato a Berlino. Molti i suoi interessi.

Infine, nonostante l’opposizione del padre, entra alla scuola del Bauhaus di Weimar nel 1920.

Qui si distingue come una delle studentesse più promettenti del laboratorio di tessitura, come la sua amica Gunta Stölzl (v.n.497). Segue con particolare interesse i corsi di Paul Klee.

Rimane al Bauhaus fino al 1925, prima come allieva e poi come dipendente del laboratorio di tessitura. Lavora in stretta collaborazione con la sua amica Gunta, con cui segue i corsi presso la Scuola Tecnica di Tintoria e la Scuola Tecnica Tessile di Krefeld, per completare la propria formazione.

Diventa responsabile del design della casa modello “Haus am Horn” costruita per la mostra del 1923 e progetta varie strutture da interni.

Esegue molteplici lavorazioni tessili, con costante inventiva.

Quando il Bauhaus lascia Weimar, Benita rifiuta il nuovo orientamento verso una produzione industriale e dal 1925 al 1933 dirige il dipartimento di tessitura nei laboratori della Scuola di Arti e Mestieri della città di Halle.

Nel 1929 sposa il fotografo e architetto Heinrich Koch.

Inizia un periodo di grande creatività, per cui sue creazioni riscuotono molto successo. Partecipa a mostre in tutta la Germania, a Barcellona, Danzica, Monza, Parigi, Vienna e Zurigo. Fa una mostra itinerante in Brasile.

Inventa nuovi tessuti e utilizza materiali insoliti per i suoi complementi d’arredo (trucioli di legno, erba, rottami metallici, piume, corteccia). I tappeti con nodi geometrici sono la sua specialità.

All’avvento del nazismo lei e il marito sono licenziati e partono per Praga. Qui Benita si dedica alla fotografia.

Quando nel 1934 il marito muore in un incidente, Benita torna in Germania, dove trova lavoro per la direzione di un laboratorio di tessitura in un ospedale psichiatrico a Bielefeld.

Questa esperienza le permette di sviluppare una pedagogia atta a sviluppare creatività artistica in persone che soffrono di disabilità mentali e fisiche. Crea una Fondazione che ancora oggi è un’importante impresa sociale in Germania. Insegna sino al pensionamento nel 1957.

Durante il nazismo si oppone come può all’eutanasia voluta dal nazismo nei confronti dei malati di mente del suo istituto.

Muore a Bielefeld nel 1976.

Suoi lavori si trovano presso il MoMA di New York.

Arte al femminile (499)

Ci sono donne che si sono distinte nel design, ma di cui pochi conoscono il nome.

Lilly Reich è una di queste geniali artiste. Ha progettato alcuni tra i più eleganti arredi del Novecento e fatto molteplici creazioni come arredatore di interni, ma è raramente menzionata nei testi di storia dell’architettura e del design. Ancora oggi molte sue idee sono alla base di arredi attualissimi.

Lilly Reich nasce a Berlino nel1885.

Nel 1908 è a Vienna per studiare alla Wiener Werkstätte, atelier-laboratorio fondato per produrre oggetti di elevata qualità. Si forma con personaggi incredibili per quel tempo, ottiene un’ottima preparazione.

Purtroppo alle donne è precluso il lavoro di design, gestito solo da uomini. Pertanto deve fare grande fatica per ottenere un proprio spazio.

Tornata a Berlino nel 1912 si occupa di tessuti, di abbigliamento e di allestimenti, seguendo un criterio innovativo, per cui gli oggetti sono messi in funzione ed esposti nella loro genesi. Il visitatore non è considerato come utente passivo, ma viene coinvolto nelle fasi che portano alla realizzazione di un prodotto. Nelle principali riviste del settore sono pubblicati suoi progetti di abiti, tessuti nonché arredamenti e allestimenti per negozi.

Nel 1926 viene incaricata di allestire uno stand alla Fiera di Francoforte e rende dei telai meccanici protagonisti dell’esposizione, facendoli funzionare di fronte al pubblico.

Diventa membro del DWB, associazione fondata dall’architetto Muthesius nel 1907. Seguendo lo slogan “dai cuscini per il divano fino alla progettazione di una città”, il DWB vuole fondere artigianato e produzione industriale.

Nel 1920 Lilly entra, unica donna, nel Consiglio di Amministrazione del DWB, con il ruolo di responsabile dell’allestimento di grandi esposizioni. Ha il potere di decidere che cosa esporre e come: sa esattamente quello che vuole. Questo incarico dimostra quanto sia preparata e geniale, perché nessuna donna l’ha sinora ottenuto. Ha una ferrea volontà e grande carattere.

Tra il 1921 e il 1922 cura due mostre di arte applicata tedesca negli Stati Uniti. Ottiene tanto successo da essere designata capo dell’organizzazione e delle fiere del DWB.

Trasferitasi a Francoforte, conosce Mies van der Rohe, architetto affermato, cui si lega sia sentimentalmente che dal punto di vista lavorativo. Hanno studi separati e ognuno firma le proprie creazioni, ma spesso invenzioni di Lilly vengono attribuite al suo compagno.

Nel 1925 elaborano insieme lo stand della AEG alla Fiera di Stoccarda e Lilly mette in scena elettrodomestici e caldaie come fossero sculture.

Molteplici le partecipazioni ad eventi internazionali, con la progettazione di interni di appartamenti in cui vuole dimostrare come la configurazione di un ambiente possa essere definita dal materiale impiegato e dagli oggetti d’arredo, anche senza pareti divisorie. Sperimenta nuove tecnologie e nuovi materiali, quali il tubolare d’acciaio. Le sue strutture in tubolare sono diventate un classico del design.

Nel 1931 ridisegna un appartamento di New York, con interventi originali e innovativi.

Nel 1929 Lilly e il compagno sono direttori artistici della sezione tedesca dell’Esposizione Universale di Barcellona e progettano il Padiglione destinato ai reali spagnoli, capolavoro dell’architettura e del design moderni.

Altro lavoro imponente è la ristrutturazione di Villa Tugendhat di Brno, nella Repubblica Ceca, diventata patrimonio dell’UNESCO.

Nel 1930 Lilly viene chiamata a insegnare alla Bauhaus, ottenendo la cattedra nel laboratorio di tessitura.

Uno dei campi in cui Lilly eccelle è la creazione di vestiti e tessuti. In un articolo pubblicato sulla rivista di moda “Die Form” scrive che «i vestiti sono oggetti d’uso e non opere d’arte, devono formare un tutto unitario con la donna che li indossa, esprimendone lo spirito e contribuendo all’arricchimento della sua anima e del modo di sentire la vita». Una concezione dell’abito priva di ornamenti inutili, essenziale, che segue la filosofia del ‘Less is more’ principio cardine di tutta la sua attività.

Nel 1926 organizza e cura l’allestimento della mostra Van der Faser zum Gewebe (dalla fibra al tessuto) a Francoforte, in cui ripercorre tutte le tappe attraverso cui dal materiale grezzo si arriva alla creazione del tessuto.

Lo stile di Lilly è austero, essenziale ed elegante, tendente alla semplificazione, con grande attenzione per l’equilibrio e l’armonizzazione delle parti.

Nel 1938 si separa dal compagno, che va a vivere negli Stati Uniti.

L’avvento del Nazismo le crea molte difficoltà. L’archivio personale viene quasi completamente distrutto durante i bombardamenti di Berlino del 1945.

Muore nel 1947 a Berlino e solo nel 1996 le viene dedicata una mostra al MoMA di New York. In Germania bisogna aspettare il 2016 perché le venisse dedicata un’esposizione.

Arte al femminile (497)

Ci sono forme artistiche legate a particolari materiali. La tessitura è spesso un’espressione artistica e lo è stata in particolare durante il periodo del Bauhaus in Germania negli anni ’20 e ’30.

Gunta Stölzl nasce a Monaco di Baviera nel 1897.

Frequenta il liceo e nel 1914 s’iscrive alla Scuola di Arti Applicate, dove studia pittura su vetro, arti decorative e ceramica.

Lo scoppio della prima guerra mondiale interrompe il suo percorso artistico: si offre come infermiera volontaria per la Croce Rossa dietro le linee del fronte, sino alla fine della guerra nel 1918.

Tornata a casa riprende gli studi, ma viene attratta da un manifesto della Bauhaus di Weimar e decide di far domanda di iscrizione per questa nuova scuola. La Bauhaus (=costruire casa) è una scuola tedesca, operativa dal 1919 al 1933, che combina artigianato e belle arti. Diventa famosa per il suo approccio al design, che tenta di unificare le esigenze della produzione di massa con visioni artistiche individuali, combinando estetica e funzionalità.

Gunta trascorre l’estate del 1919 nel laboratorio del vetro e nelle classi di pittura murale della Bauhaus, per ottenere l’accettazione al corso preliminare. Non solo viene accettata, ma ottiene anche una borsa di studio.

In base ai pregiudizi del tempo, viene indirizzata al laboratorio di tessitura, il cui capo considera le arti tessili come “lavoro da donna”. Gunta invece intravvede nuove possibilità in questo settore ed è interessata a nuovi processi tecnici.

Nel 1921 è con due amiche in Italia, per vedere l’arte e l’architettura studiata sui testi scolastici, in modo da avere ulteriore ispirazione.

Superato l’esame come artigiana della tessitura, segue corsi di tintura tessile in una scuola a Krefeld e mette a disposizione le sue nuove conoscenze agli allievi del suo corso alla Bauhaus.

Nel 1923 suoi lavori sono esposti nella prima mostra ufficiale del Bauhaus, ottenendo giudizi positivi dalla critica.

Nel 1925 la Weimar Bauhaus chiude e riapre a Dessau l’anno seguente.

Gunta, che nel frattempo ha collaborato alla realizzazione di una scuola di tessitura vicino a Zurigo, in Svizzera, torna a Dessau, dove ottiene la direzione tecnica del laboratorio di tessitura. Quando la scuola viene dotata di telai Jacquard, per intensificare la produzione, gli studenti si ribellano e Gunta viene nominata sia maestro di forma che maestro artigiano dello studio di tessitura, in quanto svincolata dagli interessi economici della scuola.

Cerca di indirizzare la tessitura nell’ambito del design, in un approccio progettuale che enfatizza la semplicità e la funzionalità. Gunta riesce a tradurre complesse ideazioni formali in pezzi tessuti a mano.

In seguito alle pressioni dei nazisti, non conformandosi alle loro idee, Gunta deve lasciare la scuola nel 1931, nonostante il sostegno dei suoi studenti. Si stabilisce a Zurigo, dove apre un’impresa privata di tessitura.

Dal 1937 si dedica interamente alla tessitura di arazzi. In quell’anno il Victoria and Albert Museum acquista i suoi disegni e campioni, creando un’importante collezione.

Gunta muore nel 1967 a Zurigo.

Arte al femminile (475)

La Germania dal 1918 al 1920 attraversa un periodo molto difficile, con proteste, rivolte, fuga del re, nascita della repubblica, decimazione di alcuni movimenti con uccisione dei capi, crisi economica.

Come in tutti i momenti difficili, l’arte trova una propria vitalità, quasi a reagire al totale disfacimento di ideali e positività. 

In una Berlino martoriata dalla guerra, germoglia il movimento Dadaista, che coinvolge non solo le arti visive, ma anche la letteratura, il teatro, la grafica, rifiutando i modelli artistici ufficiali, cercando nuove strade espressive e ponendosi decisamente contro ogni conflitto. Si sviluppano la tecnica del fotomontaggio e del collage.

Hannah Höch nasce a Gotha in Germania nel 1889.

Cresciuta in una famiglia della media borghesia, nel 1912 si iscrive alla Scuola di arti Applicate di Charlottenburg, evidenziando ottime competenze che mette in pratica nella tecnica del fotomontaggio, unendo immagini e pezzi di testo con nuovi significati.

Nel 1916 inizia a lavorare per la casa editrice Ullstein realizzando vignette e illustrazioni.

Entrata a far parte del movimento dadaista di Berlino, conosce Haussman, uno dei fondatori, e con lui inizia una tormentata storia d’amore che dura 7 anni.

Haussman è sposato e non ha alcuna intenzione di lasciare la moglie, mentre Hannah vorrebbe un rapporto solido e un figlio: i due si scontrano in modo tempestoso e violento. Haussman accusa Hannah di inclinazioni borghesi, in contrasto con il suo spirito indipendente e le sue opinioni sull’arte. Hannah accusa Haussman di egoismo e ipocrisia. Scrive un racconto sarcastico, “The painter”, in cui dipinge ironicamente la figura del suo compagno.

Hannah mette in ridicolo i politici del governo Weimar, i nascenti movimenti fascisti e nazisti, il maschilismo di molti esponenti del dadaismo, per cui viene guardata con spirito critico dai suoi stessi compagni. Mette fortemente in discussione l’idea di bellezza femminile, facendo emergere temi legati al ruolo della donna nella società.

Nel 1920 prende parte alla prima Fiera Internazionale Dada e da quell’anno collabora alle mostre annuali del movimento, unica donna inclusa nel gruppo Dada.

All’avvento del nazismo si rifiuta di emigrare e continua il suo lavoro. Finita la relazione con Raoul, viaggia e va in Russia, in Francia e in Italia. Arriva a Roma a piedi da Zurigo, dove frequenta il gruppo dadaista ivi presente.

Nel 1926 conosce la scrittrice olandese Til Brugman, di cui si innamora e con cui inizia un rapporto che dura a lungo.

Accusata dai nazisti di produrre arte degenerata, si ritira alla periferia di Berlino, in una casetta con orto e giardino, appassionandosi alle scienze biologiche e all’arte del paesaggio. Mantiene un basso profilo, esponendo principalmente all’estero. Perfeziona la tecnica del fotomontaggio e realizza l’archivio dell’opera dei dadaisti, che rende possibile la riscoperta del gruppo dopo la seconda guerra mondiale. Anche se conosciuta prevalentemente per i suoi fotomontaggi, Hannah realizza opere stilisticamente diverse, come nature morte e quadri surreali.

Il lavoro di Hannah ottiene interesse critico solo dopo la grande mostra tenutasi all’Accademia di Belle Arti di Berlino del 1971.

Nel 1976 vi è un’altra interessante retrospettiva anche a Parigi.

Hannah muore a Berlino nel 1978.

Ha guardato la società del suo tempo con attenzione e spirito critico, il suo lavoro oltre che innovativo contiene forti analisi politiche. Molti suoi fotomontaggi si basano sul dualismo pubblico/privato, maschile/femminile, politico/personale, in base allo slogan the personal is political.