Arte al femminile (98)

Il Settecento in Piemonte è caratterizzato dal consolidamento della Dinastia sabauda e dall’assestamento di quel regno, che darà poi avvio all’unificazione italiana. Le opere d’arte testimoniano l’ascesa della classe dominante e testimoniano che il Piemonte si sta trasformando, incrementando il proprio potere. L’attenzione degli artisti è rivolta alle scuole d’arte più importanti, italiane ed europee, a volte a scapito dei pittori locali, i quali sono obbligati dalla committenza a soddisfare i gusti, le mode e a volte i capricci del momento. Lungo il corso di tutto il Settecento avvengono profondi mutamenti nel campo dell’arte: si passa da un Barocco ancora cupo e tenebroso a forme più lievi e serene, fino a sfociare nella fantasia del Rococò, mentre si sta preparando l’evoluzione del neoclassicismo. Nel Settecento avvengono grandi trasformazioni urbanistiche che cambiano i volti delle città. La Chiesa continua a essere un importante committente d’opere sacre da esporre nei luoghi di culto (le immagini pittoriche sono sempre la Bibbia dei poveri e degli analfabeti, valido strumento d’educazione religiosa): il gusto è quello aulico e retorico della Controriforma. Le opere devono avere il beneplacito dalle autorità ecclesiastiche per non cadere in errori teologici, il che crea ovviamente dei condizionamenti.

chiesaAngela Maria Pittetti, detta anche Palanca, è una delle più interessanti personalità della pittura di genere piemontese della prima metà del Settecento.

Nasce a Palancato, piccola località sopra Varallo Sesia, nel 1690 in una famiglia dedita all’arte. I Pittetti, detti comunemente Palanca dalla località d’origine, possiedono già all’inizio del Settecento una bottega a Torino, nella quale fabbricano e vendono flauti, oggetti d’avorio, tartaruga ed ebano.

Angela Maria si sposa a Torino, in Duomo, il 6 settembre del 1711 con Giovanni Felice Zenone di Borgosesia, ma il matrimonio è destinato a non durare a lungo. Nel 1716 Angela Maria, con una decisione per quei tempi assai coraggiosa, lascia il marito che la maltratta e torna a vivere a Torino. La giovane al momento del matrimonio esercitava già l’arte della pittura poiché nella sua dote sono registrati ben 165 fra quadri, schizzi e bozzetti. L’atto dotale è sottoscritto dal grande pittore torinese Pietro Domenico Olivero (1679-1755), che è il maestro di Angela Maria. La pittrice continua a lavorare in modo indipendente sino alla morte nel 1763.

Numerosi documenti ricordano la presenza della pittrice a Torino, dove la sua arte incontra evidentemente il gusto del collezionismo locale: sono note oltre un centinaio di tele, tavole e disegni a lei attribuibili con certezza.

La pittura di Angela Maria Pittetti è sempre facilmente riconoscibile per la sua precisa cifra stilistica. L’artista dipinge essenzialmente deliziose scene di genere alla francese, in una versione italiana più ironica e meno raffinata. Dame e cavalieri agghindati sono collocati nei suoi quadri in ambienti felici, ove i giorni trascorrono fra svaghi e divertimenti di ogni sorta: balli, banchetti, corteggiamenti, cacce. Le dame, in particolare, elegantissime e aristocratiche, seguono la moda con lunghe vesti alla “andrienne”, trascinate con noncuranza, o con deliziose acconciature di piume.

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