Arte al femminile (560)

Conoscere realtà diverse dalla nostra, aiuta a capire la complessità del mondo contemporaneo.

Shirin Neshat è una regista, fotografa e artista iraniana, che ha cercato di analizzare che cosa significhi essere donna nelle società islamiche contemporanee.

Cerca di uscire dalle visioni stereotipate e polemiche, evidenziando la complessità della condizione femminile nel mondo musulmano, più variegato di quello che sembra.

Nasce a Qazvin in Iran nel 1957.

Nel 1974 si reca negli Stati Uniti per ragioni di studio. All’avvento della rivoluzione islamica in Iran, con l’avvento al potere dell’ayatollah Khomeini, rimane in esilio in America, proseguendo gli studi artistici all’Università di Berkeley (1979-1981).

Nel 1990 torna in Iran e rimane sconvolta dai cambiamenti causati dalla rivoluzione del 1978-1979, con i conseguenti obblighi restrittivi verso le donne.

Tra il 1993 e il 1997 elabora una serie di fotografie, che testimoniano il profondo cambiamento che ha interessato l’Iran in seguito all’avvento di un regime teocratico. Dal momento che il corpo femminile deve scomparire, Shirin lo rappresenta nelle sue fotografie, evidenziando i dettagli: mani, piedi, volti esprimono forza ed energia. Usa poi il farsi, il persiano, sua lingua originaria, per decorare la pelle delle donne delle sue foto, con parole di scrittrici iraniane, che combattono per la propria affermazione, narrando di femminilità, identità, esilio e martirio. Ritrae anche donne guerriere, pronte a combattere per difendere la propria identità e libertà.

Shirin sperimenta anche il video, ottenendo il Leone d’oro alla Biennale d’Arte di Venezia, per le video installazioni Turbulent e Rapture , in cui si concentra sulle differenze che emergono tra uomini e donne a livello culturale.

Nel 2009 presenta il lungometraggio Donne senza uomini, vincendo il Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia. Ispirato al romanzo della scrittrice iraniana Shahrnush Parsipur, racconta le vicende di quattro donne durante il colpo di stato degli anni ’50.

Nel film Sulle tracce di Oum Kulthum parla della vita e dell’arte della famosa cantante egiziana Oum Kulthum, vera diva del mondo mediorientale, osannata da milioni di persone.

Molteplici e interessanti altre produzioni grafiche e video, spesso in bianco e nero, con sottofondi musicali particolarmente suggestivi.

Ultima sua fatica è Land of dreams, in cui cerca di capire la realtà americana, in cui si trova come emigrata.

La sua duplice appartenenza al mondo occidentale e a quello orientale le fa scegliere una figurazione molto poetica, esplorando problematiche che hanno valore universale.

Il 5 settembre 2023 riceve a Venezia il premio Le vie dell’immagine, assegnato da NABA Nuova Accademia di Belle Arti e dalla rivista Cinematografo.

Shirin ha la grande capacità di tradurre il proprio vissuto, le vicende personali in qualcosa che va oltre l’autoreferenzialità. La sua è una prospettiva che non intende dare giudizi, ma ridiscutere le nostre certezza ideologiche e lasciare aperte altre interpretazioni.

Così come l’Iran viene messo a nudo nelle sue opere, anche il mondo occidentale viene analizzato nelle sue contraddizioni.

 “Mi interessa davvero questa forza della donna, che sembra innata, a differenza degli uomini. Mi interessa l’essere donna perché accetto e amo la fragilità come amo anche essere molto forte. Gli uomini devono sempre essere forti.”(Shirin Neshat)