Donne particolari

Anche nel passato ci sono state donne che hanno avuto il ruolo di “influencer”: in tempi non tanto lontani spicca la figura di Irene Brin.

Nata Maria Vittoria Rossi assumerà il nome di Irene Brin su consiglio dell’editore Longanesi, quando la chiamerà per scrivere sulla rivista Omnibus. Questa donna straordinaria cambia nome parecchie volte, adeguandosi alle situazioni e alle richieste del momento: Marlene, Oriane, Geraldina Tron, Adelina, Madame d’O, Ortensia, contessa Clara solo per citarne alcuni.

Giornalista, scrittrice, viaggiatrice, mercante d’arte, è donna di grande cultura e intelligenza.

Nasce a Roma nel 1919: il padre, originario di Sasso di Bordighera (Liguria) è generale di corpo d’armata, nonché scrittore di trattati militari, la madre è nata e cresciuta a Vienna, di origine ebraica, parla cinque lingue, si interessa di arte e letteratura. Maria ha una sorella, Franca, cui è molto legata.

Nel 1934, con lo pseudonimo di Mariù, inizia a scrivere per il quotidiano il Lavoro di Genova. In seguito si firmerà come Oriane de Guermantes, ispirandosi a un personaggio di Marcel Proust, scrittore da lei molto amato.

Nel 1937 viene assunta da Longanesi per la rubrica di costume del settimanale Omnibus, assumendo il nome Irene Brin, che userà sempre ufficialmente.

In occasione di un ballo all’Hotel Excelsior di Roma conosce il giovane ufficiale Gaspero del Corso, di cui si innamora e che sposa dopo pochi incontri.

La coppia viaggia parecchio, ma Irene continua a scrivere le sue cronache mondane per Omnibus.

Nel maggio del 1941 raggiunge il marito, colonnello dell’esercito italiano, impegnato nella campagna dei Balcani, in Jugoslavia, poco dopo i bombardamenti su Zagabria e Belgrado. Parte sola, sfidando i pregiudizi dell’epoca. Da questa esperienza deriva la raccolta di racconti Olga a Belgrado.

Nel 1943 i due coniugi tornano a Roma, ma il marito, coinvolto in azioni contro i nazisti occupanti, si nasconde in casa con una quarantina di soldati. Irene deve mantenere tutti con il lavoro di traduttrice e vende i regali di nozze, che comprendono tra l’altro 3 disegni di Picasso, uno di Matisse, qualche lavoro di de Pisis, un Morandi.

Trova sistemazione come commessa in una libreria d’arte, aiutata dal marito, che opera sotto falso nome, procurandole libri, disegni e clienti.

I due si rendono conto di essere bravi mercanti d’arte tanto che, finita la guerra, affittano un locale a Roma e nasce la Galleria l’Obelisco, che in poco tempo diventa un importante punto d’incontro di cultura e arte.

Nel frattempo, con lo pseudonimo di Contessa Clara, fingendo di essere un’anziana aristocratica, esule dall’Europa dell’est, scrive sulla Settimana Incom illustrata, dispensando alle lettrici consigli di etichetta, portamento, vita sociale e moda in uno stile ironico e brillante.

Un pomeriggio del 1950 passeggia in Park Avenue a New York, indossando un tailleur dello stilista  Fabiani con un cappello di Fath, quando viene fermata da una signora che le chiede del vestito“Dove l’ha preso? Di chi è?” con vera indiscrezione americana. Conosce così Diana Vreeland direttrice di Harper’s Bazaar.

Carmel Snow, editor in chief della stessa rivista, la vuole nel suo cast di eccezionali corrispondenti. Così inizia una fitta collaborazione tra Italia e America. Irene promuove e incoraggia la creatività e il talento dei sarti italiani che iniziano a viaggiare, partecipando alle sfilate americane e vendendo i loro modelli ai buyers dei grandi magazzini americani con enormi guadagni: Bergdorf Goodman, Altman’s, Hanna Troy e Martin Cole di New York, I. Magnin della California, Henry Morgan del Canada.

Irene diventa così la prima fashion editor italiana, la prima giornalista a battersi per l’affermazione del Made in Italy, per uno stile italiano, diverso da quello francese, che possa essere riconosciuto dal mondo. La prima ad essere coinvolta in quel sistema moda imposto dai colossi editoriali americani, e più tardi, a testimoniare la strenua guerra del consumismo americano contro le semplici realtà autoctone italiane.

Irene collabora con il marchese Giambattista Giorgini e Mario Luciani, partecipando all’organizzazione delle sfilate che si tengono a Palazzo Pitti e a Palazzo Venezia. Inviata della rivista d’alta moda italiana Bellezza, parte con fotografi, abiti e modelle, per realizzare set fotografici da pubblicare sulla rivista. Alle sfilate siede sul lato della passerella a fianco di eminenti personalità del mondo della moda di allora.

Elegante, diventa esempio di stile: non usa mai scarpe chiuse, neppure in inverno, ma sandali dai tacchi altissimi che lasciano scoperti i talloni e le dita dei piedi.

Terribilmente miope, legge almeno un libro al giorno: legge anche sul taxi o nella vasca da bagno, o sul suo letto con al collo tre o quattro giri di perle. Scrive sdraiata, nel suo raffinato e comodo ufficio, perché è un’abitudine presa, quando, corrispondente di guerra, stava in posti stretti senza mobili.

La sua è un’attività frenetica, sempre in viaggio, con soste a Roma, dove ospita nella sua galleria artisti famosi o emergenti.

Scrive di costume e di moda, argomenti che fino agli anni Cinquanta vengono considerati frivoli e superficiali, creando un nuovo genere giornalistico.

Nella sua galleria sono lanciati pittori come Music, Burri, Afro, Mirko e Vespignani. La galleria diventa luogo di incontri per Luchino Visconti, Massimo Girotti, Renato Guttuso e tanti altri.

Irene è promotrice dell’arte italiana del dopoguerra.

Il 2 giugno 1955 le viene conferita l’onorificenza di Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana, come riconoscimento dell’intensa attività svolta quale giornalista in Italia e all’estero, per l’affermazione e lo sviluppo della moda italiana nel mondo.

Nel 1968 scrive un racconto autobiografico rimasto inedito 1952, L’Italia che esplode che avrebbe dovuto essere inserito nella collana 365…un anno nella vita di… a cura della scrittrice Milena Milani.

Muore di tumore nella casa di famiglia di Sasso di Bordighera nel 1969.

Dal 1969, l’Accademia di Costume e di Moda di Roma ha istituito il Premio Irene Brin in ricordo della grande giornalista di moda, appassionata sostenitrice dell’accademia, e supporto dei nuovi talenti.