Arte al femminile (520)

Ricordando Lenore Tawney (v.n.515) si era evidenziata l’originalità nell’uso dei fili, creando sculture aeree, collage, lavori artistici con più materiali, ma anche in Italia abbiamo un’incomparabile artista, che ha fatto della tessitura un’arte e dell’uso di materiali poveri un modo per abbellire case e luoghi.

MARIA LAI nasce nel paese di Ulassai, in Sardegna (Ogliastra), nel 1919. È la seconda dei cinque figli di Giuseppe e Sofia Mereu. La sua è una delle poche famiglie benestanti della zona.

Essendo gracile e di salute cagionevole, trascorre i mesi invernali dagli zii contadini a Gairo, dal clima più asciutto. Non frequenta regolarmente le scuole elementari e vive appartata, manifestando interesse per il disegno, che l’aiuta a evadere dal grigiore e dalla piattezza delle sue giornate. Usa tutti i materiali possibili per creare figure immaginarie: le prime sculture le fa con il pane, che aiuta a preparare con le donne di casa.

«La mia vita con gli zii fu un grande viaggio nella fantasia, nella vastità della grande casa, della campagna, dei giochi. Ero analfabeta ma piena di favole. Ciò che ho fatto dopo, da adulta, è iniziato a quell’età».

Quando nel 1928 uno zio si suicida in carcere (accusato ingiustamente di omicidio), Maria torna a Ulassai: qui purtroppo muore anche la sorella Cornelia.

Nel 1932 s’iscrive al Regio Istituto Magistrale “Eleonora d’Arborea” di Cagliari, per passare poi nel 1939 al Liceo Artistico “Ripetta” di Roma.

Completati gli studi, non può tornare in Sardegna, a causa della guerra e si sposta a Venezia, per frequentare l’Accademia di Belle Arti, seguendo il corso di scultura.

Nel 1945, dopo una breve tappa a Verona, torna in Sardegna, dopo un viaggio rocambolesco fra treni, navi da guerra e scialuppe di salvataggio.

A Cagliari insegna disegno nelle scuole elementari fino al 1949.

Nel 1954 illustra la copertina del romanzo Miele amaro e fa una mostra a Sassari.

Nel 1955 organizza una propria mostra personale a Bari e partecipa alla Quadriennale di Roma, con Lucio Fontana e Alberto Burri.

Nel 1955 suo fratello minore muore in seguito a un rapimento e per lei la Sardegna non è più un luogo sicuro, per cui si trasferisce a Roma.

Qui nel 1957 espone presso la Galleria “L’Obelisco” (di proprietà della giornalista e mercante d’arte Irene Brin) i disegni realizzati dal 1941 al 1954.

L’attenzione critica ricevuta in questa occasione non soddisfa le sue aspettative, per cui inizia un periodo di riflessione, accostandosi al mondo dei poeti e degli scrittori, fra i quali Giuseppe Dessì, suo dirimpettaio di casa a Roma, con cui si lega di profonda amicizia.

Apre un piccolo studio e si appassiona alla cosiddetta “arte povera”, ricollegandosi ai miti e alle leggende della sua terra, accostandosi all’arte del telaio e agli oggetti del passato arcaico sardo.

Visitando il Canada entra in contatto con l’”Arte primitiva”, cui s’ispira per le sue maschere in ceramica.

Nel 1971 muore in un incidente aereo il fratello Gianni, unico superstite della famiglia, e nello stesso anno Maria espone i primi lavori sui telai.

Nel 1976 inizia la collaborazione con la direttrice della galleria d’arte “Duchamp” di Cagliari, Angela Grilletti, che cura le sue esposizioni.

Nel 1977 può partecipare alla Biennale di Venezia.

Gli anni ’80 sono caratterizzati da opere con più materiali e dai Libri cuciti.

Nel 1981 organizza un evento a Ulassai, “Legarsi alla montagna”, della durata di 3 giorni, facendo collegare le persone e tutti gli edifici del paese da un nastro azzurro. La rappresentazione, che coinvolge tutti gli abitanti del paese, si ricollega a un fatto realmente accaduto decenni prima, quando tre bambine morirono per il crollo della loro casa, travolta da una frana, mentre un’altra riuscì a salvarsi inseguendo un nastro azzurro che aveva in mano e che era volato via. 

Gli anni ’90 si caratterizzano per molteplici opere su telai, su strutture private e pubbliche.

Gli ultimi anni li trascorre lavorando nella casa di campagna vicino al paese di Cardedu.

Nel 2006 inaugura a Ulassai il Museo “Stazione dell’arte”, dove sono raccolti 140 pezzi delle sue opere.

Muore nel 2013 a 93 anni.

Suoi lavori si trovano al Palazzo Grassi di Venezia, a Palazzo Mirto e a Villa Borghese a Roma.

Donna indipendente, curiosa, usa gli oggetti per entrare in relazione con l’altro. Per lei l’opera rinasce dentro chi la guarda.