Arte al femminile (510)

Il design affascina molte artiste del Novecento, in collegamento con le novità di materiali e tecniche.

Margarete Lihotzky nasce a Vienna nel 1897.

La sua è una famiglia benestante e progressista, che incentiva i suoi interessi. Nel 1915 si iscrive alla Scuola Imperiale di Arti e Mestieri, con l’intenzione iniziale di diventare illustratrice. Diventa la prima studentessa di questo istituto grazie a una lettera di presentazione di Gustav Klimt. In seguito passa alla progettazione di mobili, per approdare poi all’architettura, il che è inusuale per una donna del tempo.

Si interessa a strutture che possano razionalizzare il lavoro domestico, tanto da vincere nel 1917 un concorso per la progettazione di una cucina abitabile. Fin dagli esordi, consapevole del grave disagio anche abitativo delle classi lavoratrici, acuito dalla crisi economica e politica del paese alla fine della prima guerra mondiale, manifesta il desiderio di occuparsi solo di edilizia sociale.

Dopo aver fatto pratica in uno studio di architetto, si diploma nel 1919.

Apre un proprio studio e inizia a progettare arredi e complessi urbani, in particolare collabora alla progettazione di residenze per invalidi e veterani della prima guerra mondiale.

Negli anni 1921-1924 collabora invece all’ideazione di asili infantili, di prototipi di cucine, case per famiglie con bambini e abitazioni popolari.

Nel 1923-1924 perde entrambi i genitori, uccisi dalla tubercolosi. Si ammala anche lei e viene ricoverata nel Sanatorio di Grimmenstein.

Nel 1926, dopo aver esposto alla Fiera di Vienna un suo progetto di Sanatorio, ottiene un incarico presso l’assessorato all’urbanistica del Comune di Francoforte sul Meno, dove continua a occuparsi soprattutto di cucine funzionali, archetipi delle moderne cucine componibili, asili nido, case degli studenti e altre strutture comunitarie. Per gli asili nido si rifà alle idee di Maria Montessori. Applicando i criteri di ottimizzazione del lavoro in fabbrica (taylorismo), analizza l’attività delle casalinghe all’interno delle grandi cucine tradizionali, rilevandone le disfunzioni e quindi lo spreco di tempo e di energie.
Progetta dall’interno verso l’esterno, e tenta di dare risposta alle esigenze pregresse e alle nuove aspettative delle donne che sempre più numerose si affacciano al mondo del lavoro extradomestico.

Nel 1927 sposa il collega Wilhelm Schütte.

Continua a lavorare a progetti finalizzati al miglioramento della condizione femminile: asili, scuole materne, circoli ricreativi, lavanderie centralizzate… Realizza due case unifamiliari nella Werkbundsiedlung di Vienna (1930-32). Progetta una cucina concepita come un laboratorio della casalinga, utilizzando poco spazio con il massimo del comfort e delle attrezzature. Il Consiglio comunale di Francoforte ne fa realizzare 10.000.

Sostenitrice del Comunismo, viaggia e lavora in URSS (1930-37), Giappone e Cina (1934).

Nel 1937 il clima politico sfavorevole la costringe a stabilirsi prima a Parigi, poi a Londra e in seguito a Instanbul, dove aderisce al gruppo antifascista austriaco. Alla vigilia della seconda guerra mondiale Instanbul è un paradiso per gli europei in esilio.

Nel 1940 rientrata a Vienna per incarico della resistenza austriaca, viene arrestata dalla Gestapo, processata e inizialmente condannata a morte, pena tramutata in 15 anni di carcere.

Nel 1945 viene liberata dalle truppe americane, ma deve tornare in sanatorio, per la ripresa della tubercolosi, riacutizzatasi durante il periodo di prigionia.

Nel 1946 è in Bulgaria, dove è incaricata di occuparsi di arredi e strutture per l’infanzia da creare a Sofia.

Qui viene raggiunta dal marito, rimasto in Turchia durante la guerra.

Nel 1947 i coniugi sono di nuovo a Vienna.

Siamo in periodo di ricostruzione post-bellica e Margarete dà il suo contributo progettuale.

Viene eletta Presidentessa dell’Unione Donne Democratiche Austriache.

Realizza edifici per la Kärntner Volksverlages (Casa Editrice Popolare della Carinzia,1948-50), tre monumenti alla Resistenza (1948-53) e a Vienna un edificio residenziale comunale in Barthgasse (1949) e un asilo in Kapaunplatz (1950).

Nel 1951 si separa dal marito.

La sua attività è continua.

Viaggia per studio e lavoro in Cina (1956), URSS (1958), Cuba (1961 e 1963).

Realizza la propria abitazione a Vienna, dove si trasferisce dopo l’ennesimo ricovero in sanatorio.

Molti i riconoscimenti ufficiali. Si susseguono anche le mostre, tra cui una al Politecnico di Milano nel 1996, a cui partecipa lei stessa, quasi centenaria.

Nel 1998 è a Milano per la presentazione all’Istituto Austriaco di Cultura della traduzione italiana della sua autobiografia.

Muore cinque giorni prima di compiere 103 anni nel 2000.