Due vite di Emanuele Trevi, ed. Neri Pozza
Questo libro è innanzitutto il racconto di due vite singolari, come lo sono un po’ tutte le vite, ma c’è anche un terzo personaggio, che è l’autore stesso, presente sia in molte delle situazioni descritte sia nelle riflessioni che ogni tanto appaiono nel testo.
I personaggi principali sono uniti da una fine triste e insensata: Rocco Carbone è deceduto nel 2008 a quarantasei anni a causa di un incidente in motorino, dinanzi alla statua di Scanderbeg (di piazza Albania a Roma), l’eroe albanese molto celebrato nella sua natia Calabria; Pia Pera è morta nel 2016 a sessant’anni, falcidiata dalla Sla nel rigoglioso podere nei pressi di Lucca in cui si era ritirata.
Trevi ricorda i suoi amici credendo nella potenza evocatrice della scrittura. “La scrittura è un mezzo singolarmente buono per evocare i morti”, “Consiglio a chiunque abbia nostalgia di qualcuno di fare lo stesso: non pensarlo, ma scriverne”. La scrittura come strumento per vivere e far rivivere!
Dovendo però parlare di qualcuno, farne il personaggio di un libro, si richiedono alcune attenzioni. Dice ancora Trevi: “più ti avvicini a un individuo più assomiglia a un quadro impressionista, a un muro scorticato dal tempo e dalle intemperie: diventa insomma un coagulo di macchie insensate, di grumi, di tracce indecifrabili. Ti allontani viceversa e quello stesso individuo comincia ad assomigliare troppo agli altri….L’unica cosa importante in questo tipo di ritratti scritti è cercare la distanza giusta, che è lo stile dell’unicità.” Per questo non abbiamo dei ritratti lineari, delle sequenze temporali, ma si procede per flash, per momenti, alternati a pensieri, riflessioni in cui possiamo ritrovare un senso anche noi lettori.
«Scrivere di una persona reale e scrivere di un personaggio immaginato alla fine dei conti è la stessa cosa: bisogna ottenere il massimo nell’immaginazione di chi legge utilizzando il poco che il linguaggio ci offre. Far divampare un fuoco psicologico da qualche fraschetta umida raccattata qua e là. (…) Che differenza c’è tra la Pia Pera registrata all’anagrafe di Lucca il 12 marzo del 1956 e la Tat’jana di Puškin? Dal punto di vista del linguaggio, sono solo due pupazzetti fatti di scampoli lisi e fil di ferro, un ciuffetto di crine per i capelli, due bottoni spaiati per gli occhi.» (p. 83)
C’è tanta letteratura in questo libro!
Siamo nel campo della letteratura e la letteratura è una ricerca della verità pigra, che non tende all’universale, ma si concentra sul particolare, sulla singolarità. Lo ripete Trevi anche nel libro, esplicitamente: “la letteratura deriva la sua stessa ragion d’essere dal rifiuto di ogni generalizzazione: è sempre la storia di quella persona, murata nella sua unicità, artefice e prigioniera della sua singolarità”. La letteratura è ancorata al racconto di un caso, non può essere un criterio di conoscenza generale e definitivo. Il meccanismo della scrittura porta in alcuni casi a una vera dilatazione dei confini dell’io individuale: attraverso la scrittura noi creiamo altri dati memoriali rispetto a quelli di partenza, la scrittura crea il senso di ciò che ricordiamo, rende vivide le cose. “Tocchi quello che sapevi, ma non sapevi di sapere e questo ha a che fare con l’evocazione, il dialogo con le ombre.”
Scrivendo di Pia e di Rocco, i protagonisti di Due vite, l’autore dice di avere sentito realmente, concretamente la loro presenza. Trattandosi di due scrittori, si osserva un intreccio tra personalità e stile di scrittura. Lo scrivere è un po’ uno svelamento, c’è un collegamento tra personalità e scrittura. I tre amici hanno trascorso la loro vita tra letteratura ed esperienza condivisa.
Elementi che caratterizzano i due personaggi e il loro stile:
- Rocco= fobia dell’ornamento, idea sobria dello spazio e della presenza umana, mancanza di eloquenza. Muoversi verso l’essenza, il nitore, la coincidenza più stretta possibile del nome e della cosa. Uniformità come principio della scrittura, controllo razionale, mondo fatto di nomi comuni. I suoi personaggi non suscitano l’emozione capitale, ossia l’identificazione.
- Pia=intensa, dotata di un’anima prensile e sensibile, incline all’illusione, facile a risentirsi. In Pia congruenza di parole e cose…il terreno considerato come una pagina e la coltivazione come scrittura.
L’apparire dell’altro nel ricordo significa l’emergere di una parte nascosta o rimossa della coscienza. “Noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene. E quando anche l’ultima persona che ci ha conosciuto da vicino muore, ebbene, allora davvero noi ci dissolviamo, evaporiamo, e inizia la grande e interminabile festa del Nulla, dove gli aculei della mancanza non possono più pungere nessuno.”
Continuo è il passaggio dal particolare all’universale: “Da pochi mesi ho compiuto l’età esatta in cui Pia si è ammalata, cominciando a perdere progressivamente, inesorabilmente, giorno dopo giorno, l’uso del suo corpo. Gli anni di Rocco, invece, ormai li ho superati abbondantemente. I nostri amici sono anche questo, rappresentazioni delle epoche della vita che attraversiamo come navigando in un arcipelago dove arriviamo a doppiare promontori che ci sembravano lontanissimi, rimanendo sempre più soli, non riuscendo a intuire nulla dello scoglio dove toccherà a noi, una buona volta, andare a sbattere.”
Interessante la simbologia del quadro di Courbet, di cui si parla all’inizio e alla fine del romanzo: la vita all’inizio sembra nascondere qualche promettente segreto, ma rimane sino alla fine un mistero.
Parlando di scrittori si parla poi di vocazione di ognuno: un’autentica vocazione valorizza al massimo fatti o predisposizioni già presenti nella vita in modo embrionale o marginale… le vere rivoluzioni sono trasformazioni di ciò che già sappiamo, di ciò che abbiamo sempre avuto sotto gli occhi.
“Come è possibile che conteniamo in noi tante cose così disarmoniche e spaiate, manco fossimo vecchi cassetti dove le cose si accumulano alla rinfusa, senza un criterio?”
“Non siamo nati per diventare saggi, ma per resistere, scampare, rubare un po’ di piacere a un mondo che non è stato fatto per noi.” È la realistica conclusione
Questo libro l’ho dovuto leggere due volte per apprezzarlo veramente e cogliere quanto poteva risuonare in me come in ogni altro lettore. Vi ho trovato considerazioni sulla vita così incisive da essere spunti di riflessione e ripensamento soprattutto sul valore dello scrivere. Una bella esperienza!